Due anni di guerra in Europa

In questi due anni di conflitto fra Russia e Ucraina, non si è fatto altro che parlare di fake news e di disinformazione. Telegiornali e quotidiani, intanto, si sono ogni giorno riempiti di notizie che avevano ed hanno il sapore di pura propaganda: vivendo in un Paese occidentale, ovviamente, questa propaganda è stata sviluppata costantemente in senso anti-russo.

Abbiamo pensato sia giusto e necessario mettere semplicemente in fila alcuni punti che la propaganda del mainstreaming occidentale dimentica di ricordare, e che un buon europeo, invece, non deve dimenticare.

1. Motivazione della guerra

Secondo la propaganda occidentale, l’aggressione di Putin dimostra la volontà della Russia di conquistare l’Ucraina, e quindi rappresenta un minaccia diretta per l’Occidente.

Non è così: risulta oramai evidente che Putin ha concepito l’intervento militare come una operazione speciale il cui scopo era, in prima battuta, il rovesciamento del regime di Zelensky; contemporaneamente, l’acquisizione delle province russofone del Donbass, che l’Ucraina ha tenuto per lunghi anni in condizioni di guerra civile (2014-2022). Mentre il primo obiettivo della Russia è chiaramente fallito, per ragioni di cui si occuperanno gli storici, il secondo, almeno fino ad oggi, è stato raggiunto.

2. Strategia militare russa

Rimasticando l’antica propaganda anticomunista del rullo compressore russo, si è continuato a ripetere che la Russia intende distruggere sistematicamente l’Ucraina: popolazione, infrastrutture, fabbriche, ecc.

Un’interpretazione risibile: la Russia non ha alcun interesse a distruggere i territori che ha occupato, semplicemente perché, in caso di vittoria, toccherebbe a lei ricostruirli. Inoltre, non ha alcun interesse a far morire di fame e di stenti la popolazione, in larghissima prevalenza filo-russa, che dichiara di aver liberato, privandola di strade, scuole, ospedali, linee di comunicazione, risorse agricole e industriali.

È oggi evidente che la Russia non ha mai impiegato finora tutto il proprio potenziale militare, adottando una strategia di guerra limitata, non di guerra totale (per intendersi quella da tutti adoprata nel corso della Seconda Guerra Mondiale): il non averlo fatto è proprio ciò che un certo Prigogyn rimproverava a Putin. Sappiamo tutti la fine che ha fatto…

3. Controffensiva ucraina

La controffensiva dell’Ucraina, che doveva imporre alla Russia l’abbandono dei territori conquistati nel Donbass, nel corso della primavera/estate del 2023, è strategicamente e tatticamente fallita, nonostante la profluvie di armi, munizioni, addestramento militare, supporto di intelligence, largamente forniti, in modo sia ufficiale che coperto, da numerosi Paesi occidentali, tra cui l’Italia.

La Russia non solo ha tenuto, ma, nel corrente inverno, ha poco a poco addirittura riguadagnato i (pochi) terreni perduti fino ad allora. Per chi ha ancora dei dubbi, consigliamo di monitorare il sito Understandingwar, espressione dei servizi di informazione militare britannici, non sospettabili crediamo di derive filo-putiniane: esso mostra quotidianamente avanzate e ritirate dei due contendenti sul terreno.

4. Demografia e renitenza in Ucraina

L’insuccesso ucraino sul campo ha messo spietatamente in luce quali sono i punti strutturali della debolezza ucraina: una situazione demografica in costante calo; la difficoltà del reclutamento e addestramento dei propri soldati; l’elevato numero (soprattutto di giovani) renitenti o disertori. Il che mostra anche che il conflitto non è così popolare come Zelensky vorrebbe far credere a noi occidentali. Il che pone una domanda fondamentale: veramente gli Ucraini non accetterebbero una soluzione negoziata del conflitto, che lasciasse alla Russia le regioni da essa rivendicate, magari in cambio di una pace che garantisse l’indipendenza ucraina e magari finanziasse a spese della Russia la sua ricostruzione?

5. Ucraina democratica?

Quando Zelensky afferma che sta combattendo la guerra per difendere le democrazie europee, dovremmo come minimo sorridere. Si vada a vedere nei dettagli come è praticata la democrazia in Ucraina: elezioni sospese, partiti sciolti, oppositori imprigionati.

Corretto obiettare che certo la Russia non vanta un pedegree migliore. Ma questo non consente ai nostri maestrini mediatici di prenderci in giro tacendo le modalità di gestione della cosa pubblica in Ucraina: a partire dalla concentrazione di interessi privati e pubblici nelle mani di pochi privilegiati, con la corruzione che ne deriva, per la quale, come si è appreso anche di recente, i nostri conclamati aiuti militari finivano all’estero, riempiendo la tasche di qualche alto funzionario governativo.

6. Sanzioni alla Russia

È oggi conclamato che le sanzioni contro la Russia, che per mesi la propaganda occidentale ha presentato come capaci di provocare il crollo del sistema economico-politico di Putin, non solo non hanno raggiunto, almeno fino ad oggi, questo risultato: al contrario, a quanto pare, stanno fornendo alla Russia un’occasione unica non solo di sviluppare una gestione “autarchica” della propria economia, ma anche e soprattutto di costruire una rete mondiale di rapporti economici, che la pongono oggi alla testa di tutti quei Paesi del sud del mondo scontenti del neo-colonialismo occidentale. Per tacere di quei Paesi filo-occidentali (Turchia, Qatar, India, Brasile) che zitti zitti sviluppano attive e lucrose triangolazioni per aggirare le sanzioni, e che nessuno tocca perché sono troppo importanti anche per l’Occidente.

7. Armi e munizioni all’Ucraina

Gli specialisti militari stanno scrivendo ovunque, al di qua e aldilà dell’Atlantico, che le scorte di armi e munizioni alleate, prosciugate dai poderosi aiuti militari all’Ucraina, richiedono oggi anni per esser ricostituite, e soprattutto consistenti investimenti nello sviluppo di una industria bellica ad elevata produttività.

Ciò comporta una riorganizzazione dei sistemi produttivi occidentali, nella direzione di quella che si chiamava un tempo economia di guerra. Una riorganizzazione che potrebbe presto porre la classica alternativa: burro o cannoni? Questa alternativa interesserà in particolare l’Europa, perché gli Usa, impegnati in Medio Oriente e in Asia Orientale, non intendono più impoverire le proprie scorte per una guerra europea.

Siamo tutti d’accordo sul voler riconvertire i nostri sistemi produttivi per la guerra, dopo avere blaterato per decenni di pace nel mondo, per prolungare questo conflitto, anziché cercare di ottenere una pace giusta e duratura?

8. Attacco al North Streaming

Se si è oggi minimamente in buona fede, risulta evidente che i mandanti, se non gli autori materiali, del sabotaggio al North Streaming stanno negli Stati Uniti d’America: lo hanno scritto e documentato giornalisti statunitensi. Ma Biden stesso lo aveva promesso, in una oramai celebre conferenza stampa, nel significativo silenzio del cancelliere tedesco che era con lui.

Non staremo qui a criticare la ridda di menzogne che i media italiani ci hanno propinato per mesi su questo tema, senza mai fare autocritica quando poi le evidenze in contrario sono diventate schiaccianti.

Quello che conta davvero è che questo incidente dimostra il nocciolo epocale del conflitto: non interessa affatto difendere l’Europa contro la minaccia russa – si tratta della strategia perseguita da sempre nel secondo dopoguerra, di evitare che l’Europa divenisse amica o addirittura alleata della Russia. Questa è la vera ragione dell’ostilità statunitense al buon funzionamento dello scambio energia contro prodotti e valute europei, che ha favorito i buoni rapporti fra Paesi europei e Russia per decenni. Si tratta quindi di una guerra che serve a creare un conflitto permanente tra Europa e Russia: nonostante quest’ultima sia storicamente parte dell’Europa, non dell’Asia. Il mondo slavo è infatti una delle tre anime costitutive (storicamente, culturalmente, etnicamente) dell’Europa, insieme a quella germanica e neolatina.

9. Ruolo della Nato

L’allargamento della Nato, pervicacemente voluto e attuato dal mondo atlantico, è la riprova di quanto appena detto. Dopo la caduta del comunismo (1989-1991), non esisteva più una reale minaccia da est in Europa: il Patto di Varsavia era dissolto, i Paesi orientali europei ridotti alla miseria e politicamente irrilevanti. Era giunto il momento di pensare ad una vera unificazione del continente, che avrebbe potuto costituire un elmento di stabilità, sicurezza, progresso a livello mondiale.

L’ostinazione con cui gli strateghi atlantici hanno invece perseguito la trasformazione della Nato in una sorta di gendarme mondiale, ha impedito che si aprisse la via a quel processo, che, se realizzato, avrebbe evitato guerre come quella attuale; avrebbe permesso all’Ucraina di realizzare la sua vera vocazione storica, che è proprio quella di essere ponte fra Europa e Russia; avrebbe reso impensabile lo scontro che si profila tra Usa e Cina, avendo l’Europa la possibilità di porsi come elemento equilibratore tra le due aree, quella atlantica e quella pacifica, di possibile tensione.

Avere contrastato questa soluzione, spingendo la Nato minacciosamente verso la Russia, per fomentare uno scontro con questo Paese e impedendo così una unificazione europea integrale è una responsabilità di prima grandezza in capo ai Paesi anglosassoni difronte al futuro ed alla storia.

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