Guerra in Ucraina: qualche problema con la verità

Può sembrare prematuro e azzardato cercare la verità dei fatti mentre la storia stessa è in movimento, tanto più nel caso di una guerra, ma secondo noi qualsiasi momento è buono per dei tentativi di approfondimento: soprattutto quando, non fermandosi al superficiale racconto che i media occidentali ripetono da mesi, emergono dei punti significativi, sui quali regna un silenzio alquanto sospetto.

I grandi mezzi di comunicazione di massa sono indubbiamente condizionati dall’orientamento atlantico, per cui è oggettivamente difficile sottrarsi alle verità pre-confezionate che i giornalisti e gli analisti, in particolare quelli italiani, assai raramente osano mettere in discussione. Oseremo qui ed ora quello che loro non osano, prendendocene la relativa responsabilità.

Perché Putin attacca nel febbraio scorso?

Partiamo intanto dallo scoppio delle ostilità: l’attacco russo, l’invasione russa, l’aggressione russa, chiamatela come volete. I nostri media non hanno mai spiegato in modo soddisfacente perché Vladimir Putin abbia deciso proprio in quel momento (non prima e non dopo, quindi) di fare uso della forza militare, dopo che da settimane tutti preannunciavano un attacco che la Russia si ostinava a smentire, parlando di una massiccia esercitazione e non di preparativi di guerra.

In genere, un attacco che è stato annunciato per mesi non ha buone possibilità di riuscita, perché rinuncia ad un requisito fondamentale, da che mondo e mondo, di successo in guerra: la sorpresa.

A cosa Putin ha sacrificato questo vantaggio? È una domanda che ci siamo posti ripetutamente nella redazione di clarissa.it. In questo momento, in attesa quindi di ulteriori possibili “scoperte” crediamo che vi sia stato un elemento decisivo che ha reso inevitabile, sempre ovviamente dal punto di vista russo, di passare all’azione.

Il 26 gennaio 2022 la Nato definisce come “non realistiche” le proposte di accordo presentate in dicembre dalla Russia, affermando che rimane quindi comunque possibile l’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza: è una porta sbattuta in faccia alla Russia, se si volesse davvero arrivare ad una soluzione diplomatica. Gli Usa affermano intanto che un attacco russo all’Ucraina è in preparazione per la metà di febbraio al più tardi.

Il 28 gennaio Putin ribadisce che l’Occidente ha ignorato «le essenziali preoccupazioni russe» sull’espansione di una Nato che mantiene «armamenti offensivi presso i confini della Russia».

Il 2 febbraio, gli Usa inviano altri 3mila uomini in Europa, per rafforzare il dispositivo Nato nell’Europa orientale, mentre Russia e Bielorussia iniziano le preannunciate esercitazioni, della durata prevista di 10 giorni.

Il 15 febbraio, Mosca annuncia il rientro parziale delle proprie truppe dall’esercitazione, un segnale indubbiamente distensivo.

Il 17 febbraio inizia però un intenso bombardamento, quale non si vedeva da mesi, contro i territori filorussi delle repubbliche di Lugansk e di Donetsk: al punto che i dirigenti politici affermano di star evacuando la popolazione civile oltre il confine con la Russia. L’Ucraina nega invece la propria responsabilità nel bombardamento. Un’autobomba intanto esplode a Donetsk. La tensione è quindi arrivata alle stelle nell’area più critica fra Ucraina e Russia.

Il discorso di Zelensky a Monaco

Il 19 febbraio è a nostro avviso la giornata decisiva. Sono in corso vari tentativi diplomatici, da parte francese, per esempio, e persino italiana. La Nato ha appena reso noto, si osservi, che, in caso di attacco russo, non potrà intervenire, in applicazione dell’art. 5 del suo trattato costitutivo, in quanto l’Ucraina non è membro dell’alleanza.

In quel giorno si tiene in Europa la 58a Munich Security Conference (MSC), nell’omonima città tedesca, una sorta di summit della diplomazia occidentale, e la stampa diffonde la notizia secondo cui Zelensky potrebbe intervenirvi personalmente: il governo ucraino infatti ha appena affermato che due suoi soldati sono stati uccisi lungo la linea di frontiera con le due repubbliche filo-russe.

Il pomeriggio del giorno prima (venerdì 18 febbraio) Joe Biden ha dichiarato alla stampa che non sono affatto in corso provocazioni da parte dell’Ucraina contro il Donbass, sono i Russi invece che si preparano ad attaccare: ha ribadito il proprio sostegno in armamenti all’Ucraina, confermando tuttavia che né gli Usa né la Nato interverranno direttamente nel conflitto.

Alla specifica singolare domanda di un giornalista, Biden retoricamente si chiede se sia opportuno che Zelensky intervenga personalmente al MSC in un momento del genere – poi taglia corto dicendo che questa «è una sua decisione»1.

Il MSC è una fondazione nata come iniziativa privata nel 1963 che organizza annuali conferenze sui temi della sicurezza internazionale, ribattezzate dagli addetti ai lavori “riunioni familiari transatlantiche”, in quanto esse hanno da decenni accolto dibattiti principalmente focalizzati sulla politica occidentale, a partire dal confronto fra Est e Ovest durante la Guerra Fredda: dopo la fine del sistema sovietico, sono poi diventate una sorta di forum internazionale, mantenendo comunque uno spiccato carattere filo-atlantico.

Zelensky, nonostante l’altissima tensione al confine orientale con l’Ucraina ed i rischi di guerra, vola dunque a Monaco, dove, nel pomeriggio del 19 febbraio, tiene un lungo discorso. Nella sua parte centrale esso contiene un passaggio che è difficile non considerare esplosivo per il momento e per il consesso in cui viene pronunciato. Egli afferma infatti2:

«Dal 2014, l’Ucraina ha tentato tre volte di effettuare consultazioni con gli Stati garanti del Memorandum di Budapest. Tutte e tre le volte senza successo. Oggi l’Ucraina lo farà per la quarta volta. Io, come Presidente, lo farò per la prima volta. Ma sia l’Ucraina che io lo stiamo facendo per l’ultima volta. Sto avviando consultazioni nel quadro del Memorandum di Budapest. Il Ministro degli Affari Esteri è stato incaricato di richiederle. Se non avvengono, o se i loro risultati non garantiscono la sicurezza per il nostro paese, l’Ucraina avrà tutto il diritto di credere che il Memorandum di Budapest non funzioni e che tutte le decisioni del pacchetto del 1994 sono messe in forse».

Cosa conteneva il “pacchetto del 1994”? Il Memorandum di Budapest è l’accordo, sottoscritto appunto nel dicembre 1994, con il quale l’Ucraina rinunciava agli armamenti nucleari dell’ex-Urss fino ad allora rimasti sul proprio territorio, ed aderiva contestualmente ai trattati internazionali di non-proliferazione nucleare.

Affermare, dinnanzi ad una platea di competenti diplomatici occidentali, come quella dell’MSC, mentre si era appena riaccesa la miccia Donbass e mentre si dichiara imminente un attacco russo, che l’Ucraina è pronta a cancellare la propria rinuncia a dotarsi di armamenti nucleari, ha con ogni evidenza lo scopo, da parte ucraina, di esercitare una fortissima pressione sulla Nato e gli Occidentali. Vale a dire: se non mi difendete voi, mi difenderò da solo.

Ma al tempo stesso assume il valore di una minaccia gravissima rivolta direttamente alla Russia. Un’Ucraina pronta a dotarsi nuovamente di armi nucleari, e che potrebbe da un momento all’altro aderire alla Nato, è chiaramente un fatto inaccettabile per la Russia.

Basta fare un confronto con la situazione mediorientale, dove Israele si è più volte avvalso del proprio “diritto all’autodifesa”, colpendo ripetutamente, prima l’Iraq e poi l’Iran, ogni volta che si è profilata, a torto o ragione, la possibilità che un Paese mediorientale potesse acquisire armamenti nucleari…

Ci sarebbe accessoriamente da chiedersi se la così speciale domanda retorica di Biden sull’opportunità che Zelensky intervenisse di persona alla MSC fosse o meno legata ad una conoscenza preventiva di quanto il premier ucraino stava per dichiarare: questo punto ci condurrebbe molto lontano, visti i molteplici collegamenti, anche personali del presidente, oltreché del partito democratico Usa, con Zelensky.

Così come ci condurrebbe ancora più lontano ragionare sullo scopo ultimo del premier ucraino nel fare una così pesante e inequivocabile dichiarazione, il cui significato non può certo sfuggire agli esperti di relazioni internazionali convenuti a Monaco: anche se viene poi passata curiosamente sotto silenzio dai media occidentali, e viene tuttora trascurata nella ricostruzione degli avvenimenti.

La risposta russa nel discorso di Putin

Fatto sta che è da questo preciso momento che scatta in Russia la sequenza di atti politici che porta all’attacco contro l’Ucraina. Formalmente è la Duma, il parlamento russo, che chiede al presidente Putin di prendere i necessari provvedimenti a tutela della sicurezza del Paese: le cose si fanno in fretta, a quanto pare, al punto che è stato osservato che, quando Putin dichiara di riconoscere le repubbliche del Donbass, esse non si sono ancora nemmeno dotate di una propria bandiera. Anche questo potrebbe essere un dettaglio non trascurabile a conferma del fatto che questa classica maniera di giustificare un’azione militare, la richiesta di aiuto di un alleato, non è stata predisposta da tempo.

Il discorso con cui Putin illustra al mondo le motivazioni della sua “operazione speciale” fa del resto un esplicito e articolato riferimento proprio alla preoccupante intenzione del governo ucraino di ritenersi svincolato dagli impegni assunti nel 1994. Rileggiamo questo passaggio del discorso del presidente russo:

«Come sappiamo, è già stato affermato oggi che l’Ucraina intende creare le proprie armi nucleari, e questo non è solo vanteria. L’Ucraina possiede le tecnologie nucleari create in epoca sovietica e i vettori per tali armi, compresi gli aerei, così come i missili tattici Tochka-U, progettati dai sovietici, con una portata di oltre 100 chilometri. Ma possono fare di più: è solo questione di tempo. Hanno avuto a disposizione le basi per questo fin dall’era sovietica. In altre parole, l’acquisizione di armi nucleari tattiche sarà molto più facile per l’Ucraina che per altri stati che non menzionerò qui, che stanno conducendo tali ricerche, soprattutto se Kiev riceve supporto tecnologico dall’estero. Non possiamo escludere nemmeno questo. Se l’Ucraina acquisisce armi di distruzione di massa, la situazione nel mondo e in Europa cambierà drasticamente, soprattutto per noi, per la Russia. Non possiamo che reagire a questo pericolo reale, tanto più che, lasciatemelo ripetere, i patroni occidentali dell’Ucraina potrebbero aiutarla ad acquisire queste armi per creare l’ennesima minaccia contro il nostro paese».

Sembra quindi che il discorso di Zelensky davanti alla platea filo-atlantica di Monaco, abbia avuto, da parte della Russia di Putin, tutta l’attenzione che meritava, e che i media occidentali gli hanno invece incomprensibilmente negato.

Se poi esso sia stato il fattore ultimo e decisivo che ha portato la Russia ad attaccare l’Ucraina, lo valuteranno gli storici. Certamente quel discorso ha sepolto qualsiasi possibilità in quel momento di arrivare ad una soluzione diplomatica.

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Note
  1. https://www.whitehouse.gov/briefing-room/speeches-remarks/2022/02/18/remarks-by-president-biden-providing-an-update-on-russia-and-ukraine-2/
  2. https://kyivindependent.com/national/zelenskys-full-speech-at-munich-security-conference/