Il Senato Usa boccia il trattato di Versailles, 19 novembre 1919

Il trattato imposto alla Germania a Versailles nel giugno del 1919, doveva essere ratificato dagli Stati firmatari, tra cui gli Usa. Per far ciò, era necessario il voto favorevole del Congresso americano, ma qui Woodrow Wilson si trovò davanti alla netta opposizione dei repubblicani. Il leader della maggioranza al Senato, Henry Cabot Lodge, repubblicano del Massachusetts, guidava tale opposizione, in particolare contestando la sezione relativa alla costituzione della Società delle Nazioni.

I repubblicani Usa contro la Società delle Nazioni

Lodge sosteneva che gli Stati Uniti stavano cedendo troppo potere a questo organismo internazionale, ragion per cui elaborò 14 emendamenti – in chiara polemica coi Quattordici Punti di Wilson – per ridurre il controllo che la Società delle Nazioni avrebbe avuto sugli Stati Uniti. Ma vi era anche una fazione del Senato, conosciuta come gli “irreconciliabili”, guidati dal senatore William Borah, che si opponeva incondizionatamente al Trattato.

Il 19 novembre 1919, il Senato discusse il trattato. Borah tenne un appassionato discorso di ben due ore in cui dichiarò che, accettando il trattato, «Stiamo rinunciando ed abbandonando, una volta per tutte, la grande politica contraria a qualsiasi “alleanza vincolante” su cui si è fondata la forza di questa Repubblica per centocinquanta anni».

Il Senato mise ai voti il trattato, dapprima su di una mozione contenente i 14 emendamenti di Lodge. Wilson ordinò ai suoi sostenitori di votare contro quella versione e, con gli irreconciliabili che votavano anch’essi contro, il testo non raggiunse la maggioranza dei due terzi, con un voto contrario di 55 a 39. Un secondo voto, su una versione senza modifiche, ottenne 53 voti contrari e 38 a favore, questa volta con i repubblicani di Cabot e gli inconciliabili affiancati nell’opporsi.

L’internazionalismo di Wilson sconfitto

Il Senato riconsiderò il trattato con modifiche, il 19 marzo 1920, ma il voto, 49 contro e 35 a favore, non raggiunse comunque la maggioranza dei due terzi, necessaria per l’approvazione. Il New York Times riferì: «Dopo che la sessione si è conclusa, i senatori di entrambe le parti si sono uniti nel dichiarare che a loro avviso il trattato è ormai morto e sepolto».

Invece di ratificare il Trattato di Versailles, nel 1921 il Congresso approvò una risoluzione, nota come Risoluzione Knox-Porter, per porre fine ufficialmente alla guerra con la Germania, dato che un trattato di pace non era stato mai formalmente concluso fra i due belligeranti.

Se il cosiddetto “interventismo democratico” wilsonista subiva così una cocente battuta di arresto, la pur fortissima e popolarissima opposizione a futuri interventi in Europa che si sviluppò fra le due guerre, ed ebbe per protagonisti personaggi di grande prestigio come il trasvolatore Charles Lindbergh, non sarebbe bastata a contrastare la volontà di Franklin Delano Roosevelt di intervenire nel secondo conflitto mondiale.

Una lezione questa da non dimenticare ogni volta che si sente parlare di neo-isolazionismo americano.

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