La guerra in Ucraina nelle parole di Putin

Riteniamo importante, in merito a quanto accade in Ucraina, presentare integralmente ai nostri lettori un documento che, a nostro parere, assume oggi un valore rilevante, anche perché esso è stato reso noto dai nostri media in forme che ne hanno ridotto e talvolta alterato i contenuti.

Per dare completezza all’informazione attualmente disponibile, presentiamo qui di seguito il discorso che il presidente della Russia, Vladimir Putin, ha tenuto la sera del 21 febbraio scorso. Crediamo infatti necessario conoscere nei suoi termini originari, e non parziali e spesso abilmente ridotti, la visione storica, politica e diplomatica della Russia, oltre a quelle assai più note provenienti dal mondo nord-atlantico.

Il discorso di Putin è senza dubbio un documento drammatico, perché ripercorre passaggi storici tragici per la Russia e per l’Ucraina contemporanee: un buon terzo del suo intervento è infatti una ricostruzione storica della nascita dell’Ucraina indipendente dopo il crollo dell’Unione Sovietica, con il richiamo alle gravissime responsabilità dell’ideologia leninista nell’indebolimento dell’identità storico-politica russa.

Un secondo aspetto interessante è la descrizione dell’Ucraina di oggi, come di un Paese in cui dominano il nazionalismo radicale, sostenuto da forze occidentali esterne, che, oltre ad avere minato la sovranità nazionale a favore delle oligarchie locali, puntano a modificare, a parere di Putin, la coscienza stessa dell’identità di quel popolo, per sottrarlo all’influenza russa, cui pure culturalmente e storicamente l’Ucraina è fortemente legata. Un’osservazione interessante per l’Occidente, che tuttora si proclama avversario acerrimo di ogni nazionalismo.

Un terzo aspetto rilevante, sicuramente tra i meno noti in Occidente (a parte per chi segue clarissa.it!) è l’analisi della politica militare della Nato, sia della sua evoluzione dal crollo del Patto di Varsavia, che oggi sul campo. Dobbiamo dire che è un’analisi difficilmente criticabile, in quanto il fatto che l’allargamento ad est della Nato rappresenti un fattore destabilizzante per la pace nel mondo è un dato che viene riconosciuto come “errore” anche da studiosi nordamericani.

Per concludere questa breve introduzione, notiamo che situazioni come queste sono già state vissute nel secolo scorso in Europa, e ci auguravamo di non vederle ancora dinnanzi ai nostri occhi. Ben più importanti delle proclamazioni sulla democrazia e sulla libertà, resta dunque accesa la lotta per il potere mondiale.

Incidentalmente, ricordiamo infatti che, nel non troppo lontano 1919, i rappresentanti di un’Ucraina anche allora lacerata fra conflitti etnico-territoriali e guerra civile fra armate rosse e bianche, venuti a Parigi ad implorare il riconoscimento della loro indipendenza come nazione, furono elegantemente messi alla porta dai Grandi occidentali, che volevano organizzare la pace nel continente europeo. Risultati di quella riorganizzazione sono stati, come sappiamo, una seconda guerra mondiale e mezzo secolo di Guerra Fredda. Vedremo adesso come si comporterà l’Occidente.

Giustificato è infatti il timore che oggi l’Ucraina sia il nuovo strumento del grande gioco per il potere mondiale.

Testo integrale del discorso di Vladimir Putin (dal testo in inglese):

Cittadini russi, Amici,

Il mio intervento riguarda gli eventi dell’Ucraina e perché questa situazione è così importante per noi, per la Russia. Naturalmente il mio messaggio è rivolto anche ai nostri connazionali in Ucraina.

La questione è molto seria, e deve essere discussa in modo approfondito.

La situazione nel Donbass ha raggiunto una fase critica e acuta. Vi parlo direttamente oggi non solo per spiegare cosa sta succedendo, ma anche per informarvi delle decisioni che stiamo prendendo e dei potenziali passi successivi.

Mi piacerebbe sottolineare ancora una volta che l’Ucraina per noi non è solo un paese vicino. Esso è una parte inalienabile della nostra storia, della nostra cultura e del nostro spazio spirituale. Questi sono i nostri compagni, quelli a noi più cari – non solo colleghi, amici e persone con cui un tempo abbiamo lavorato insieme, ma anche parenti, persone legate da vincoli di sangue, da vincoli familiari.

Da tempo immemorabile, le persone che vivono nel sud-ovest di quella che è stata storicamente la terra russa si sono chiamati Russi e Cristiani ortodossi. Questa era la situazione prima del XVII secolo, quando una parte di questo territorio si riunì allo stato russo, ed è proseguita dopo.

Credo che in generale tutti conosciamo questi fatti, questa è una conoscenza condivisa. Tuttavia, è necessario dedicare almeno qualche parola alla storia di questo problema, per capire cosa sta succedendo oggi, per spiegare i motivi delle azioni della Russia e che cosa ci proponiamo di ottenere.

Quindi, inizierò con il fatto che l’Ucraina contemporanea è stata interamente creata dalla Russia o, per essere più precisi, dalla Russia bolscevica, comunista. Questo processo iniziò praticamente subito dopo la rivoluzione del 1917 e Lenin ed i suoi seguaci lo fecero in un modo estremamente duro nei confronti della Russia: separando, disgregando quella che storicamente è la terra russa. Nessuno ha chiesto ai milioni delle persone che vivevano lì quello che essi pensavano.

Quindi, sia prima che dopo la Grande Guerra Patriottica [la seconda guerra mondiale, nella terminologia storico-politica russa, N.d.R.], Stalin incorporò nell’URSS e trasferì all’Ucraina vari territori che in precedenza appartenevano a Polonia, Romania e Ungheria. Nel far questo, cedette alla Polonia parte di quello che era tradizionalmente un territorio tedesco, come compensazione; poi, nel 1954, Krusciov ha sottratto la Crimea dalla Russia per un qualche motivo e l’ha consegnata all’Ucraina. In effetti è così che si è formato il territorio dell’Ucraina di oggi.

Ma ora vorrei concentrare la nostra attenzione sul periodo iniziale della formazione dell’URSS. Credo che questo sia estremamente importante per noi. Dovrò avvicinarmici prendendo le mosse da lontano, diciamo così.

Ricordo che, dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e la successiva Guerra Civile, i bolscevichi iniziarono a creare una nuova organizzazione statuale. Avevano disaccordi piuttosto seri tra loro su questo punto. Nel 1922, Stalin occupò la posizione sia di Segretario Generale del Partito Comunista Russo (bolscevico) sia di Commissario del Popolo per gli Affari etnici. Suggerì di organizzare il Paese secondo il criterio delle autonomie, cioè dando alle Repubbliche (futuri enti amministrativi e territoriali) ampi poteri nel momento stesso in cui esse aderivano ad uno stato unitario.

Lenin criticò questo piano, suggerendo di fare concessioni ai nazionalisti, che a quel tempo chiamava “indipendentisti”. Le idee di Lenin su ciò che in sostanza corrispondeva alla creazione di uno stato confederale ed allo slogan sul diritto delle nazioni all’autodeterminazione1, fino alla secessione, furono poste alla base dell’organizzazione statale sovietica. Inizialmente questi principi trovarono conferma nella Dichiarazione sulla formazione dell’URSS nel 1922, e in seguito, dopo la morte di Lenin, furono sanciti dalla Costituzione sovietica del 1924.

Tutto questo solleva immediatamente molte domande. La prima è davvero la principale: perché bisognava placare i nazionalisti? per soddisfare le incessanti ambizioni nazionaliste alla periferia dell’ex-impero [zarista, N.d.R.]? Che senso aveva trasferire alle nuove, spesso arbitrariamente formate, unità amministrative – le Repubbliche – vasti territori che non avevano niente a che fare con esse? Lasciate che lo ripeta: questi territori, insieme alle loro popolazioni, furono sottratti a ciò che era storicamente Russia.

Inoltre, a queste unità amministrative sono stati de facto attribuiti lo status e la forma di entità statali nazionali. Il che pone un’ulteriore domanda: perché è stato necessario fare doni così generosi, al di là dei sogni più sfrenati dei nazionalisti più accesi, per di più dando alle Repubbliche il diritto di separarsi dallo Stato unitario, senza alcuna condizione?

A prima vista, tutto questo sembra assolutamente incomprensibile, persino folle. Ma solo a prima vista. Una spiegazione c’è. Dopo la rivoluzione, l’obiettivo principale dei bolscevichi era rimanere al potere a tutti i costi, assolutamente a tutti costi. Fecero di tutto per questo scopo: accettarono l’umiliante Trattato di Brest-Litovsk2, nonostante la situazione militare ed economica della Germania imperiale e dei suoi alleati fosse drammatica e l’esito della Prima guerra mondiale fosse oramai scontato, accolsero le richieste e le aspirazioni dei nazionalisti all’interno del paese.

Parlando del destino storico della Russia e dei suoi popoli, la concezione dello sviluppo statale di Lenin non era solo un errore; era peggio di un errore, come si dice. Un fatto che è diventato palesemente chiaro dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, nel 1991.

Certo, non possiamo cambiare gli eventi passati, ma dobbiamo almeno riconoscerli apertamente e onestamente, senza alcuna riserva o ipocrisia politica. Personalmente, posso aggiungere che nessun fattore politico, per quanto impressionante o redditizio possa sembrare in un dato momento, può essere utilizzato come principio fondamentale della statualità.

Non sto cercando di dare la colpa a nessuno. La situazione nel paese a quel tempo, sia prima che dopo la guerra civile, era estremamente complicata: era critica. L’unica cosa che vorrei dire oggi è che questo è esattamente quello che era. È un fatto storico. In realtà, come ho già detto, L’Ucraina sovietica è il risultato della politica dei bolscevichi e può essere giustamente chiamata “l’Ucraina di Vladimir Lenin”. Questi ne fu creatore e architetto. Questo fatto è pienamente ed esaurientemente corroborato da documenti d’archivio, comprese le dure istruzioni di Lenin riguardo al Donbass, che è stato realmente affibbiato all’Ucraina. Eppure oggi la “progenie riconoscente” ha abbattuto i monumenti a Lenin in Ucraina! La chiamano decomunistizzazione.

Vogliono la decomunistizzazione? Molto bene, benissimo. Ma perché fermarsi a metà? Siamo pronti a mostrare cosa significherebbe per l’Ucraina una vera decomunistizzazione.

Tornando alla storia, vorrei ripetere che l’Unione Sovietica successe all’ex impero russo nel 1922. Ma in pratica si dimostrò subito impossibile preservare o governare un territorio così vasto e complesso secondo i principi amorfi che costituivano la confederazione. Erano lontani dalla realtà e dalla tradizione storica.

È logico che il Terrore Rosso ed il rapido scivolamento di Stalin verso la dittatura, il dominio dell’ideologia comunista e il monopolio del potere da parte del partito comunista sul potere, la nazionalizzazione e l’economia pianificata: tutto ciò ha trasformato quei principi di governo, dichiarati formalmente ma inefficaci, in frasi fatte. In realtà le Repubbliche nell’Urss non avevano alcun diritto sovrano, proprio nessuno. Il risultato pratico fu la creazione di uno stato strettamente centralizzato ed assolutamente unitario.

In effetti, ciò che Stalin realizzò pienamente non era di Lenin, erano i suoi criteri di governo. Ma egli non ha apportato modifiche rilevanti ai documenti cardine, alla Costituzione sovietica, e non ha revisionato formalmente i principi di Lenin posti alla base dell’Unione Sovietica. A prima vista, sembrava proprio non ce ne fosse bisogno, perché tutto sembrava funzionare bene nelle condizioni di un regime totalitario, ed all’esterno sembrava perfetto, attraente e persino ultra-democratico.

Eppure, è un vero peccato che la base essenziali e formalmente legali del nostro stato non furono prontamente ripulite dalle odiose e utopiche fantasie ispirate alla rivoluzione [bolscevica, N.d.R.],, assolutamente distruttive per qualsiasi stato normale. Come spesso è accaduto in passato nel nostro paese, nessuno si preoccupava del futuro.

Sembra che i dirigenti del Partito Comunista fossero convinti di aver creato proprio un solido sistema di governo e che le loro politiche avevano risolto il problema etnico per sempre. Ma la falsificazione, l’equivoco e la manipolazione dell’opinione pubblica hanno un costo elevato. Il virus delle ambizioni nazionaliste è ancora tra noi, e la bomba ad orologeria collocata al momento iniziale, in grado di annientare l’immunità statale col virus del nazionalismo, ticchettava. Come ho già detto, la bomba ad orologeria era il diritto di secessione  dall’Unione Sovietica [riconosciuto alle Repubbliche, N.d.R.].

A metà degli anni ’80, i crescenti problemi socio-economici e l’evidente crisi dell’economia pianificata hanno aggravato la questione etnica, che essenzialmente era fondata, non su aspettative o sogni non realizzati dei popoli sovietici, ma principalmente sui crescenti appetiti delle élite locali.

Tuttavia, invece di analizzare la situazione, adottando misure appropriate, in primo luogo nell’economia, e trasformando gradualmente il sistema politico e di governo in modo ponderato ed equilibrato, la dirigenza del partito comunista si impegnò solo in un’aperta discussione sulla rinascita del principio leninista dell’auto-determinazione nazionale.

Inoltre, nel corso della lotta per il potere all’interno del Partito Comunista stesso, ciascuna delle opposte fazioni, nel tentativo di ampliare la propria base di appoggio, ha iniziato a incitare e incoraggiare sconsideratamente i sentimenti nazionalisti, manipolandoli e promettendo ai loro potenziali sostenitori tutto quello che essi desideravano. Sullo sfondo della retorica superficiale e populista sulla democrazia e su di un brillante futuro basato sul mercato o sull’economia pianificata, nel pieno di un vero impoverimento delle persone e di diffuse carenze, nessuno dei poteri costituiti pensava alle inevitabili, tragiche conseguenze per il Paese.

Successivamente, essi hanno ripreso in pieno la strada battuta al principio dall’URSS, assecondando le ambizioni delle élite nazionaliste nutrite all’interno dei propri ranghi di partito. Ma così facendo essi dimenticavano che il PCUS non aveva più – grazie a Dio – gli strumenti per mantenere il potere ed il controllo del Paese, strumenti come il terrore di stato e una dittatura di tipo stalinista, e che il famigerato ruolo guida del partito stava svanendo senza lasciare traccia, come la nebbia al mattino, proprio davanti ai loro occhi.

E poi, nella sessione plenaria del settembre 1989 del PCUS, il Comitato Centrale ha approvato un documento davvero fatale: la cosiddetta politica etnica del partito in condizioni moderne, la piattaforma del PCUS. Comprendeva le seguenti disposizioni, cito: «Le repubbliche dell’URSS possederanno tutti i diritti adeguati al loro status di stati socialisti sovrani».

Al punto successivo: «Gli organi supremi del potere rappresentativo delle Repubbliche dell’URSS possono contestare e sospendere nel loro territorio l’applicazione delle delibere e delle direttive del governo dell’URSS».

E infine: «Ogni repubblica dell’URSS avrà la sua propria cittadinanza, che si applica a tutti i suoi residenti».

Non era chiaro a cosa avrebbero portato queste formule e queste decisioni?

Ora non è né il momento né il luogo per entrare in questioni attinenti al diritto pubblico o costituzionale, o per definire il concetto di cittadinanza. Ma ci possiamo chiedere: perché era necessario destabilizzare ancora di più il Paese in quella situazione, già di per sé complicata? I fatti restano.

Fin da due anni prima del crollo dell’URSS, il suo destino era in realtà già segnato. Ora radicali e nazionalisti, compresi ed in prima fila quelli dell’Ucraina, si stanno prendendo il merito di aver ottenuto l’indipendenza. Come possiamo vedere, questo è assolutamente sbagliato. La disintegrazione del nostro paese è stata determinata dagli errori storici e strategici dei leader bolscevichi e della leadership del PCUS, errori commessi ripetutamente nella costruzione dello Stato e nelle loro politiche economiche ed etniche. La responsabilità del crollo della Russia storicamente nota come URSS grava sulla loro coscienza.

Nonostante tutte queste ingiustizie, le menzogne e l’aperto saccheggio della Russia, il nostro popolo ha accettato la nuova realtà geopolitica, che ha preso forma dopo la dissoluzione dell’URSS e che ha riconosciuto i nuovi stati indipendenti. Non solo la Russia ha riconosciuto questi paesi, ma ha aiutato i suoi partner della CSI3, anche se essa stessa doveva affrontare una situazione molto grave: compresi i nostri colleghi ucraini, che si sono rivolti a noi per un sostegno finanziario molte volte, dal momento stesso in cui hanno dichiarato l’indipendenza. Il nostro paese ha fornito loro tale assistenza, nel rispetto della dignità e della sovranità dell’Ucraina.

Secondo le valutazioni degli esperti, confermate da un semplice calcolo dei nostri prezzi energetici, i prestiti agevolati forniti dalla Russia all’Ucraina, insieme alle preferenze economiche e commerciali accordatele, il beneficio complessivo per il bilancio ucraino nel periodo dal 1991 al 2013 è stato di 250 miliardi di dollari.

Tuttavia, c’è di più. Entro la fine del 1991, l’URSS doveva circa 100 miliardi di dollari ad altri paesi e a organismi internazionali. Inizialmente, c’era l’idea che tutte le Repubbliche ex-sovietiche avrebbero restituito questi prestiti insieme, in spirito di solidarietà e in proporzione al loro potenziale economico. Tuttavia, la Russia si è impegnata a ripagare tutti i debiti sovietici e ha mantenuto questa promessa, completando questo processo nel 2017.

In cambio, gli Stati di nuova indipendenza avrebbero dovuto cedere alla Russia parte delle attività estere sovietiche. Un accordo in tal senso è stato raggiunto con l’Ucraina nel dicembre 1994. Tuttavia, Kiev non ha ratificato questi accordi ed in seguito ha semplicemente rifiutato di onorarli, facendo richieste di una quota del Tesoro dei Diamanti, delle riserve auree, come ex proprietà dell’URSS, e di altri beni all’estero.

Tuttavia, nonostante tutte queste sfide, la Russia ha sempre lavorato con l’Ucraina in modo aperto e onesto e, come ho già detto, nel rispetto dei suoi interessi. Abbiamo sviluppato i nostri legami in più campi. Così, nel 2011, il commercio bilaterale ha superato i 50 miliardi di dollari. Lasciatemi notare che nel 2019, l’anno prima della pandemia, il commercio dell’Ucraina con tutti i paesi dell’UE messi insieme restava al di sotto di questo indicatore.

Allo stesso tempo è stato sorprendente come le autorità ucraine abbaino sempre preferito trattare con la Russia in un modo che assicurava loro di godere di tutti i diritti e privilegi, pur rimanendo liberi da ogni obbligazione.

I funzionari di Kiev hanno sostituito la partnership con un atteggiamento parassitario che agisce a volte in modo estremamente sfacciato. Basti ricordare i continui ricatti sui transiti energetici ed il fatto che essi abbiano letteralmente rubato il gas.

Posso aggiungere che Kiev ha cercato di usare il dialogo con la Russia come merce di scambio nelle sue relazioni con l’Occidente, usando la minaccia di legami più stretti con la Russia per ricattare l’Occidente, per assicurarsi delle preferenze, sostenendo che altrimenti la Russia avrebbe accresciuto la propria influenza maggiore in Ucraina.

Allo stesso tempo, le autorità ucraine – vorrei sottolineare questo – hanno iniziato a costruire il loro Stato sulla negazione di tutto che ci ha unito, cercando di stravolgere la mentalità e la memoria storica di milioni di persone, di intere generazioni che vivono in Ucraina. Non è sorprendente che la società ucraina abbia dovuto affrontare l’ascesa dell’estrema destra nazionalista, che si è rapidamente trasformata nell’aggressiva russofobia e nel neonazismo. Ciò ha portato alla partecipazione di nazionalisti ucraini e neonazisti ai gruppi terroristici attivi nel Caucaso settentrionale ed alle crescenti rivendicazioni territoriali nei confronti della Russia.

Un ruolo in questo è stato svolto da forze esterne, che hanno utilizzato una ramificata rete di ONG e di servizi speciali per sostenere i loro clienti in Ucraina e portare i loro rappresentanti nelle sedi del potere.

Va notato che l’Ucraina in realtà non ha mai avuto una tradizione di stabile continuità statale. E, quindi, nel 1991 ha optato per un’emulazione senza senso di modelli stranieri, che non hanno alcuna relazione con la storia o con la realtà ucraina. Le istituzioni governative furono riadattate molte volte ai clan in rapida crescita ed ai loro interessi egoistici, che non avevano nulla a che fare con gli interessi del popolo ucraino.

In sostanza, la cosiddetta scelta di civiltà filo-occidentale, operata dalle autorità oligarchiche ucraine, non era e non è finalizzata a creare condizioni nell’interesse del benessere delle persone, ma per mantenere i miliardi di dollari che gli oligarchi hanno rubato agli ucraini e che tengono nei loro conti nelle banche occidentali, mentre assecondavano con reverenza i rivali geopolitici della Russia.

Alcuni gruppi industriali e finanziari, partiti e politici sui loro libri paga, hanno fatto affidamento sui nazionalisti e sui radicali sin dall’inizio. Altri hanno affermato di essere favorevoli alle buone relazioni con la Russia ed alla pluralità culturale e linguistica, salendo al potere con l’aiuto dei loro cittadini, che appoggiavano in buona fede le aspirazioni da loro dichiarate, compresi milioni di persone nelle regioni sudorientali.

Ma, dopo aver raggiunto le posizioni cui ambivano, queste persone hanno immediatamente tradito i loro elettori, rinnegando le loro promesse elettorali e invece gestendo una politica guidata dai radicali e talvolta perseguitando anche i loro ex-alleati: le organizzazioni pubbliche che ha sostenuto il bilinguismo e la cooperazione con la Russia. Queste persone hanno approfittato del fatto che i loro elettori erano per lo più cittadini rispettosi della legge con opinioni moderate, che si fidavano delle autorità e che, a differenza dei radicali, avrebbero agito né in modo aggressivo né facendo uso di strumenti illegali.

Nel frattempo, i radicali sono diventati sempre più tracotanti nelle loro azioni ed hanno avanzato ogni anno maggiori richieste. Trovavano facile imporre la loro volontà alle deboli autorità, che sono state infettate dal virus del nazionalismo e della corruzione, sostituendo così ad arte i reali interessi culturali, economici e sociali del popolo e la vera sovranità dell’Ucraina con varie speculazioni e attribuzioni etniche di facciata.

Uno Stato stabile non si è mai sviluppato in Ucraina; le sue procedure elettorali e politiche servono solo da copertura, uno schermo per la distribuzione del potere e della proprietà tra i vari clan oligarchici.

La corruzione, che è certamente una sfida ed un problema per molti paesi, inclusa la Russia, è andata oltre il solito ambito in Ucraina. Ha letteralmente permeato e corroso lo stato ucraino, l’intero sistema e tutti i rami del potere.

I nazionalisti radicali approfittarono del giustificato malcontento pubblico e strumentalizzarono la protesta di Maidan4, aggravatasi fino al colpo di stato del 2014. Hanno anche avuto assistenza diretta da Stati esteri.

Secondo i nostri rapporti, l’ambasciata degli Stati Uniti hanno fornito 1 milione di dollari al giorno per sostenere il cosiddetto “campo della protesta” in Piazza Indipendenza a Kiev. Inoltre, grandi somme sono state sfacciatamente trasferite direttamente sui conti correnti dei leader dell’opposizione – conti per decine di milioni di dollari. Ma le persone che hanno davvero sofferto, le famiglie di coloro che sono morti negli scontri provocati nelle strade e nelle piazze di Kiev e di altre città, quanto hanno guadagnato alla fine? Meglio non chiederselo.

I nazionalisti che si sono impadroniti del potere, hanno scatenato una persecuzione, una vera campagna del terrore contro chi si opponeva alle loro azioni anticostituzionali. Politici, giornalisti e attivisti sono stati minacciati e pubblicamente umiliati. Un’ondata di violenza ha travolto le città ucraine, compresa una serie di omicidi di alto profilo rimasti impuniti. Uno rabbrividisce al ricordo della terribile tragedia di Odessa, dove manifestanti pacifici furono brutalmente assassinati, bruciati vivi nella Casa dei Sindacati5. I criminali che hanno commesso quell’atrocità non sono mai stati puniti, e nessuno li ha nemmeno cercati. Ma conosciamo i loro nomi e faremo di tutto per punirli, trovarli e consegnarli alla giustizia.

Maidan non ha avvicinato di più l’Ucraina alla democrazia ed al progresso. Dopo aver compiuto un colpo di stato, i nazionalisti e le forze politiche che li sostenevano, alla fine hanno condotto l’Ucraina in un vicolo cieco, spingendo il paese nell’abisso della guerra civile. Otto anni dopo, il paese è diviso. L’Ucraina è alle prese con una grave crisi socio-economica.

Secondo le organizzazioni internazionali, nel 2019 quasi 6 milioni di ucraini – sottolineo – circa il 15 per cento, non della forza lavoro, ma dell’intera popolazione di quel Paese, ha dovuto recarsi all’estero per trovare lavoro. La maggior parte di loro fa lavori saltuari. Anche questo fatto è rivelatore: dal 2020, oltre 60.000 medici e altri operatori sanitari hanno lasciato il paese, nel bel mezzo della pandemia.

Dal 2014 la bolletta dell’acqua è aumentata di quasi un terzo, la bolletta dell’energia è aumentata più volte, mentre il prezzo del gas per le famiglie è aumentato diverse dozzine di volte. Molte persone semplicemente non hanno i soldi per pagare le utenze. Lottano letteralmente per sopravvivere.

Cosa è avvenuto? Perché sta succedendo tutto questo? La risposta è ovvia. Hanno sottratto e dilapidato l’eredità ricevuta non solo dall’era sovietica, ma anche dall’impero russo. Hanno perso decine, centinaia di migliaia di posti di lavoro, che avevano permesso alle persone di guadagnare un reddito sicuro e di generare entrate fiscali, tra l’altro proprio grazie alla stretta collaborazione con la Russia. Diversi settori, tra i quali quelli della meccanica, dell’ingegneria strumentale, dell’elettronica, della cantieristica navale e aerospaziale sono state minate o distrutte del tutto. C’è stato un tempo, tuttavia, in cui non solo l’Ucraina, ma l’intera Unione Sovietica erano orgogliose di queste aziende.

Nel 2021, il cantiere navale del Mar Nero a Nikolayev ha cessato l’attività. I suoi primi approdi risalgono a Caterina la Grande. Antonov, il famoso costruttore, non produce più un solo aereo commerciale dal 2016, mentre Yuzhmash, una fabbrica specializzata in missili e tecnologie spaziali, è quasi in bancarotta. L’acciaieria di Kremenchug si trova in una situazione simile. Questa la penosa lista, che prosegue all’infinito.

Per quanto riguarda il sistema di trasporto del gas, era stato costruito nella sua interezza dall’Unione Sovietica, e ora si è deteriorato a tal punto che il suo utilizzo crea gravi rischi ed ha un costo elevato per l’ambiente.

Questa situazione pone la domanda: povertà, mancanza di opportunità e perdita di potenziale industriale e tecnologica: è questa la scelta della civiltà filo-occidentale che viene usata da molti anni per ingannare milioni di persone con promesse di paradisi celestiali?

Tutto si è ridotto ad un’economia ucraina a brandelli, ad una vera e propria rapina ai danni dei cittadini del paese, mentre l’Ucraina stessa è stata posta sotto il controllo esterno, diretto non solo dalle capitali occidentali, ma anche sul posto, come si suol dire, attraverso un’intera rete di consulenti esteri, ONG ed altre istituzioni presenti in Ucraina. Hanno un’incidenza diretta su tutte le nomine e le dimissioni chiave, e su tutte le strutture di potere a tutti i livelli, dal governo centrale fino ai comuni, nonché su società private e statali, tra cui Naftogaz, Ukrenergo, Ferrovie ucraine, Ukroboronprom, Ukrposhta e sull’Autorità portuale marittima ucraina.

Non esiste una magistratura indipendente in Ucraina. Le autorità di Kiev, su richiesta dell’Occidente, hanno delegato alle organizzazioni internazionali il diritto prioritario di scelta dei membri degli organi supremi della magistratura, del Consiglio di Giustizia e dell’Alta Commissione sulla Qualificazione dei giudici.

Inoltre, gli Stati Uniti controllano direttamente l’Agenzia Nazionale per la Prevenzione della Corruzione, l’Ufficio Nazionale Anticorruzione, l’Ufficio specializzato del Procuratore Anticorruzione e l’Alto Tribunale Anticorruzione. Tutto questo viene fatto con il nobile pretesto di rinvigorire gli sforzi contro la corruzione. Bene, ma dove sono i risultati? La corruzione è fiorente come non mai.

Il popolo ucraino è consapevole che il Paese è gestito in questo modo? Si rendono conto che il loro Paese si è trasformato anche in un protettorato politico o economico, è stato ridotto ad una colonia sotto un regime fantoccio? Lo Stato è stato privatizzato. Di conseguenza, il governo, che si designa come il “potere dei patrioti”, non ha più capacità di azione in ambito nazionale e spinge costantemente l’Ucraina a perdere la sua sovranità.

La politica per sradicare la lingua e la cultura russa e promuovere l’assimilazione continua. La Verkhovna Rada6 ha generato un flusso costante di leggi discriminatorie e la legge sui cosiddetti “autoctoni” è già in vigore. Le persone che si identificano come russe, e vogliono preservare la propria identità, lingua e cultura stanno ricevendo il segnale che non sono desiderate in Ucraina.

Secondo le leggi sull’istruzione e sulla lingua ucraina come lingua di stato, la lingua russa non ha posto nelle scuole o nei luoghi pubblici, anche nei normali negozi. La legge sul cosiddetto controllo dei funzionari e l’eliminazione dai loro ranghi ha creato un sistema per trattare i dipendenti pubblici indesiderati.

Ci sono sempre più norme che consentono all’esercito ucraino ed alle forze dell’ordine di reprimere la libertà di parola, il dissenso e perseguire l’opposizione. Il mondo conosce la deplorevole pratica di imporre sanzioni unilaterali illegittime contro altri Paesi, persone fisiche e giuridiche straniere. L’Ucraina ha superato le prestazioni dei suoi padroni occidentali, inventando sanzioni contro suoi cittadini, aziende, canali televisivi e altri media, persino membri del parlamento.

Kiev continua a preparare l’eliminazione degli ortodossi ucraini della Chiesa del Patriarcato di Mosca. Questo non è un giudizio emotivo; la prova di ciò può essere trovata in decisioni e documenti concreti. Le autorità ucraine hanno cinicamente trasformato la tragedia dello scisma in uno strumento della politica statale7. Le autorità attuali non reagiscono agli appelli del popolo ucraino per abolire le leggi che violano i diritti dei credenti. Inoltre, nuovi progetti di legge diretti contro il clero e milioni di parrocchiani ucraini della Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca sono state predisposte nella Verkhovna Rada.

Qualche parola sulla Crimea. La gente della penisola ha fatto liberamente la sua scelta di stare con la Russia. Le autorità di Kiev non possono contestare quanto chiaramente affermato da questa scelta della gente, motivo per cui hanno optato per un’azione aggressiva, per l’attivazione di cellule estremiste, comprese le organizzazioni islamiste radicali, per l’invio di sovversivi per inscenare attacchi terroristici a infrastrutture critiche e sequestrare cittadini russi. Abbiamo la prova concreta di azioni estremamente aggressive, che vengono intraprese con il supporto dei servizi di sicurezza occidentali.

Nel marzo 2021, in Ucraina è stata adottata una nuova strategia militare. Questo documento è quasi interamente dedicato al confronto con la Russia e si pone l’obiettivo di coinvolgere Stati stranieri in un conflitto con il nostro Paese. La strategia prevede l’organizzazione di quello che può essere descritto come un movimento clandestino terroristico nella Crimea russa e nel Donbass. Delinea anche i contorni di una guerra potenziale, che dovrebbe concludersi, secondo gli strateghi di Kiev, “con l’assistenza della comunità internazionale a condizioni favorevoli per l’Ucraina”, nonché – fate attenzione, per favore – “con il supporto militare straniero nel confronto geopolitico con la Federazione Russa”. In effetti, tutto questo è nient’altro che la preparazione alle ostilità contro il nostro paese, la Russia.

Come sappiamo, è già stato affermato oggi che l’Ucraina intende creare propri armamenti nucleari, e questo non è solo vanteria. L’Ucraina possiede le tecnologie nucleari create in epoca sovietica ed i vettori per tali armi, compresi gli aerei, così come i missili tattici Tochka-U, progettati dai sovietici, con una portata di oltre 100 chilometri. Ma possono fare di più: è solo questione di tempo. Hanno avuto a disposizione le basi per questo fin dall’era sovietica.

In altre parole, l’acquisizione di armi nucleari tattiche sarà molto più facile per l’Ucraina che per altri Stati che non menzionerò qui, che stanno conducendo tali ricerche, soprattutto se Kiev riceve supporto tecnologico dall’estero. Non possiamo escludere nemmeno questo.

Se l’Ucraina acquisisce armi di distruzione di massa, la situazione nel mondo e in Europa cambierà drasticamente, soprattutto per noi, per la Russia. Non possiamo che reagire a questo pericolo reale, tanto più che, lasciatemelo ripetere, i patroni occidentali dell’Ucraina potrebbero aiutarla ad acquisire queste armi per creare l’ennesima minaccia contro il nostro paese. Stiamo vedendo con quanta insistenza il regime di Kiev viene rifornito di armi.

Dal 2014, solo gli Stati Uniti hanno speso miliardi di dollari per questo scopo, comprese forniture di armi e attrezzature, e la formazione di specialisti. Negli ultimi mesi, c’è stato un flusso costante di armi occidentali verso l’Ucraina, ostentatamente, con tutto il mondo che sta a guardare. Consulenti esteri supervisionano le attività delle forze armate ucraine e dei servizi speciali e noi ne siamo ben consapevoli.

Negli ultimi anni, contingenti militari dei paesi della NATO sono stati quasi costantemente presenti sul territorio ucraino sotto il pretesto di svolgere esercitazioni. Il sistema di direzione delle truppe ucraine è già stato integrato nella NATO. Ciò significa che il quartier generale della NATO può impartire comandi diretti alle forze armate ucraine, anche alle loro unità e reparti singoli.

Gli Stati Uniti e la NATO hanno avviato un’impudente pianificazione del territorio ucraino come teatro di potenziali operazioni militari. Le loro regolari esercitazioni congiunte sono ovviamente in funzione anti-russa. Solo l’anno scorso, oltre 23.000 soldati e più di mille unità sono state coinvolte in queste attività.

È già stata adottata una legge che consente alle truppe straniere che arriveranno in Ucraina nel 2022 di prendere parte a esercitazioni multinazionali. Comprensibilmente, queste sono principalmente truppe della NATO. Quest’anno, sono previste almeno dieci di queste esercitazioni congiunte.

Ovviamente, tali iniziative sono programmate come copertura per una rapida concentrazione di forze militari NATO sul territorio ucraino. Ciò è tanto più vero da quando la rete di aeroporti è stata aggiornata con l’aiuto degli Stati Uniti a Borispol, Ivano-Frankovsk, Chuguyev e Odessa, solo per citarne alcuni, dove sono in grado di trasferire unità dell’esercito in brevissimo tempo. Lo spazio aereo dell’Ucraina è aperto ai voli di aerei strategici e da ricognizione statunitensi e di droni che svolgono la sorveglianza sul territorio russo.

Aggiungo che il Il Centro di Operazioni Navali costruito a Ochakov8 dagli Stati Uniti consente di supportare l’attività delle navi da guerra della NATO, compreso l’uso di armi di precisione contro la flotta russa del Mar Nero e le nostre infrastrutture sull’intera costa del Mar Nero.

Un tempo, gli Stati Uniti intendevano costruire strutture simili anche in Crimea, ma in Crimea i residenti di Sebastopoli hanno rovinato questi loro piani. Lo ricorderemo sempre.

Vorrei ripeterlo oggi, un tale centro è già stato schierato a Ochakov. Nel XVIII secolo, i soldati di Alexander Suvorov hanno combattuto per questa città. Grazie al loro coraggio, esso divenne parte della Russia. Sempre nel XVIII secolo, le terre del litorale del Mar Nero, inglobate in Russia a seguito delle guerre contro l’Impero Ottomano, ricevettero il nome di Novorossiya (Nuova Russia). Ora si tenta di condannare all’oblio questi punti di riferimento della storia, insieme ai nomi di figure politiche e militari dell’Impero russo, senza i cui sforzi l’Ucraina moderna non avrebbe molte grandi città e nemmeno accesso al Mar Nero.

Un monumento ad Alexander Suvorov è stato recentemente demolito a Poltava. Che dire? State rinunciando al vostro passato? Alla cosiddetta eredità coloniale dell’Impero russo? Ebbene, in questo caso, siate coerenti.

Infatti, in particolare, l’articolo 17 della Costituzione dell’Ucraina stabilisce che dispiegare basi militari straniere sul proprio territorio è illegale. Tuttavia, come vedete, questa è solo una convenzione che può essere facilmente aggirata.

L’Ucraina ospita missioni di addestramento della NATO che sono, di fatto, basi militari straniere. Hanno appena chiamato una base “missione”, e l’hanno fatto.

Kiev ha da tempo proclamato un percorso strategico per l’adesione alla NATO. Infatti, ogni paese ha il diritto di scegliere il proprio sistema di sicurezza e di entrare in alleanze militari. Non ci sarebbero problemi con questo, se non fosse per un “ma”. I documenti internazionali sanciscono espressamente il principio della sicurezza paritaria e indivisibile, che include l’obbligo di non rafforzare la propria sicurezza a scapito della sicurezza degli altri stati. Ciò è affermato nella Carta per la sicurezza europea adottata a Istanbul dall’OSCE del 1999 e dalla Dichiarazione OSCE di Astana del 2010.

In altre parole, la scelta dei percorsi per garantire la propria sicurezza non deve costituire una minaccia per altri Stati, mentre l’adesione dell’Ucraina alla NATO è una diretta minaccia per la sicurezza della Russia.

Permettetemi di ricordarvi che al vertice NATO di Bucarest, tenutosi nell’aprile 2008, gli Stati Uniti hanno approvato una decisione secondo cui l’Ucraina e, tra l’altro, la Georgia, sarebbero diventate membri della NATO. Molti alleati europei degli Usa erano già allora ben consapevoli dei rischi associati a questa prospettiva, ma furono costretti ad accettare i voleri del loro partner più anziano. Gli americani li hanno semplicemente usati per portare avanti una politica chiaramente anti-russa.

Un certo numero di Stati membri della NATO è ancora molto scettico sull’adesione dell’Ucraina alla Nato. Stiamo ricevendo segnali da alcune capitali europee che ci dicono di non preoccuparci poiché non accadrà letteralmente dall’oggi al domani. In effetti, i nostri partner statunitensi stanno dicendo la stessa cosa. “Va bene, allora” rispondiamo “se non accade domani, accadrà dopodomani. Cosa cambia dal punto di vista storico? Nulla”.

Inoltre, siamo consapevoli della posizione e delle parole della leadership statunitense, secondo cui le ostilità in atto nell’Ucraina orientale non escludono la possibilità per quel Paese di aderire alla NATO, se esso soddisfa i criteri della NATO e supera la corruzione.

Da sempre, stanno cercando di convincerci continuamente che la NATO è un’alleanza amante della pace e puramente difensiva, che non rappresenta una minaccia per la Russia. Ancora una volta, vogliono che gli crediamo sulla parola. Ma sappiamo bene il vero valore di queste parole. Nel 1990, quando si discuteva dell’unificazione tedesca, gli Stati Uniti hanno promesso alla leadership sovietica che la giurisdizione della NATO o la sua presenza militare non si sarebbe estesa di un centimetro a est, e che l’unificazione della Germania non avrebbe portato all’ampliamento dell’organizzazione militare della NATO a est. Questa è una citazione.

Hanno rilasciato molte assicurazioni verbali, che si sono rivelate tutte frasi vuote. Successivamente, hanno cominciato ad assicurarci che l’adesione alla NATO da parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale non avrebbe fatto altro che migliorare le relazioni con Mosca, liberando questi paesi dalle paure derivanti dalla loro dolorosa eredità storica, e persino creando una cintura di paesi amici della Russia.

Tuttavia, è successo esattamente il contrario. I governi di alcuni paesi dell’est europeo, speculando sulla russofobia, hanno portato i loro complessi e i loro stereotipi sulla minaccia russa all’interno dell’Alleanza, e hanno insistito per costruire strutture di difesa collettiva e dispiegarle principalmente contro la Russia. Peggio ancora è successo negli anni ’90 ed all’inizio anni 2000 quando, grazie alla nostra disponibilità e buona volontà, le relazioni tra Russia e Occidente avevano raggiunto un livello elevato.

La Russia ha adempiuto a tutti i suoi obblighi, compreso il ritiro dalla Germania, dal centro e dall’est Europa, dando un immenso contributo al superamento dell’eredità della Guerra Fredda. Abbiamo costantemente proposto varie opzioni di cooperazione, anche nel Consiglio NATO-Russia e nelle strutture OSCE.

Inoltre, dirò qualcosa che non ho mai detto pubblicamente: lo dirò ora per la prima volta. Quando poi il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, a fine mandato, ha visitato Mosca nel 2000, gli ho chiesto come avrebbe percepito l’America l’ammissione della Russia nella NATO.

Non rivelerò tutti i dettagli di quella conversazione, ma la reazione alla mia domanda è stata, diciamo, piuttosto contenuta, ed il vero atteggiamento degli americani nei confronti di tale possibilità può essere effettivamente vista dai loro passi successivi per quanto riguarda il nostro Paese. Mi riferisco al supporto palese per i terroristi nel Caucaso settentrionale, il disprezzo per le nostre richieste di sicurezza e le nostre preoccupazioni per la continua espansione della NATO, per il ritiro dal Trattato ABM, e così via. Sorge la domanda: perché? Di cosa si tratta, qual è lo scopo? Va bene, non volete vederci come amici o alleati, ma perché volete farci diventare nemici?

Può esserci una sola risposta: questa non riguarda il nostro regime politico o cose del genere. Semplicemente non vogliono in giro un paese grande e indipendente come la Russia. Questa è la risposta a tutte le domande. Questa è la fonte della tradizionale politica americana nei confronti della Russia. Da qui l’atteggiamento verso tutte le nostre proposte di sicurezza

Oggi, uno sguardo alla mappa è sufficiente per vedere fino a che punto i paesi occidentali hanno mantenuto la loro promessa di astenersi dall’espansione verso est della NATO. L’hanno del tutto tradita. Abbiamo assistito a cinque ondate di espansione della NATO, una dopo l’altra: Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, ammesse nel 1999; Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia, nel 2004; Albania e Croazia, nel 2009; Montenegro, nel 2017; e Nord Macedonia, nel 2020.

Di conseguenza, l’Alleanza e le sue infrastrutture militari hanno raggiunto i confini della Russia. Questa è una delle cause fondamentali della crisi della sicurezza europea; ha avuto l’impatto più negativo sull’intero sistema delle relazioni internazionali, ed ha portato alla perdita della reciproca fiducia.

La situazione continua a peggiorare, anche in ambito strategico. Infatti, sono in fase di creazione in Romania e Polonia aree di posizionamento per missili intercettori, come parte del progetto statunitense per creare un sistema di difesa missilistica globale. È risaputo che i lanciatori schierati lì possono essere utilizzati per i missili da crociera Tomahawk – un sistema di attacco offensivo.

Inoltre, gli Stati Uniti stanno sviluppando il loro missile multiruolo Standard-6, che può fornire difesa aerea e missilistica, nonché colpire bersagli di terra e di superficie. In altre parole, il presunto sistema di difesa missilistica statunitense sta sviluppando ed espandendo la sua nuova capacità offensiva.

Le informazioni che abbiamo ci danno buoni motivi per credere che l’adesione dell’Ucraina alla NATO ed il successivo dispiegamento delle strutture della NATO sia già stato deciso e sia solo questione di tempo. Capiamo ovviamente che, dato questo scenario, il livello delle minacce militari contro la Russia aumenterà drammaticamente più volte. E vorrei sottolineare a questo punto che il rischio di un attacco a sorpresa contro il nostro Paese si moltiplicherà.

Vi dirò che i documenti americani di pianificazione strategica confermano la possibilità di un cosiddetto attacco preventivo ai sistemi missilistici nemici. Conosciamo anche il principale avversario degli Stati Uniti e della NATO. È la Russia. Documenti Nato indicano ufficialmente il nostro Paese come la principale minaccia alla sicurezza euro-atlantica. L’Ucraina fungerà da testa di ponte avanzata per un simile attacco. Se i nostri antenati avessero sentito parlare di una cosa simile, probabilmente semplicemente non ci avrebbero creduto. Noi non vogliamo crederlo nemmeno oggi, ma questo è il fatto. Vorrei che la gente in Russia e in Ucraina lo capisse.

Molti aeroporti ucraini si trovano non lontano dai nostri confini. L’aviazione tattica della NATO è stata schierata lì, inclusi vettori di armi di precisione che sono in grado di colpire il nostro territorio fino alla profondità della linea Volgograd-Kazan-Samara-Astrakhan. Il dispiegamento dei radar da ricognizione sul territorio ucraino consentirà alla NATO di controllare strettamente lo spazio aereo russo fino agli Urali.

Infine, dopo che gli Stati Uniti hanno distrutto il Trattato INF, il Pentagono sta apertamente sviluppando molti sistemi d’arma terrestri da attacco, compresi missili balistici in grado di colpire bersagli a una distanza massima di 5.500 km. Se schierati in Ucraina, tali sistemi saranno in grado di farlo colpire obiettivi in tutta la parte europea della Russia. Il tempo di volo dei missili da crociera Tomahawk su Mosca durerà meno di 35 minuti; missili balistici da Kharkov impiegheranno dai 7 agli 8 minuti; armi d’attacco ipersoniche, 4-5 minuti. È come avere un coltello puntato alla gola.

Non ho dubbi che loro sperano di portare a termine questi piani, come hanno fatto molte volte in passato, espandendo la NATO verso est, spostando le proprie infrastrutture militari ai confini russi e ignorando completamente le nostre preoccupazioni, le nostre proteste e i nostri avvertimenti. Scusatemi, ma semplicemente non si preoccupano affatto di queste cose, e fanno tutto ciò che ritengono necessario.

Certo, si comporteranno allo stesso modo in futuro, seguendo un noto proverbio: «I cani abbaiano, ma la carovana va avanti». Lasciatemi dire subito: non accettiamo questo comportamento e non lo accetteremo mai. Detto questo, la Russia ha sempre sostenuto la risoluzione dei problemi più complicati per via politica e diplomatica, al tavolo delle trattative.

Siamo ben consapevoli della nostro enorme responsabilità quando si tratta di stabilità regionale e globale. Già nel 2008, la Russia ha presentato un’iniziativa per concludere un Trattato di sicurezza europeo secondo cui nessun singolo stato euro-atlantico o organizzazione internazionale potrebbe rafforzare la propria sicurezza a scapito della sicurezza degli altri. Tuttavia, la nostra proposta è stata respinta su due piedi col pretesto che alla Russia non è consentito porre limiti alle attività della NATO.

Inoltre, è stato chiarito in modo esplicito a noi che solo i membri della NATO possono avere garanzie di sicurezza giuridicamente vincolanti.

Lo scorso dicembre abbiamo consegnato ai nostri Partner occidentali la bozza di un trattato tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti Stati d’America sulle garanzie di sicurezza, nonché un progetto di accordo sulle misure per garantire la sicurezza della Federazione Russa e dei membri della NATO.

Gli Stati Uniti e la NATO hanno risposto con considerazioni generali. C’erano anche elementi di razionalità in queste, ma riguardavano aspetti di secondaria importanza e sembravano un tentativo di tirare la questione per le lunghe e sviare la discussione.

A questo abbiamo risposto di conseguenza e abbiamo sottolineato che eravamo pronti a seguire la strada dei negoziati, a condizione che, tuttavia, tutte le questioni fossero considerate come un pacchetto che includesse il nocciolo della proposta della Russia che contiene tre punti chiave. Primo, impedire un’ulteriore espansione della NATO. Secondo, fare in modo che l’Alleanza si astenga dal dispiegare sistemi d’arma offensivi lungo i confini della Russia. Ed infine, il ritiro delle forze e delle infrastrutture militari in Europa fino a dove erano nel 1997, quando venne sottoscritto l’atto fondativo NATO-Russia.

Queste nostre proposte di principio sono state ignorate. Lo ripeto, i nostri interlocutori occidentali hanno recitato ancora una volta le formule fin troppo familiari, che ogni Stato ha il diritto di scegliere liberamente le modalità per garantire la propria sicurezza o per aderire a qualsiasi unione o alleanza militare. Questo è tutto, nulla è cambiato nella loro posizione, e continuiamo a sentire gli stessi vecchi riferimenti alla famigerata politica della NATO delle “porte aperte”.

Inoltre, stanno ancora cercando di ricattarci e ci stanno minacciando di sanzioni, che, tra l’altro, loro introdurranno in ogni caso, mentre la Russia continua a rafforzare la sua sovranità e le sue Forze Armate. A dire il vero, non ci penseranno mai due volte prima di scovare o semplicemente fabbricare un pretesto per l’ennesimo attacco sanzionatorio, a prescindere degli sviluppi in Ucraina. Il loro unico e unico obiettivo è frenare lo sviluppo della Russia. E continueranno a farlo, proprio come facevano prima, anche senza alcun pretesto formale, solo perché esistiamo e non scenderemo mai a compromessi sulla nostra sovranità, i nostri interessi o i nostri valori nazionali.

Vorrei essere chiaro e diretto: nelle circostanze attuali, quando le nostre proposte per un dialogo paritario su questioni fondamentali sono di fatto rimaste senza risposta da parte degli Stati Uniti e della NATO, quando il livello delle minacce al nostro Paese è notevolmente aumentato, la Russia ha tutto il diritto di rispondere per garantire la propria sicurezza. Questo è esattamente quello che faremo.

Per quanto riguarda lo stato delle cose nel Donbass, vediamo che le élite al potere a Kiev non smettono mai di chiarire pubblicamente la loro riluttanza a rispettare il pacchetto di misure di Minsk per risolvere il conflitto, e che non sono interessati a una soluzione pacifica. Al contrario, stanno cercando di orchestrare una guerra lampo nel Donbass, così come è avvenuto nel 2014 e nel 2015. Sappiamo tutti come sono finiti questi schemi sconsiderati.

Non passa giorno senza che le comunità del Donbass subiscano attacchi di artiglieria. Il recente grande spiegamento di forze militari impiega droni d’attacco, equipaggiamento pesante, missili, artiglieria e lanciarazzi. L’uccisione di civili, il blocco, gli abusi sulle persone, compresi bambini, donne e anziani, continuano senza sosta. Come si dice, non si vede la fine di tutto questo.

Intanto il cosiddetto mondo civile, del quale i nostri colleghi occidentali si autoproclamano l’unico rappresentante, preferisce non vedere, come se questo orrore e genocidio, che quasi 4 milioni di persone stanno affrontando, non esistessero. Ma esistono: e solo perché queste persone non erano d’accordo con il colpo di stato sostenuto dall’Occidente in Ucraina nel 2014, e si opposero alla transizione verso il retrogrado ed aggressivo nazionalismo e neonazismo che in Ucraina sono stati elevati in al rango di politica nazionale. Stanno lottando per il loro diritto elementare a vivere sulla propria terra, parlare la propria lingua e preservare la propria cultura e le proprie tradizioni.

Per quanto tempo può continuare questa tragedia? Per quanto tempo ancora si può sopportare tutto questo? La Russia ha fatto di tutto per preservare l’integrità territoriale dell’Ucraina. In tutti questi anni, ha costantemente e pazientemente spinto per l’attuazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2202 del 17 febbraio 2015, che ha consolidato il pacchetto di misure di Minsk del 12 febbraio 2015, per risolvere la situazione nel Donbass.

Tutto è stato vano. I presidenti e i deputati della Rada vanno e vengono, ma in fondo il regime aggressivo e nazionalista che ha preso il potere a Kiev rimane invariato. È interamente un prodotto del colpo di stato del 2014 e coloro che poi hanno intrapreso la strada della violenza, dello spargimento di sangue e dell’illegalità non hanno riconosciuto allora e non riconoscono oggi nessuna soluzione alla questione del Donbass se non quella militare.

A questo proposito, ritengo necessario prendere una decisione attesa da tempo e riconoscere immediatamente l’indipendenza e sovranità della Repubblica popolare di Donetsk e della Repubblica popolare di Lugansk.

Vorrei chiedere all’assemblea federale della Federazione Russa di sostenere questa decisione e quindi ratificare il Trattato di amicizia e di mutua assistenza con entrambe le Repubbliche. Questi due documenti saranno predisposti e sottoscritti a breve termine.

Vogliamo che chi ha occupato e continua mantenere il potere a Kiev fermi immediatamente le ostilità. In caso contrario, la responsabilità dell’eventuale proseguimento dello spargimento di sangue ricadrà interamente sul regime al potere in Ucraina.

Mentre annuncio le decisioni prese oggi, rimango fiducioso nel sostegno dei cittadini russi e delle forze patriottiche del Paese.

Grazie.

(traduzione a cura di G. Colonna)

Print Friendly, PDF & Email
Note
  1. affermato subito dopo nei c.d. Quattordici Punti del presidente Usa Woodrow Wilson, nel 1918.
  2. sottoscritto il 3 marzo 1918.
  3. Comunità di Stati Indipendenti.
  4. Riferimento alle proteste, avvenute tra l’autunno 2013 e l’inverno 2014, che hanno svolto un ruolo importante nell’orientare l’Ucraina in senso-filoccidentale. Un’analisi storico-politica in G. Colonna, Ucraina tra Russia e Occidente, Edilibri, Milano, 2014.
  5. La strage di Odessa è il massacro avvenuto il 2 maggio 2014 nella città ucraina, presso la Casa dei Sindacati, ad opera di estremisti di destra, neonazisti e nazionalisti ucraini che attaccarono i manifestanti che si opponevano al nuovo governo instauratosi nel Paese in seguito alle rivolte di piazza di Euromaidan: vi persero la vita almeno 48 persone.
  6. Il parlamento monocamerale ucraino.
  7. Nel gennaio 2019, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, principale autorità del Cristianesimo ortodosso, ha riconosciuto l’indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina, separandola formalmente dalla Chiesa ortodossa russa, che ha stretti legami con il Cremlino e che ha supervisionato la Chiesa ucraina per secoli. La Russia ha accusato gli Stati Uniti di incoraggiare la rottura per indebolire Mosca ed un portavoce del Cremlino ribadisce la promessa di difendere “gli interessi dei russi e di lingua russa”.
  8. porto che si affaccia sul Mar Nero tra Odessa e la Crimea.