Il Grande Reset: che cos’è?

Paradosso nel paradosso: i vincitori della Seconda Guerra mondiale, il cui argomento propagandistico centrale era la lotta contro il totalitarismo, nonostante una singolare e piuttosto contradditoria alleanza con l’Unione Sovietica – si trovano oggi ad affrontare la spinosa questione del Grande Reset, il totalitarismo del “capitalismo comunista” per usare il termine coniato da Agamben.

A clarissa.it piacciono queste contraddizioni dentro le ideologie, proprio perché noi abbiamo invece nelle nostre teste libere idee ma non ideologie. Per questo abbiamo pensato di tradurre una veramente interessantissima conferenza di un intellettuale conservatore e neoliberista americano dall’imponente curriculum di studi e di pubblicazioni, il prof. Michael Rectenwald: lo scorso 7 novembre, egli ha tenuto una pubblica conferenza, sul tema appunto del Grande Reset, negli Usa, dove evidentemente è ancora possibile, a differenza dell’Italia, parlare in contro-tendenza.

Non è detto ovviamente che tutto quello che Rectenwald ha detto ci trovi d’accordo, ma è sicuramente espressione di un libero pensiero, ben argomentato e ben documentato. Siamo certi che, indipendentemente dalle ideologie, anche i nostri lettori lo apprezzeranno.

La traduzione è a cura di Gaetano Colonna; il testo originale è leggibile qui. Tutti eventuali diritti sono riservati all’Autore.

Cos’è il Grande Reset?

di Michael Rectenwald – Chief Academic Officer, American Scholars

Michael Rectenwald è il direttore accademico di American Scholars. Ha una laurea presso l’Università di Pittsburgh, un master presso la Case Western Reserve University e un dottorato di ricerca in studi letterari e culturali presso la Carnegie Mellon University. Ha insegnato alla New York University, alla Duke University, alla North Carolina Central University, alla Carnegie Mellon University e alla Case Western Reserve University. È autore di numerosi libri, tra cui Nineteenth-Century British Secularism: Science, Religion and Literature.; Google Archipelago: The Digital Gulag and the Simulation of Freedom; Beyond Woke; e Thought Criminal.

Quanto segue è adattato da un suo discorso, tenuto all’Hillsdale College, il 7 novembre 2021, durante una conferenza del Center for Constructive Alternatives sul tema “The Great Reset”.

Il Grande Reset è una teoria complottista che immagina un vasto complotto di sinistra per stabilire un governo totalitario mondiale? No. Nonostante il fatto che alcune persone possano aver inventato teorie del complotto basate su di esso, con qualche ragione, come vedremo, il Grande Reset è reale.

Infatti, proprio l’anno scorso, Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum (WEF), una famosa organizzazione composta dalle élite politiche, economiche e culturali del mondo che si riunisce ogni anno a Davos, in Svizzera, e Thierry Malleret, co-fondatore e autore principale del Monthly Barometer, hanno pubblicato un libro intitolato COVID-19: The Great Reset. Nel libro, definiscono il Great Reset come un mezzo per affrontare le “debolezze del capitalismo”, che sono state presumibilmente smascherate dalla pandemia di COVID.

Ma l’idea del Grande Reset risale a molto più indietro. Può essere fatta risalire almeno agli esordi del WEF, originariamente fondato come European Management Forum, nel 1971. Nello stesso anno, Schwab, ingegnere ed economista di formazione, pubblicò il suo primo libro, Modern Enterprise Management nel periodico Mechanical Engeneering. È stato in questo libro che Schwab ha introdotto per la prima volta il concetto che in seguito avrebbe chiamato “capitalismo dei portatori di interesse”, sostenendo «che la gestione di un’impresa moderna deve servire non solo gli azionisti, ma tutte le parti interessate, per ottenere crescita e prosperità a lungo termine». Da allora Schwab e il WEF hanno promosso l’idea del capitalismo degli stakeholder 1. Possono prendersi il merito della retorica e delle politiche degli stakeholder e del partenariato pubblico-privato abbracciate da governi, società, organizzazioni non governative e organismi di governance internazionale in tutto il mondo.

Il termine specifico Grande Reset è entrato in circolazione più di un decennio fa, con la pubblicazione di un libro nel 2010, The Great Reset, dello studioso americano di studi urbanistici Richard Florida. Scritto all’indomani della crisi finanziaria del 2008, il libro di Florida sosteneva che il crollo economico del 2008 è stato l’ultimo di una serie di grandi reset, tra cui la lunga depressione negli anni Settanta dell’Ottocento e la Grande Depressione degli anni Trenta del Novecento, che egli ha definito «innovazione sistemica per modificare i paradigmi».

Quattro anni dopo la pubblicazione del libro di Florida, all’incontro annuale del WEF del 2014, Schwab ha dichiarato: «Quello che vogliamo fare a Davos quest’anno (…) è premere il pulsante di reset», e successivamente l’immagine di un pulsante di ripristino è apparsa sul sito Web del WEF.

Nel 2018 e nel 2019, il WEF ha organizzato due eventi che sono diventati l’ispirazione principale per l’attuale progetto del Great Reset e anche, per ovvi motivi, nuovo alimento per i teorici della cospirazione. (Non incolpate me di quest’ultima: tutto ciò che sto facendo è riferire i fatti.)

Nel maggio 2018, il WEF ha collaborato con il Johns Hopkins Center for Health Security per condurre CLADE X 2, simulazione di una risposta nazionale ad una pandemia. Nello specifico, l’esercitazione ha simulato la diffusione di un nuovo ceppo di un virus para-influenzale umano, con elementi genetici del virus Nipah 3, chiamato appunto CLADE X. La simulazione si è conclusa con un rapporto in cui si affermava che, di fronte al CLADE X, senza vaccini efficaci, «gli esperti ci dicono che alla fine potremmo vedere da 30 a 40 milioni di morti negli Stati Uniti e più di 900 milioni in tutto il mondo, il dodici per cento della popolazione mondiale». Chiaramente, la preparazione per una pandemia globale era in corso d’opera.

Nell’ottobre 2019, il WEF ha collaborato con la John Hopkins e la Bill & Melinda Gates Foundation a un’altra esercitazione sulla pandemia, Event 201, che ha simulato una risposta internazionale allo scoppio di un nuovo coronavirus. Ciò è avvenuto due mesi prima che l’epidemia di COVID in Cina facesse notizia e cinque mesi prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità la dichiarasse pandemia, e assomigliava molto al futuro scenario COVID, inclusa l’incorporazione dell’idea di una sua diffusione asintomatica.

Le simulazioni CLADE X e Event 201 hanno anticipato quasi ogni aspetto dell’attuale crisi COVID: in particolare le risposte di governi, agenzie sanitarie, media, aziende tecnologiche e della gente comune. Le risposte ed i loro effetti includevano chiusure a livello mondiale, il crollo di aziende e industrie, l’adozione di tecnologie di sorveglianza biometrica, l’enfasi sulla censura dei social media per combattere la “disinformazione”, la saturazione di social e media con “fonti autorevoli”, rivolte diffuse, disoccupazione di massa.

Oltre ad essere promosso come risposta al COVID, il Great Reset è promosso come risposta al cambiamento climatico. Nel 2017, il WEF ha pubblicato un documento intitolato We need to reset the global operating system to achieve the SDGs. Here’s how. Il 13 giugno 2019, il WEF ha firmato un Memorandum d’intesa con le Nazioni Unite per formare una partnership per far avanzare l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Poco dopo, il WEF ha pubblicato il Quadro di partenariato strategico del Forum economico mondiale delle Nazioni Unite per l’Agenda 2030, promettendo di contribuire a finanziare l’agenda delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e impegnando il WEF a supportare le Nazioni Unite nel «soddisfare i bisogni della Quarta Rivoluzione Industriale», inclusa la fornitura di risorse e di competenze per la governance digitale.

Nel giugno 2020, in occasione della sua 50a riunione annuale, il WEF ha annunciato il lancio ufficiale del Great Reset e un mese dopo Schwab e Malleret hanno pubblicato il loro libro su COVID e Grande Reset. Il libro ha sostenuto che il COVID rappresenta una «opportunità [che] può essere colta»; che «dobbiamo sfruttare questa opportunità senza precedenti per re-immaginare il nostro mondo»; che «occorre cogliere l’attimo per sfruttare questa opportunità unica»; e che «[per] coloro che sono abbastanza fortunati da trovarsi in settori “naturalmente” resilienti alla pandemia» – si pensi alle aziende Big Tech come Apple, Google, Facebook e Amazon – «la crisi non solo è stata più sopportabile, ma è stata anche una fonte di opportunità redditizie in un momento di difficoltà per la maggior parte degli altri».

Il Grande Reset mira ad inaugurare uno sconcertante amalgama economico – il capitalismo degli stakeholder di Schwab – che io ho chiamato “comunismo aziendalista” ed il filosofo italiano Giorgio Agamben ha chiamato “capitalismo comunista”.

In breve, il capitalismo degli stakeholder implica la modifica del comportamento delle società a beneficio non degli azionisti, ma degli stakeholder: individui e gruppi che trarranno vantaggio o subiranno perdite dalla condotta delle aziende. Il capitalismo delle parti interessate (stakeholder) richiede non solo risposte aziendali alle pandemie ed ai problemi ecologici come il cambiamento climatico, «ma anche ripensare gli impegni [delle società] nei confronti delle comunità già vulnerabili all’interno dei loro ecosistemi». Questo è l’aspetto della “giustizia sociale” del Grande Reset. Per ottemperare a ciò, governi, banche e gestori di fondi patrimoniali utilizzano l’indice ESG (Environmental, Social and Governance) per espellere dal mercato le società e le imprese non idonee. L’indice ESG è essenzialmente un punteggio di credito sociale che viene utilizzato per allontanare dalla proprietà e dal controllo della produzione chi non si è adeguato o non è in linea.

Uno dei molti potenti “partner strategici” del WEF, BlackRock, Inc., il più grande gestore di fondi del mondo, è saldamente alla base del modello degli stakeholder. In una lettera del 2021 agli amministratori delegati, il CEO di BlackRock, Larry Fink, ha dichiarato che «il rischio climatico è un rischio d’investimento» e «la creazione di investimenti in indici sostenibili ha consentito una massiccia accelerazione del capitale verso società meglio preparate ad affrontare il rischio climatico». La pandemia di COVID, scrive Fink, ha accelerato il flusso di fondi verso investimenti sostenibili:

«Crediamo da tempo che i nostri clienti, in quanto azionisti della vostra azienda, trarranno vantaggio se potrete creare valore duraturo e sostenibile per tutti i vostri stakeholder (…) Poiché sempre più investitori scelgono di orientare i propri investimenti verso società incentrate sulla sostenibilità, il cambiamento radicale a cui stiamo assistendo accelererà ulteriormente. E poiché ciò avrà un impatto così drammatico sul modo in cui viene allocato il capitale, ogni direzione ed ogni consiglio di amministrazione dovrà valutare quanto ciò influirà sulle azioni della propria azienda».

La lettera di Fink è più di un semplice rapporto agli amministratori delegati. È una minaccia implicita: svegliati o sei finito.

Nel loro recente libro sul Grande Reset, Schwab e Malleret contrappongono il “capitalismo degli stakeholder” al “neoliberismo”, definendo quest’ultimo come «un corpus di idee e politiche (…) che favorisce la concorrenza rispetto alla solidarietà, la distruzione creativa rispetto all’intervento del governo e la crescita economica rispetto al benessere sociale». In altre parole, “neoliberismo” si riferisce al sistema della libera impresa. Nell’opporsi a quel sistema, il capitalismo degli stakeholder implica la cooperazione aziendale con lo Stato ed un intervento notevolmente maggiore del governo nell’economia.

I fautori del Grande Reset ritengono il “neoliberismo” responsabile dei nostri problemi economici. Ma in verità, il supporto da parte del governo, delle industrie e degli operatori all’interno delle industrie è stata la vera fonte di ciò che Schwab e i suoi alleati del WEF denigrano.

Sebbene le grandi aziende favorite non siano necessariamente monopoli, la tendenza del Grande Reset è verso la monopolizzazione, conferendo tutto il controllo sulla produzione e sulla distribuzione al minor numero possibile di società favorite, eliminando al contempo industrie e produttori ritenuti non essenziali o in contro-tendenza. Per realizzare questo reset, Schwab scrive: «ogni paese, dagli Stati Uniti alla Cina, deve partecipare ed ogni industria, dal petrolio e dal gas alla tecnologia, deve essere trasformata».

Un altro modo per descrivere l’obiettivo del Grande Reset è “il capitalismo con caratteristiche cinesi”: un’economia a due livelli, con monopoli redditizi e lo Stato, al vertice, e, alla base, il comunismo per la maggioranza della gente.

Diversi decenni fa, poiché la crescente dipendenza della Cina dai settori profit della sua economia non poteva più essere negata in modo credibile dal Partito Comunista Cinese (PCC), la sua leadership ha approvato lo slogan “comunismo con caratteristiche cinesi” per descrivere il proprio sistema economico. Formulata da Deng Xiaoping, la frase aveva lo scopo di razionalizzare l’accettazione del sostegno, da parte del PCC, della ricerca di profitto in un sistema politico comunista. Il PCC considerava la privatizzazione dell’economia cinese una fase temporanea, della durata di 100 anni se necessario, sulla strada per una società comunista. I dirigenti del partito sostengono che questo approccio è stato necessario in Cina perché il comunismo vi è stato introdotto troppo presto, quando la Cina era un paese agricolo arretrato. La Cina aveva bisogno di una ripresa del capitalismo.

Spogliato delle sue pretese ideologiche comuniste, il sistema cinese equivale a uno stato socialista o comunista sempre più finanziato dallo sviluppo economico capitalista. La differenza tra l’ex Unione Sovietica e la Cina contemporanea è che, quando è diventato evidente che un’economia comunista era fallita, la prima ha rinunciato alle sue pretese economiche comuniste, la seconda no.

Il Grande Reset rappresenta lo sviluppo del sistema cinese in Occidente, ma in senso contrario. Mentre la classe politica cinese è nata con un sistema politico comunista ed ha poi introdotto la produzione privata rivolta al profitto, l’Occidente ha iniziato con il capitalismo e ora sta implementando un sistema politico in stile cinese. Questo sistema in stile cinese include, da un lato, un intervento statale notevolmente aumentato nell’economia e, dall’altro, il tipo di misure autoritarie che il governo cinese usa per controllare la sua popolazione.

Schwab e Malleret scrivono che se «gli ultimi cinque secoli in Europa e in America» ci hanno insegnato qualcosa, è che «le crisi acute contribuiscono a rafforzare il potere dello Stato. È sempre stato così e non c’è motivo per cui dovrebbe essere diverso con la pandemia di COVID-19».

Le chiusure draconiane decise dai governi occidentali sono riuscite a raggiungere obiettivi che i comunisti aziendalisti nel WEF potevano solo sognare: soprattutto, la distruzione delle piccole imprese, l’eliminazione dei concorrenti delle aziende monopoliste favorite dallo Stato. Solo negli Stati Uniti, secondo la Foundation for Economic Education, milioni di piccole imprese hanno chiuso i battenti a causa dei lockdown. I dati di Yelp indicano che il 60% di queste chiusure sono ora permanenti. Nel frattempo, aziende come Amazon, Apple, Facebook e Google hanno ottenuto guadagni record.

Altri sviluppi che promuovono l’agenda del Grande Reset comprendono l’immigrazione illimitata; le restrizioni al passaggio, fino a quel momento legale, delle frontiere; la stampa senza limitazioni di moneta da parte della Federal Reserve con la conseguente inflazione; l’aumento delle tasse; la maggiore dipendenza dallo Stato; catene di approvvigionamento interrotte; le restrizioni e la perdita del lavoro, dovute alle vaccinazioni obbligatorie; l’idea di quote carbonio individuali.

Tali politiche riflettono la componente “equità” del Grande Reset: l’equità richiede l’abbassamento dello status economico delle persone nelle nazioni più ricche, come gli Stati Uniti, rispetto a quello delle persone nelle regioni più povere del mondo. Una delle funzioni di questa ideologia è di far sentire in colpa la maggioranza dei paesi sviluppati per la propria ricchezza, che le élite mirano a riportare al ribasso, tranne ovviamente per le élite stesse, che hanno bisogno di essere ricche per poter volare nel loro jet privati per Davos ogni anno.

Il modello degli stakeholder aziendali del GrandeReset si sovrappone al suo modello di governance e di geopolitica: Stati e aziende privilegiate sono unite in partnership pubblico-private e condividono il controllo della governance. Questo ibrido aziende-Stato non deve più rendere conto agli elettori dei governi nazionali.

La governance non solo è sempre più privatizzata, ma anche e soprattutto le aziende sono connesse come importanti elementi collegati ai governi ed agli organismi intergovernativi. Lo Stato viene così esteso, potenziato e accresciuto con l’aggiunta di enormi patrimoni aziendali. In quanto tali, le multinazionali diventano quelle che io ho chiamato governmentalities – vale a dire organizzazioni private gestite come apparati statali, senza alcun obbligo di rispondere a fastidiosi elettori. Poiché queste società sono multinazionali, lo Stato diventa essenzialmente globalista, indipendentemente dal fatto che venga mai formalizzato o meno un governo mondiale.

Come se i reset economici e governativi non fossero abbastanza drammatici, il reset tecnologico sembra un romanzo di fantascienza distopico. Si basa sulla Quarta Rivoluzione Industriale, o 4-IR, in acronimo. La prima, la seconda e la terza rivoluzione industriale sono state rivoluzioni meccaniche, elettriche e digitali. Il 4-IR segna la convergenza di settori esistenti ed emergenti, tra cui i Big Data, l’intelligenza artificiale, l’apprendimento automatico, l’informatica quantistica, la genetica, la nanotecnologia e la robotica. Il risultato previsto sarà la fusione dei mondi fisico, digitale e biologico, il che presenta una sfida alle ontologie con cui interpretiamo noi stessi ed il mondo, inclusa la definizione di essere umano.

Non c’è niente di originale in questo. Transumanisti e Singolaritari (profeti della singolarità tecnologica) come Ray Kurzweil hanno previsto questi ed altri sviluppi rivoluzionari molto tempo fa. Ciò che è diverso nella visione dei globalisti di 4-IR è il tentativo di sfruttarli fino alla fine del Grande Reset.

Se gli sviluppi già esistenti del 4-IR sono un’indicazione per il futuro, allora l’affermazione che tutto questo contribuirà alla felicità umana è falsa. Questi sviluppi includono algoritmi Internet che alimentano notizie e pubblicità selezionate dalle aziende, e declassano o escludono contenuti non ammessi; algoritmi che censurano i contenuti dei social media e consegnano individui e organizzazioni “pericolosi” ai gulag digitali; keyword warrants basate sugli input dei motori di ricerca 4; app che seguono e tracciano le violazioni COVID e segnalano i trasgressori alla polizia; polizia robotica con scanner per identificare e collegare i non vaccinati ed altri dissidenti; città “intelligenti“ in cui i residenti sono entità digitali da monitorare, sorvegliare e registrare, dove i dati su ogni loro spostamento vengono raccolti, aggregati, archiviati e collegati ad un’identità digitale e ad un punteggio di credito sociale.

In breve, le tecnologie 4-IR sottopongono gli esseri umani ad una sorta di gestione tecnologica che fa sembrare la sorveglianza da parte dell’NSA un gioco da ragazzi. Schwab si spinge fino al punto di incoraggiare gli sviluppi che mirano a connettere i cervelli umani direttamente al cloud per il bene del data mining 5 di pensieri e ricordi. Se funziona, tutto questo rappresenterà un dominio tecnologico sul meccanismo delle nostre decisioni che minaccerebbe l’autonomia umana e minerebbe il libero arbitrio.

Il 4-IR cerca di accelerare la fusione di esseri umani e macchina, dando vita ad un mondo in cui tutte le informazioni, comprese le informazioni genetiche, sono condivise, ed ogni azione, pensiero e motivazione è nota, prevista e se del caso impedita. Se non viene sottratto alle mani dei tecnocrati del comunismo delle multinazionali, il 4-IR alla fine porterà ad una prigione virtuale ed inevitabile del corpo e della mente.

In termini di ordine sociale, il Grande Reset promette l’inclusione in un destino condiviso. Ma la subordinazione dei cosiddetti netizen 6 implica la privazione dei diritti economici e politici, un’iper-vigilanza su se stessi e sugli altri e l’isolamento sociale – o ciò che Hannah Arendt chiamava “solitudine organizzata” – su scala globale. Questa solitudine organizzata si manifesta già con le chiusure, le mascherine, il distanziamento sociale e l’esclusione sociale dei non vaccinati. Il titolo dell’annuncio nel marzo 2020 di un servizio pubblico di Ad Council, Alone Together (it.: “soli insieme”), cattura perfettamente questo senso di solitudine organizzata.

Nel mio recente libro, Arcipelago Google 7, ho sostenuto che l’autoritarismo di sinistra è l’ideologia politica ed il modus operandi di ciò che chiamo Big Digital, che è all’avanguardia di un nascente sistema mondiale. Big Digital è il braccio comunicativo, ideologico e tecnologico di un emergente totalitarismo multinazionale-comunista. Il Grande Reset è il nome che da allora è stato dato al progetto di stabilire questo sistema mondiale.

Proprio come previsto da Schwab e dal WEF, la crisi del COVID ha accelerato il Grande Reset. Le multinazionali monopolistiche hanno consolidato la loro presa sull’economia dall’alto, mentre il comunismo continua ad avanzare per il resto di noi in basso. In collaborazione con Big Digital, Big Pharma, i media mainstream, le agenzie sanitarie nazionali e internazionali e le popolazioni obbedienti, gli Stati occidentali, fino ad ora democratici – pensiamo in particolare all’Australia, alla Nuova Zelanda e all’Austria – si stanno trasformando in regimi totalitari sul modello della Cina.

Ma lasciatemi concludere con una nota di speranza. Poiché gli obiettivi del Grande Reset dipendono dall’annullamento non solo del libero mercato, ma anche della libertà individuale e del libero arbitrio, è, forse paradossalmente, insostenibile. Come i precedenti tentativi di totalitarismo, il Grande Reset è destinato al fallimento definitivo. Ciò non significa, tuttavia, che, ancora una volta, come quei tentativi precedenti, non lascerà molta distruzione sulla sua scia, il che è un motivo in più per opporglisi ora e con tutte le nostre forze.

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Note
  1. it. “portatori di interesse”: rispetto ad un’azienda quotata, gli shareholder sono gli azionisti, mentre gli stakeholder sono tutti coloro che sono in qualche modo interessati dalle attività di quell’azienda, come istituzioni locali, consumatori, famiglie, ecc.
  2. ricordiamo che in latino cladis significa “rovina, disastro, strage”.
  3. nota anche come Niv, il virus Nipah è un microorganismo appartenente alla famiglia dei paramyxovirus (come i più noti virus del morbillo o parainfluenzali) identificato per la prima volta nel 1998 in alcuni villaggi in Malaysia e poi diffusosi anche a Singapore. In seguito, il virus si è però manifestato soprattutto in India e Bangladesh (in Malaysia non si registrano casi dal 1999). Il suo “serbatoio” naturale è costituito dai pipistrelli, i quali possono trasmetterlo a diversi animali e, attraverso l’ingestione di cibi contaminati, all’uomo. In altri casi invece, come quello del primo focolaio del 1998 in Malaysia, il passaggio dai pipistrelli all’uomo si è verificato dopo un passaggio intermedio nei maiali. Fonte: https://dottoremaeveroche.it/virus-nipah-potrebbe-causare-nuova-pandemia/
  4. Con i keyword warrants negli Usa, le forze dell’ordine ottengono un’ingiunzione del tribunale per ottenere informazioni dalle società tecnologiche per identificare, sulla base appunto delle parole chiave di ricerca utilizzate, un gruppo di persone che potrebbero essere sospettate di un crimine.
  5. ricerca dati.
  6. neologismo che unisce i termini net (rete) e citizen (cittadino).
  7. Il titolo richiama il celeberrimo capolavoro dello scritto russo Aleksandr Solženicyn, Arcipelago Gulag, che ricostruisce in forma artistica e insieme documentale il sistema poliziesco, concentrazionario e repressivo del comunismo sovietico.