Israele testa con successo in Alaska missili a lungo raggio

Come più volte sottolineato su queste pagine, stiamo assistendo da mesi ad un crescente potenziamento degli apparati militari in tutto il Medio Oriente, nel silenzio della stampa italiana, che in genere segnala solo quanto avviene dalla parte del “cattivo” di turno – l’Iran.

Ancora missili in Medio Oriente

Venerdì scorso si è avuta infatti notizia che l’Iran ha testato il missile balistico a medio raggio Shabab-3, lanciato dalla costa sudorientale dell’Iran, lungo il Golfo di Oman, in direzione nord, percorrendo 1000 chilometri fino al bersaglio.

Si tratta di un vettore sviluppato oltre venti anni fa ed entrato ufficialmente in servizio nel 2003: dunque un’arma di concezione non modernissima, in grado di portare testate di vario tipo, incluse quelle nucleari.

In Occidente si è dato un discreto rilievo alla notizia, che si inquadra nel clima di crescente tensione fra Iran, Stati Uniti e Gran Bretagna nel Golfo Persico, come segnalato spesso da clarissa.it.

Così come si è dato un certo rilievo anche alla notizia dello schieramento intorno alla capitale Ankara della prima postazione del sistema missilistico antiaereo S-400 a corto raggio di produzione russa, ritenuto più conveniente del sistema MIM-104 Patriot di difesa tattaca offerto dagli Usa: una notizia che ha ovviamente suscitato le ire statunitensi, essendo per di più la Turchia membro della Nato, ragione per cui il governo americano ha immediatamente bloccato la vendita al Paese anatolico dei caccia intercettori F-35 ad essa destinati.

Arrow-3 a lungo raggio per Israele

Giunge adesso una notizia che rappresenta un elemento di novità senza precedenti nell’escalation del confronto strategico-militare nel Vicino Oriente: per la prima volta nella storia di Israele, infatti, le forze armate ebraiche hanno potuto realizzare il triplo test del missile balistico a lungo raggio, l’Arrow-3, utilizzando la base di Pacific Spaceport Complex (PSCA), situata a Kodiak, in Alaska, vale a dire in territorio statunitense.

Altra novità di rilievo è la tipologia di questo missile. Il campo di battaglia missilistico nello spazio viene infatti diviso dagli esperti in un’area endo-atmosferica (vale a dire entro i 100 chilometri di altitudine) ed in una eso-atmosferica, al di sopra di quella quota. Arrow-3, nella versione testata in queste ore, è un vettore in grado di operare a livello eso-atmosferico, per intercettare e colpire missili balistici nemici.

Il test del sistema d’arma, assistito dal radar americano AN-TPY2, avrebbe ottenuto, secondo fonti di stampa israeliana, ottimi risultati. Arrow-3 è ritenuto del resto uno dei migliori intercettori al mondo, grazie alla sua manovrabilità, che lo mette in grado appunto di colpire bersagli anche al di sopra dell’atmosfera terrestre.

In Israele il nuovo sistema va a integrarsi perfettamente con le altre componenti della potente struttura difensiva anti-missile già operativa. Essa comprende Iron Dome, un sistema di missili intercettori contro razzi a corto raggio, operativo dal 2011; e David’ Sling, un sistema missilistico concepito per intercettare missili balistici di medio e lungo raggio, così come missili da crociera operanti in un raggio tra 40 e 300 chilometri, operativo dal 2017 e utilizzato per la prima volta nel luglio del 2018.

Un elemento del tutto nuovo in Medio Oriente

Entusiastiche sono state le dichiarazioni dei responsabili del test missilistico: Moshe Patel, direttore dell’agenzia israeliana che segue lo sviluppo della difesa missilistica (Israel Missile Defense Organization – IMDO), ha detto alla stampa:
«La sfida di questi dieci anni di sviluppo ha trovato ora il suo momento culminante: il sistema d’arma Arrow-3 ha completato il suo ciclo di test, nel quale un missile Arrow-3 ha intercettato con pieno successo il proprio bersaglio», aggiungendo che «il fatto che questi test siano stati condotti in Alaska, a diecine di migliaia di chilometri da Israele, è un altro significativo risultato, che dimostra le capacità operative del sistema Arrow-3 di affrontare qualsiasi tipo di minaccia».

Gli ha fatto eco il vice-ammiraglio statunitense John Hill, direttore della Missile Defense Agency (MDA) americana, con la quale il ministero della difesa israeliano ha in essere un contratto per 80 milioni di dollari, per lo più coperti da aiuti militari dello stesso governo Usa, che danno lavoro a un pool di importanti aziende del cosiddetto sistema militare-industriale, oramai completamente integrato, fra Usa e Israele.
«Il successo di questi test segna una tappa fondamentale nello sviluppo del sistema Arrow. Questo straordinario successo in Alaska rafforza le capacità future di Israele di annientare le minacce che vanno sviluppandosi nella regione. Noi siamo impegnati nell’assistere il governo di Israele ad accrescere la sua capacità missilistica di difendere lo Stato di Israele dalle minacce che si vanno profilando».

Netanyahu celebra la potenza israeliana

Questo nuovo test dimostra che Israele ha raggiunto un livello senza precedenti di capacità non solo difensiva, come spesso ci si limita a sottolineare, ma anche offensiva, e questo spiega le parole pronunciate lo scorso 19 giugno, da Bejamin Netanyahu:
«Sento i nostri vicini a nord, a sud e a est minacciarci di distruzione. Israele ha enormi capacità di distruzione, ed i nostri nemici non devono metterle alla prova. (…) Io dico ai nostri nemici: le forze armate israeliane hanno un potere di annientamento davvero grande, non mettetelo alla prova».

Dichiarazioni forse non così casuali, dato che il 17 giugno lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), autorevole organizzazione internazionale che si occupa di proliferazione degli armamenti, nel suo Yearbook 2019, prudenzialmente valutava tra 80 e 90 le testate nucleari in possesso dello Stato d’Israele.

Tutta questa potenza serve davvero ad assicurare una pace giusta e onorevole in Medio Oriente?

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