La lunga marcia biotech in agricoltura

Il dibattito sui vaccini, legato all’emergenza Covid, ci sta facendo dimenticare le molte altre questioni fondamentali nelle quali sono drammaticamente in gioco i rapporti fra scienza, tecnologia e natura: il fatto che la transizione verde di cui tanto si parla stia tirando nuovamente fuori dal cassetto il nucleare, per esempio; oppure, la silenziosa ma continua avanzata del biotech in agricoltura – un tema che sembra passato di moda, nonostante la sua importanza per il futuro degli equilibri ecologici del nostro pianeta.

Siamo quindi grati all’editore della prestigiosa Rivista della Natura per averci concesso di ripubblicare qui integralmente il recente articolo che segue, che fa efficacemente il punto su uno degli aspetti meno noti dell’avanzata delle biotecnologie nel settore agricolo, soprattutto nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo.

I farmaci genetici si fanno strada anche tra gli insetticidi

Il grande uso di insetticidi per proteggere dagli insetti le colture intensive ha fatto sì che negli ultimi decenni molti insetti si siano geneticamente adattati per diventare meno sensibili all’azione degli insetticidi.

In Africa, per esempio, dove l’irrorazione è l’arma principale nella lotta contro la malaria, molte specie di zanzare hanno sviluppato una resistenza agli insetticidi che riduce l’efficacia di questi interventi.

University of California di San Diego hanno sviluppato un farmaco genetico, che sfrutta una tecnologia analoga a quella del vaccino contro il Covid e che interviene con un “editing” per sostituire un gene resistente agli insetticidi nei moscerini della frutta con uno sensibile ai pesticidi.

Lo studio è stato pubblicato in Nature Communications. I ricercatori Bhagyashree Kaduskar, Raja Kushwah del Tata Institute for Genetics and Society (TIGS), in India, e il professor Ethan Bier, professore di biologia cellulare e dello sviluppo nella divisione di scienze biologiche della UC San Diego, sostengono che: «Questa tecnologia potrebbe anche essere usata per creare una variante genetica nelle zanzare che le renda refrattarie alla trasmissione della malaria».

Le modifiche genetiche sperimentate sugli insetti sono molto avanzate e permettono di trasmettere alla prole i nuovi geni creati artificialmente: i ricercatori hanno usato un tipo modificato di gene-drive, una tecnologia che utilizza CRISPR/Cas9 per tagliare i genomi in siti mirati, per diffondere geni specifici in una popolazione. Quando un genitore trasmette elementi genetici alla sua prole, la proteina Cas9 taglia il cromosoma dell’altro genitore nel sito corrispondente e l’informazione genetica viene copiata in quella posizione, in modo che tutta la prole erediti il tratto genetico.

Le buone intenzioni della ricerca

Gli scopi dichiarati di questa manipolazione genetica sono sostanzialmente due, entrambi con un valore “etico” che ne giustifica l’impiego.

Il primo motivo è che gli insetticidi giocano un ruolo centrale negli sforzi per contrastare l’impatto della malaria diffusa dalle zanzare e di altre malattie, che causano circa 750.000 morti ogni anno.

Il secondo è che introducendo nell’ambiente insetti più sensibili agli insetticidi, si potrebbero utilizzare quantità minori di insetticidi per controllare i parassiti nelle coltivazioni.

L’inferno è lastricato di buone intenzioni

Come recita la saggezza popolare nel noto proverbio, i dubbi sull’utilizzo di una tecnologia genetica così invasiva e dagli effetti incontrollabili sono molti.

Innanzitutto si interviene sull’effetto (la resistenza agli insetticidi) e non sulla causa, ovvero le colture intensive e l’abuso di antiparassitari per proteggere varianti di sementi OGM, sempre meno adatte a sopravvivere nell’ambiente naturale.

Inoltre, come avviene già ora per le sementi OGM, con il monopolio e il brevetto su questo farmaco si andrebbe a incrementare il controllo economico e strategico delle grandi multinazionali agricole sulla produzione alimentare, a danno dei piccoli agricoltori indipendenti.

Investimenti e progetti della tanto decantata transizione ecologica dovrebbero essere indirizzati verso lo sviluppo della lotta biologica in agricoltura, del ripristino delle condizioni naturali, dell’aiuto alla piccola agricoltura che presidia il territorio come ecosistema complessivo.

Per quanto riguarda la malaria, è davvero poco credibile che un farmaco genico dal costo di centinaia di milioni di euro di sviluppo e produzione venga indirizzato per il benessere delle popolazioni africane e non sulle redditizie distese di mais e soia delle coltivazioni intensive.

Migliaia di villaggi in Africa non hanno acqua pulita potabile e il minimo standard sanitario, per i quali basterebbero interventi ben più semplici ed economici rispetto a una mutazione genetica di massa di un’intera popolazione d’insetti.

La finalità filantropica appare come una foglia di fico per coprire gli interessi dell’industria agroalimentare.

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