La crescita del potere navale di Israele

Lo scorso 18 gennaio, il ministero della difesa dello Stato di Israele ed il presidente del consiglio di amministrazione del gruppo industriale ThyssenKrupp Marine Systems, Dr. Rolf Wirtz, hanno sottoscritto un accordo per la fornitura a Israele di tre nuovi sottomarini, per un costo, più che raddoppiato rispetto a quanto inizialmente preventivato, di oltre 3 miliardi euro: un terzo del quale è a carico della Germania, sulla base di un accordo del 2017 in forza del quale il governo tedesco contribuisce generosamente agli acquisti di materiali militari israeliani, a titolo di riparazione permanente per l’Olocausto.

Il Caso 3000

L’accordo, che non è stato né portato a conoscenza preliminare né votato dal parlamento israeliano, è importante anche perché chiude abilmente una delle pagine meno eroiche della storia politica israeliana: presunte tangenti proprio per l’affare dei sottomarini tedeschi costituiscono infatti uno dei capi di imputazione, il cosiddetto Caso 3000, per corruzione nei confronti dell’ex premier Benjamin Netanyahu e di alcuni alti esponenti della marina militare dello Stato ebraico.

Così, contestualmente alla firma dell’accordo, il ministro israeliano della difesa Benny Gantz ha annunciato la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla scabrosa vicenda – liberandosi in tal modo del pericoloso fardello politico lasciato dall’ex-premier.

Proiezione navale globale

I nuovi sottomarini, denominati classe Dakar, in onore del sottomarino misteriosamente scomparso mentre salpava dal Regno Unito verso Israele nel 1968, con 69 membri dell’equipaggio a bordo, andranno ad aggiungersi, e in parte a sostituire, sei unità già esistenti, confermando l’importanza che lo Stato di Israele sta attribuendo allo sviluppo di una potente marina da guerra: una novità importante per le forze armate israeliane che, fino ad un decennio fa, erano tradizionalmente considerate fortissime principalmente sul piano aero-terrestre.

La nuova proiezione strategica israeliana trova le sue motivazioni principali da un lato nella necessità di proteggere gli importanti giacimenti energetici scoperti nel Mediterraneo orientale; dall’altra, nell’esigenza di accrescere la capacità di proiettare la propria presenza militare in un’area sempre più vasta intorno allo stato ebraico, dalle coste mediterranee all’Oceano Indiano, fino al Golfo Persico.

I sommergibili rappresentano per questo un’arma di grande flessibilità strategica, dato che è certo il fatto che essi sono dotati, oltre ai 16 tubi di lancio multiuso (siluri e missili), anche di una capacità di lancio verticale, fondamentale per l’impiego di missili con testata nucleare: un elemento fondamentale, in quanto assicura a Israele la cosiddetta capacità di second strike (secondo colpo), vale a dire poter rispondere con un attacco nucleare anche dopo averne eventualmente subito a propria volta uno.

La difficile localizzazione in mare aperto dei sottomarini estende quindi enormemente la capacità nucleare di Israele, rendendola particolarmente temibile e sicuramente unica in tutto il Medio Oriente.

Gli affari di Israele e Germania

La Thyssen è oramai un partner consolidato della marina israeliana, dato che sta anche fornendo a tempo di record un altro modernissimo sistema d’arma navale di grande impatto per Israele: le 4 corvette classe Sa’ar-6, il cui programma di costruzione, avviato nel 2019, ha già visto la consegna di ben tre delle quattro previste, con completamento entro il 2024.

Anche in questo caso, il ruolo della Germania nell’assecondare la politica di espansione navale israeliana gioca un ruolo essenziale, come dimostrato dal fatto che, alla fornitura dei nuovi sottomarini, si affianca nello stesso giorno la firma di un accordo di cooperazione strategica industriale, per oltre 850 milioni di euro, e include investimenti tedeschi nelle industrie israeliane che operano sotto il controllo della difesa israeliana.

Il ministero della Difesa ha infatti affermato che tale accordo, sottoscritto con il Ministero federale dell’economia e della tecnologia tedesco, «comporterà l’apertura di nuovi mercati, formazione professionale, sviluppo tecnologico, opportunità di lavoro e un influsso positivo sia per l’economia israeliana che per l’establishment della difesa».

L’accordo è stato realizzato da vari dipartimenti del Ministero della Difesa israeliano, in collaborazione con la Marina israeliana, l’Ufficio del Primo Ministro, il Ministero delle Finanze ed il Ministero dell’Economia.

Israele e Italia

Non dimentichiamo, comunque, i rapporti sempre più stretti anche della Marina Militare Italiana con Israele: ad esempio attraverso attività di cooperazione come le esercitazioni congiunte Rising Star (in atto dal 2016), incentrate proprio sulle specialità sottomarine.

D’altra parte, la storica ostilità tra Israele e Turchia (Ariel Sharon, esponente politico e militare di primo piano israeliano per trent’anni, considerava la Turchia l’unica seria minaccia militare per lo Stato ebraico), accresciuta ora anche dalla competizione sui giacimenti energetici del Mediterraneo orientale, comporta per Israele una crescente attenzione alle tensione fra Italia e Turchia, in relazione alla situazione in Libia: tensioni che lo Stato di Israele ha tutto l’interesse ad acuire.

Non vi sono quindi dubbi in merito al fatto che Israele ha assunto, e amplierà sempre più in futuro, il proprio ruolo politico-militare e di intelligence nell’orientare la politica dell’Italia in direzioni coerenti con i suoi, e non certo con i nostri, interessi vitali. A proposito di poteri forti.

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