Club di Berna e segreti sulla strategia della tensione

Nella storia della “strategia della tensione” ci si dimentica spesso della Svizzera. Eppure si tratta di un Paese chiave da sempre per le attività d’intelligence. Basti menzionare il ruolo che, durante la seconda guerra mondiale, vi svolsero i servizi segreti alleati, ad esempio il capo stazione dell’OSS statunitense a Berna, Allen Dulles, destinato a diventare direttore della Cia dal 1952 al 1961.

L’intervista di Federico Umberto D’Amato

Ed è proprio nella città elvetica che si sarebbe costituito, sul finire degli anni Sessanta, un singolare organismo di coordinamento fra i maggiori servizi di sicurezza e d’informazione occidentali, denominato appunto Club di Berna.

A parlarne per primo è stato un protagonista di primo piano della strategia della tensione italiana, il super-prefetto Federico Umberto D’Amato, il quale rivelò con compiacimento, il 24 giugno 1992, l’esistenza di questa struttura di coordinamento delle polizie occidentali, in una storica e sottovalutata intervista televisiva, una delle pochissime da lui rilasciate.

D’Amato si prendeva il merito di essere stato addirittura lui promotore dell’esclusivo Club, dichiarando di essere il “decano” di esso, precisando che dagli altri colleghi era per questo motivo chiamato “il padrino”.

Attribuiva la nascita del Club di Berna agli avvenimenti del 1968, dimenticando forse quanto li aveva preceduti negli anni Sessanta: per esempio il terrorismo dell’Fln in Algeria, e quello conseguente dell’OAS, che non interessarono solo la Francia, ma ebbero ricadute assai importanti per esempio anche in Italia ed in Spagna.

Nel 2020, lo stesso D’Amato, dopo essere nel frattempo passato a miglior vita, è stato incriminato dalla magistratura italiana come mandante-organizzatore della strage di Bologna del 2 agosto 1980, la più grave e sanguinosa della storia italiana.

Lo studio di Aviva Guttmann

Benché non se ne sia parlato in Italia, consideriamo estremamente importante il recente lavoro della storica svizzera Aviva Guttmann 1, sulle origini dell’anti-terrorismo nel suo Paese.

La Guttmann ha infatti potuto esaminare i file dell’Archivio federale svizzero a Berna, dove ha trovato una documentazione rilevante proprio sul Club di Berna, fino ad ora del tutto sconosciuta al pubblico ed agli studiosi.

Il primo dato che la Guttmann evidenzia è che questo organismo è da sempre costituito, fin dall’origine, datata in genere al gennaio 1969, in maniera non istituzionale, come una «associazione dei capi delle agenzie di sicurezza e di intelligence di nove Paesi dell’Europa occidentale»: precisamente Belgio, Danimarca, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi bassi, Svizzera, Regno Unito, Germania Occidentale.

Dal 1971, vi si aggiungono anche Israele e gli Stati Uniti, cui fanno seguito Canada, Australia, Irlanda, Svezia, Norvegia, Austria, e, dopo la caduta del regime di Francisco Franco, la Spagna.

La Guttmann si è concentrata su di un aspetto certamente fondamentale dell’attività del Club di Berna, vale a dire il contrasto al terrorismo palestinese, in particolare rispetto ai dirottamenti aerei, che avevano per la prima volta coinvolto la Svizzera in quegli anni, in dipendenza dalla lotta armata intrapresa dai movimenti palestinesi contro l’occupazione israeliana, in Medio Oriente.

Il Club non è quindi solo un punto di incontro personale fra i più alti esponenti dei servizi segreti occidentali, ma dà vita ad un sistema coordinato di scambio di informazioni riservatissime sui terroristi palestinesi e sui loro sostenitori: informazioni che vengono raccolte e condivise con i servizi israeliani Shin Beth e Mossad, nonché con l’FBI statunitense, attraverso un sistema multicanale (anche l’Italia aveva un suo canale dedicato) di telex crittografati – denominato Kilowatt.

Ad esso poi, almeno a partire dal 1974, si aggiunge anche il sistema Megaton, destinato, si noti, ad occuparsi in modo specifico del terrorismo non palestinese: su di esso purtroppo la Guttmann non si intrattiene, nonostante sia una novità assoluta la notizia della sua stessa esistenza.

Violazione della neutralità elvetica

Fortemente orientata agli aspetti giuridico-legali, piuttosto che a quelli della storia dell’intelligence e del terrorismo, la studiosa mette in rilievo due aspetti importanti per la Svizzera, ma non solo.

In primo luogo il fatto che «ad oggi, né il pubblico né il parlamento o altri dipartimenti sono stati informati dell’esistenza, per non parlare della portata, delle pratiche di questo scambio fra servizi segreti».

Il secondo, ancor più importante: il netto contrasto fra la neutralità formale della Confederazione Elvetica e la partecipazione al Club di Berna. Osserva infatti la Guttmann che il Club di Berna non può che essere visto

«come un tacito supporto alla guerra indiretta di Israele contro i Palestinesi, che erano sostenuti dagli Stati arabi e dall’Unione Sovietica. In questo senso, possiamo considerare il Club di Berna come una piattaforma per cooperare con Israele e sostenerlo, pur mantenendo intatte le relazioni con l’Unione Sovietica, gli Stati Arabi e quelli del Terzo Mondo, dal momento che nessuno di loro ne sarebbe mai stato a conoscenza».

Così facendo, dunque, la Svizzera ha di fatto assunto una posizione non più neutrale nella Guerra Fredda, violando quindi, osserva la Guttmann, uno dei suoi fondamentali principi nelle relazioni internazionali.

Club di Berna e strategia della tensione

Per quanto concerne le implicazioni per la storia della strategia della tensione italiana, ciò che a noi più interessa in questa sede, lo studio appare di notevole importanza per alcuni punti fondamentali:

– in primo luogo, esso conferma l’esistenza, l’ampiezza e l’importanza che il Club di Berna nel contesto degli anni Settanta e oltre, a livello europeo, senza che quindi si possa più sottovalutare quanto D’Amato aveva affermato allusivamente nel 1992;

– in secondo luogo, si ha, per la prima volta, indiscutibile certezza del ruolo determinante che lo Stato di Israele ha avuto, di concerto con gli Stati Uniti, nell’orientare tutte le attività anti-terroristiche dei Paesi dell’Europa occidentale negli stessi anni;

– in terzo luogo, apprendiamo che è esistito da allora un sistema centralizzato di scambio di informazioni (comprendente quindi schedatura di persone, organizzazioni ed eventi) relativo a gruppi terroristici, o presunti tali, non direttamente connessi con il terrorismo palestinese: la struttura informativa, come abbiamo visto, denominata Megaton.

Sarebbe certo di grande interesse a questo punto che fossero resi pubblici i verbali delle riunioni del Club di Berna, che si svolgevano con regolare cadenza, almeno due volte l’anno, a quanto risulta dallo studio citato. La loro importanza è dimostrata dai due soli di essi di cui si ha notizia da altre fonti.

«Particolarmente significativo (…) è un appunto che D’Amato scrisse nel febbraio del 1969, a margine di una riunione del Club di Berna interamente incentrata su un’analisi dell’azione dei nascenti movimenti di estrema sinistra. Secondo D’Amato, infatti, durante la riunione il rappresentante della polizia tedesca avrebbe sostenuto che, “almeno all’origine”, nello sviluppo dei gruppi extraparlamentari di sinistra, vi sarebbe stata l’azione occulta di “qualche servizio segreto americano [non l’Fbi, ha precisato il delegato tedesco, facendo con questo una pesante allusione alla Cia], che ha finanziato elementi estremisti in campo studentesco» 2.

Il secondo verbale di cui sappiamo qualcosa è quello ricordato, sulla base di informazioni a sua disposizione, da Regine Igel nel suo libro Terrorjahre, Die dunkle Seite der CIA in Italien: esso, riferendo i contenuti di una riunione del Club di Berna tenuta a Colonia nel 1973, affermava che

«è necessario un nuovo tipo di confidenti nelle organizzazioni estremiste, che diventeranno anche attivi, che dovranno diventare il motore della violenza, per raggiungere la leadership delle organizzazioni, per esempio l’estrema sinistra o la destra».

Entrambi i due documenti mostrano un volto del Club di Berna che è ben diverso da quello di un puro sistema di raccolta e condivisione di informazione: si tratta di un punto nodale del sistema di sicurezza e di intelligence occidentale, nel quale sono evidentemente impostate strategie di infiltrazione, deception, provocazione, strumenti ben collaudati nella strategia della tensione italiana.

Qualcosa che rientra appieno nell’inquietante immagine con la quale D’Amato concludeva la sua intervista nel 1992, mostrando gli automi settecenteschi da lui collezionati.

Club di Berna e CGT oggi

Ancora più irrinunciabile ci sembra questa esigenza nel momento in cui apprendiamo che Federico Umberto D’Amato potrebbe essere stato il mandante-organizzatore della strage di Bologna, con ogni probabilità per coprire la strage di Ustica, un’esigenza essenziale per l’Italia e per la NATO nel 1980, in un periodo fra l’altro caratterizzato da un livello di tensione altissimo in tutta l’area mediterranea e mediorientale.

Se il Club di Berna, senza essere sottoposto ad alcun tipo di controllo, coordinava, come appare da quanto abbiamo appena riportato, attività come quelle indicate, è oggi fondamentale richiedere a livello italiano ed europeo che vengano resi noti i documenti relativi al passato di questo organismo: ma ciò è ancora più importante, in quanto il Club di Berna non soltanto è ancora attivo, ma ha acquisito nel tempo un potere ed un’estensione ancora maggiore.

Sappiamo infatti, che il Club di Berna non è scomparso nel nulla. Al contrario: esso ha generato dapprima un ulteriore organismo, denominato TREVI (forse acronimo per Terrorismo, Radicalismo, Estremismo, Violenza Internazionale), che sarebbe gemmato dal Club di Berna, nel dicembre 1975, in una riunione, come sempre informale, tenutasi a Roma. Un altro organismo della cui attività si sa pochissimo e del quale sarebbe fondamentale acquisire la relativa documentazione, trattandosi di un decennio fondamentale per la storia segreta dell’Italia.

Parliamo con ragionevole certezza della continuità del lavoro del Club di Berna fino ad oggi, in quanto, ad esempio, in un documento di un gruppo di studio civile-militare pubblicato dall’Istituto Alti Studi per la Difesa, facente parte del Centro Alti Studi per la Difesa italiano, intitolato La condivisione d’intelligence per finalità di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale nell’Unione Europea. Una cooperazione ulteriormente rafforzata è utile e possibile? 3, si dà per pacifica l’esistenza ancora oggi, con un ruolo preminente, del Club di Berna.

Ma sappiamo anche che, dopo l’attacco alle Twin Towers del settembre 2001, il Club di Berna ha costituito, come propria costola, il Counter Terrorism Group (CTG) il quale ha operato ed ancora opera, sempre in maniera indipendente, agendo anche come consulente esterno dell’organismo dell’Unione Europea preposto all’intelligence ed all’antiterrorismo, lo European External Action Service (EEAS).

L’Ufficio di Polizia Federale della Confederazione Elvetica, infatti, in un suo comunicato del 28 aprile 2004, rendeva noto quanto segue:

«I responsabili dei servizi di sicurezza e intelligence degli Stati Membri della UE, più quelli di Norvegia e Svizzera, si incontrano periodicamente per discutere questioni di intelligence e sicurezza. Questo gruppo è noto come il Club di Berna. Esso ha tenuto il suo più recente incontro il 21 aprile in Svizzera, per discutere dell’attuazione degli obiettivi della Dichiarazione del Consiglio Europeo sulla lotta al Terrorismo, che ha fatto seguito agli attacchi di Madrid lo scorso marzo.

L’incontro ha portato alla decisione che il Counter Terrorist Group (CTG), creato dal Club di Berna, dovrebbe operare come interfaccia tra l’UE e i capi dei servizi di sicurezza e intelligence degli Stati Membri in materia di terrorismo. Il CTG svolgerà quindi pienamente il ruolo di porre in atto le decisioni più importanti della Dichiarazione dei Consiglio Europeo sulla lotta al terrorismo.

Il CGT è stato costituito nel settembre 2001. Da allora ha fornito, ai decisori politici chiave della UE, valutazioni sulle minacce in atto. Queste valutazioni si basano su informazioni fornite dai servizi membri, che hanno accesso a tutta la massa di informazioni (intelligence) rilevanti. Il CGT costituisce anche un forum per gli esperti per sviluppare una collaborazione operativa e la comprensione della minaccia terroristica.

Dal 1° maggio 2004, i servizi di sicurezza e intelligence dei 10 Stati di nuova accessione prenderanno parte al CGT come membri a pieno titolo».

Nel contesto della mobilitazione mondiale contro il terrorismo, il CTG, quale branca dell’ancora esistente Club di Berna, diventa dunque la struttura di raccordo di tutti i Paesi europei, incluse Svizzera e Norvegia.

Non è ancora tutto. Nel 2015, dopo l’attacco terroristico di Parigi, su iniziativa olandese, il CGT ed il Club di Berna hanno costituito una «piattaforma operativa», attiva a partire dal 1° luglio 2016, basata a L’Aja, che fornirebbe informazioni coordinate ai Paesi membri.

Le sue attività sono totalmente coperte da segreto e non esiste quindi alcun tipo di controllo su questi organismi, cosa questa che ha suscitato comprensibili perplessità in diversi commentatori – nel totale silenzio dell’Italia.

Rendere pubblici i documenti del Club di Berna

Dato che, nel corso di questa dell’estate 2020, è stata ovunque enfatizzata l’esigenza di verità sulle due drammatiche stragi italiane di quarant’anni fa, quella di Ustica e quella di Bologna, a noi sembra opportuno evidenziare l’importanza delle risultanze relative al Club di Berna.

È infatti necessario chiarire, per quanto riguarda il passato, in che misura il Club di Berna, con personaggi del calibro del prefetto D’Amato al suo interno, abbia svolto un ruolo nelle strategie della “destabilizzazione per stabilizzare”.

Per il presente ed il futuro, senza che vengano prima chiariti i dubbi che legittimamente sorgono, alla luce di quanto abbiamo qui sintetizzato, sull’operato e sul potere di questi organismi che sfuggono al controllo democratico, non è possibile accettare che essi siano ancora oggi preposti alla nostra cosiddetta “sicurezza”.

Occorre dunque chiedere che la documentazione in possesso di questi organismi venga resa pubblica, quanto meno quella relativa al periodo 1969-2001.

Questo è il nostro appello, al quale crediamo che almeno le associazioni dei familiari delle vittime delle stragi italiane non possano che associarsi.

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Note
  1. A. Guttmann, The Origins of International Counterterrorism Switzerland at the Forefront of Crisis Negotiations, Multilateral Diplomacy, and Intelligence Cooperation (1969–1977), Leiden, The Netherlands, Boston, Brill, 2018
  2. G. Pacini, Il cuore occulto del potere – Storia dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, Nutrimenti, Roma, 2010, p. 86
  3. 67ª sessione ordinaria, 15ª sessione speciale, anno accademico 2015 – 2016.