Prima del vertice Nato. L’accordo di cooperazione militare anglo-francese

Alla vigilia del vertice Nato destinato a delineare il nuovo modello strategico dell’Alleanza Atlantica, Gran Bretagna e Francia danno vita ad un’importante novità: lo scorso 2 novembre, infatti, i due Paesi hanno siglato uno storico accordo che ricostituisce in Europa l’antica Entente Cordiale, l’alleanza che ai primi del Novecento tanta parte ebbe nel delinearsi degli schieramenti internazionali in Europa, dando un’indicazione molto importante sulla visione geo-strategica delle due grandi potenze occidentali europee.
L’accordo riguarda infatti in primo luogo una davvero inedita e rivoluzionaria collaborazione in campo nucleare, dato che viene stabilita una "cooperazione senza precedenti nella gestione congiunta dell’impianto nucleare di Valduc, Francia, che realizzerà le testate nucleari ed i materiali in modo da garantire approvvigionamento, sicurezza e protezione": è forse la prima volta dall’inizio dell’era nucleare che due potenze atomiche decidono di gestire congiuntamente una tipologia di armamenti che fino ad ora esprimeva in modo molto forte la sovranità nazionale di uno Stato moderno. Un fatto inedito soprattutto per la Francia, sulla cui force de frappe si è basata per decenni la vantata autonomia della politica internazionale di tradizione gaullista. Più sottile l’interpretazione di questa decisione considerata sul versante britannico: infatti è ben noto che il Regno Unito di fatto è stato sempre dipendente dallo sviluppo degli armamenti nucleari americani, per cui l’impressione attuale è che in questo modo si vada a creare non tanto una cooperazione anglo-francese quanto si inglobi la Francia nella cooperazione Usa-Uk, cosa possibile con Sarkozy e certo con nessun altro dei suoi predecessori.
Un secondo punto importante, soprattutto per i suoi risvolti europei, è la creazione di una Combined Joint Expeditionary Force (CJEF), una forza di spedizione combinata e congiunta, che si pone in diretta alternativa con gli altri possibili sviluppi di cooperazione militare sul continente: ad esempio sulla tanto discussa brigato franco-tedesca di cui si è molto parlato finora senza grandi risultati.
La CJEF per il momento non ha un organico definito, né vengono indicate le unità che lo dovrebbero comporre, in quanto viene concepita come una forza da attivarsi ad hoc, secondo esigenze specifiche che possono variare per tipologia ed obiettivi: ma apre sicuramente la via alla pianificazione di attività addestrative, a sviluppi di dottrine operative condivise ed alla standardizzazione di equipaggiamenti, aspetti che rappresentano comunque un elemento di novità importante.
Un altro elemento sicuramente molto rilevante è rappresentato dalla creazione di un gruppo navale da attacco anglo-francese, in sostanza una squadra navale raccolta intorno ad una portaerei. In questo caso, risulta evidente che la novità dell’accordo del 2 novembre si collega direttamente ai tagli che la Royal Navy ha previsto e di cui abbiamo già parlato. La collaborazione con la Francia, che dispone della portaerei Charles de Gaulle, permette infatti di ottimizzare soprattutto i frequenti cicli di manutenzione richiesti da queste complesse unità navali, in attesa ed in previsione dell’entrata in servizio delle due nuove portaerei inglesi di cui si è detto, allo scopo di conservare in tal modo una capacità di proiezione oltremare, fuori cioè dalle rispettive acque territoriali: si tratta, è bene dirlo, della maggiore espressione di capacità operative aero-navali ad oggi ancora possibile da parte europea, ed è significativo lo sforzo che viene fatto proprio dalle due marinerie europee di maggiore tradizione coloniale, per conservare almeno una parvenza della potenza marittima di un tempo.
Del resto anche il progetto di sviluppo congiunto di equipaggiamenti e tecnologie sottomarine previsto dall’accordo si collega in qualche modo alla vocazione "navalista" dei due Paesi: in questo caso, tuttavia, i critici ritengono che si tratti di qualcosa di assai poco consistente, in quanto, mentre gli inglesi hanno posto in attesa l’ammodernamento dei propri sottomarini nucleari, i francesi hanno invece appena finito di varare i propri quattro nuovi sottomarini della classe Triomphant, dotati di missili balistici nucleari intercontinentali e le nuove 6 unità classe Barracuda, attese non prima del 2017, mentre gli inglesi sono già a buon punto con lo sviluppo degli Astute di cui abbiamo già detto, ed hanno invece un programma di sviluppo congiunto con gli Usa di una nuova classe di sottomarini nucleari, ma per il 2020.
Anche in questo caso, quindi, sembra più trattarsi di un complessivo rinsaldarsi dei legami industriali fra i due Paesi, in collegamento con gli Stati Uniti, che non una vera e propria collaborazione con effetti diretti di tipo operativo. Che questa sia la finalità a lungo termine dell’accordo è confermato dalla decisione di stabilire un piano strategico decennale per lo sviluppo industriale congiunto di armi complesse, che non fa che ufficializzare un processo già in corso da tempo, ad esempio con l’inserimento di due grandi gruppi industriali francesi come MBDA e Thales fra i fornitori ufficiali della difesa britannica, fin dal luglio 2008: con l’accordo attuale, il sistema dell’industria bellica francese viene ad integrarsi con quello britannico.
Forse più rilevante, anche per le implicazioni per le industrie nazionali italiane e spagnole, è la decisione inserita nell’accordo del 2 novembre, di "completare uno studio preliminare congiunto entro il 2011, relativo alla prossima generazione di satelliti che dovrebbero entrare in servizio tra il 2018 ed il 2022": in questo caso, la Francia ha già impegni pregressi con Spagna ed Italia per la produzione di satelliti destinati alla sorveglianza militare, per cui resta da capire se il Paese d’Oltralpe intenda ora cambiare partner oppure voglia semplicemente facilitare l’ingresso del Regno Unito nel consorzio, ampliando l’influenza inglese alla quinta dimensione del campo di battaglia, oggi considerata fondamentale per ottenere e conservare una superiorità strategica.
In conclusione, riteniamo che l’accordo del 2 novembre peserà non poco sul futuro della politica di difesa comune in Europa, in quanto indica in maniera assai evidente la volontà del Regno Unito di utilizzare la propria relativa debolezza sul piano delle risorse per compiere un passo politico decisivo, che, fino ad oggi, nel secondo dopoguerra, non aveva mai raggiunto un risultato così rilevante: integrando il proprio sistema militare-industriale con quello francese, come già avvenuto con quello statunitense, si costituisce un polo militare-industriale transatlantico dal quale qualsiasi organizzazione della difesa europea non potrà che essere fortemente condizionata. Un messaggio assai forte dal mondo atlantico all’Europa, alla vigilia del vertice Nato.
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