MALAVITA SOVRANITA’ DEMOCRAZIA

Mentre inviamo in Iraq, per contribuire al ritorno dell’ordine ed all’instaurarsi della democrazia, 4 elicotteri tipo Mangusta, notizia sfuggita ai più, evidentemente prevedendo la necessità di disporre anche di armamenti offensivi in vista delle prossime elezioni “democratiche”, si sono succedute nelle ultime settimane alcune notizie, riguardanti la situazione dell’ordine pubblico del nostro Paese, che richiederebbero maggiore attenzione.
Il 3 ottobre 2004, a Isola Capo Rizzato, nel crotonese, un presunto boss ‘ndranghetista, Carmine Arena, viene ucciso a colpi di bazooka: la stampa precisa che “sono almeno tre i razzi sparati contro la vettura blindata”.
Nelle settimane successive, i riflettori si spostano sulla nuova guerra di camorra in corso nel Napoletano, dove si vanno succedendo omicidi ed agguati e maxi-operazioni delle forze dell’ordine, contro le quali si mobilitano mini-manifestazioni di massa promosse dalle famiglie camorriste.
L’11 dicembre 2004, infine un senatore della Repubblica, Marcello dell’Utri, da sempre assai vicino al Presidente del Consiglio dei ministri ed alle sue società, viene condannato da un tribunale di Palermo ad 8 anni di reclusione per “concorso esterno in associazione mafiosa”.
In Sicilia, numerosi atti giudiziari, assai trascurati dai media, nell’ultimo semestre hanno avuto fra i protagonisti, in Sicilia, personaggi di spicco delle istituzioni, comprese le forze dell’ordine e dell’intelligence.
Si tratta di un nodo mai sciolto della storia e dell’attualità italiana, sul quale nessuna delle forze di governo succedutesi nel Secondo dopoguerra ha mai posto mano con la decisione e la serietà di intenti che esso richiederebbe.
Questo incancrenirsi della penetrazione delle organizzazioni criminali nella vita italiana ha radici lontane, come oramai hanno accertato tutti gli studiosi che si sono occupati senza pregiudizi del fenomeno (ricordiamo di sfuggita solo alcuni lavori più recenti che apportano nuova documentazione in tema: A. La Bella – R. Mecarolo, Portella della Ginestra, Teti Editore, 2003; V. Vasile, Salvatore Giuliano, bandito a stelle e a strisce, Baldini e Castoldi, 2004; A. Caruso, Da cosa nasce cosa, storia della mafia dal 1943 a oggi, Longanesi, 2000 e Arrivano i nostri, Longanesi, 2004).
Sempre più si torna a parlare dei famosi allegati segreti all’art. 16 del trattato di pace fra Italia e le potenze Alleate e Associate, che in inglese recitava:

Italy shall not prosecute or molest Italian nationals, including members of the armed forces, solely on the ground that during the period from 10 June 1940 to the coming into force of the present Treaty, they expressed sympathy with or took action in support of the cause of the Allied and Associated Powers.
(l’Italia non perseguirà né disturberà cittadini italiani, compresi membri delle forze armate, per il solo fatto che, durante il periodo dal 10 giugno 1940 all’entrata in vigore del presente trattato, hanno espresso simpatia od hanno agito in supporto della causa degli Alleati e delle Potenze Associate)

(il testo integrale del Trattato è scaricabile nel nostro sito, nella sezione Documenti)
In questo allegato, secondo le ricostruzioni “L’Italia si impegna a non perseguire penalmente, per i loro antichi reati, quanti avevano aiutato gli Alleati” (A. Caruso, Da cosa nasce cosa, p. 45).
Tenuto conto del ruolo rivestito dalla camorra e dalla mafia nell’operazione di preparazione prima, esecuzione poi e stabilizzazione infine dell’invasione della Sicilia, l’atto politico-militare, si rammenti con cui per la prima volta le Potenze Alleate rimettevano piedi nel continente europeo dopo 3 anni di guerra – non si può non comprendere che lì ha radice quella che potremo chiamare un’impunità strategica della malavita organizzata italiana.
Non staremo qui a ripercorrere i mille episodi e le migliaia di dettagli che documentano la storia e la persistenza di questa non fra le ultime componenti della sovranità limitata del nostro Paese.
Sarà forse il caso di riportare però, per documentazione di chi legge, la celebre risposta dell’on. Aldo Moro alla richiesta avanzata dall’on. Carraro, presidente della Commissione Antimafia dell’epoca, il 20 giugno 1974.

Onorevole Senatore,
1. rispondo alla cortese lettera n.923/D-4240 del 20 giugno u. s. con la quale Ella mi ha chiesto l’acquisizione agli atti della Commissione da Lei presieduta di "un documento fino ad ora non reso pubblico, che sarebbe allegato all’art. 16 del trattato di armistizio stipulato nel 1943 tra l’Italia e le Potenze Alleate". Per aderire alla richiesta stessa ho subito disposto accurate ricerche di archivio: le rimetto, allegato alla presente, un appunto attinente ai primi risultati delle ricerche medesime.
Mi è grata l’occasione per confermarle, Onorevole Senatore, i sensi della mia più alta considerazione.
APPUNTO PER L’ON . MINISTRO
2. Si ha l’onore di far riferimento al quesito proposto da V.E., circa la lettera, in data 20 giugno 1974 con la quale il Sen. Carraro ha chiesto che sia acquisito agli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia "un documento, fino ad ora non reso pubblico, che sarebbe allegato all’art.16 del trattato di armistizio stipulato nel 1943 tra l’Italia e le Potenze Alleate". Dalle ricerche all’uopo svolte tra i documenti di archivio disponibili in questo Ministero, non è stato possibile accertare, in punto di fatto, l’esistenza di un documento nel senso predetto. Esso non risulta allegato al testo del cosiddetto "armistizio corto" (firmato a Cassibile il 3 settembre 1943) né al testo del cosiddetto "armistizio lungo” (condizioni aggiuntive o "atto di resa dell’Italia"), sottoscritto a Malta il 29 settembre 1943.
Si rileva d’altra parte che il "corto armistizio", composto di dodici punti, contiene disposizioni esclusivamente militari, e che il "lungo armistizio", costituito da 44 articoli, non contiene disposizioni alle quali il documento di cui trattasi avrebbe potuto, in qualche modo, ricollegarsi. Si è quindi portati a ritenere che la notizia, almeno nei termini in cui è prospettata, non sia esatta. Partendo dall’ipotesi che il documento di cui trattasi avrebbe potuto essere più verosimilmente formato all’atto della restituzione della Sicilia all’amministrazione italiana, si è estesa la ricerca anche in tale direzione, ma non si è conseguito alcun risultato. Allo stato dell’informazione, non si è pertanto in grado di identificare il documento richiesto. Sono comunque in corso, da parte del competente Ufficio Storico e Documentazione, ulteriori ricerche che si stenderanno in ogni possibile direzione, e sul cui eventuale esito positivo si fa riserva di dare notizia.

La richiesta potrebbe oggi essere molto più semplice. Perché, in virtù del fatto che i nostri soldati rischiano la pelle fianco a fianco con quelli Alleati, in nome di interessi assai più Alleati che nostri, non sarebbe il momento di chiedere in cambio, come prima cosa, di rendere noti tutti i documenti segreti (la cui consegna per esempio la Gran Bretagna ha deciso di procrastinare per altri decenni) che riguardano il ruolo della mafia nell’invasione della Sicilia e nel costituirsi della Prima Repubblica?
Almeno questo potremmo chiederlo, visto che ancora non si è avuto il coraggio di fare una simile richiesta per l’abbattimento del DC 9 di Ustica, nonostante la presenza di aerei militari in assetto di combattimento intorno al velivolo, confermata anche dalla recente sentenza che pure ha abilmente separato queste risultanze dalle responsabilità dei politici, limitandosi a constatare che almeno gli alti gradi militari erano al corrente di questo scenario di guerra nei cieli di un Paese “alleato” degli Alleati.

Print Friendly, PDF & Email