La Turchia si allontana

La deriva di allontanamento della Turchia dagli interessi del blocco statunitense (leggi NATO) e del suo alleato di ferro Israele, sta evolvendo da fenomeno congiunturale a fenomeno strategico. L’ultima notizia è che, il 22 marzo scorso, il governo di Recep Erdogan ha definitivamente archiviato l’ipotesi di acquistare dagli USA ben 100 cacciabombardieri multiruolo F 35 prodotti dalla Lockeed Martin, ultimo e costosissimo gioiello (si parla di circa 100 milioni di Euro ad aeromobile) che l’ amministrazione USA sta praticamente obbligando tutti i Paesi NATO ad acquistare per spalmarne gli spaventosi costi di progettazione e sviluppo.
Anche l’Italia è coinvolta nell’acquisto di 130 di questi apparecchi (per una spesa presunta, finora, di ben 13 miliardi di Euro) la cui utilità, per la difesa del nostro Paese, è più che dubbia visto che lo F 35 è concepito esclusivamente come arma d’attacco, precipuamente per obiettivi al suolo. L’accordo per l’Italia è stato firmato nel 2007 dal governo Prodi e recepito, in modo assolutamente  bipartisan, dall’attuale governo Berlusconi.

Il diniego all’acquisto degli F 35 da parte della Turchia è solo l’ultimo episodio di una progressiva deriva da Occidente a Oriente della politica turca. Tutto è cominciato nel gennaio del 2009, all’indomani dell’orrenda strage perpetrata a Gaza dall’esercito israeliano, quando Erdogan parlò esplicitamente, unico nel campo NATO, di crimini di guerra commessi da Israele; la situazione è poi precipitata dopo l’assalto in alto mare, in acque internazionali, avvenuto il 31 maggio 2010 ad opera di forze aeronavali israeliane contro la nave turca che cercava di portare aiuti umanitari a Gaza e che costò la vita a 9 attivisti per la Pace turchi. In quell’occasione Israele si rifiutò di porgere le sue scuse per l’accaduto e Barack Obama mantenne un imbarazzato silenzio, dimostrando, ancora una volta, di essere ostaggio della lobby ebraica americana.

Le conseguenze di questo allontanamento sono state vistose e di "sostanza". Ne elencherò alcune più note.
 
Nel gennaio scorso Barack Obama ha cercato di far passare, in sede NATO, una delibera che ipotizzava (riprendendo una vecchia idea di George Bush) l’istituzione di uno scudo anti missile europeo "per la difesa dalla minaccia missilistica iraniana". La Turchia si è opposta decisamente a denominare l’Iran come nemico dell’Europa, minacciando di non firmare e rompendo l’unità della NATO; così Obama è stato costretto a non inserire il nome dell’Iran tra le presunte "minacce missilistiche" all’Europa.
 
Nella lunga crisi di governo che si è instaurata in Libano e nei moti che hanno recentemente interessato la Siria, il governo turco si è prodigato per una soluzione negoziata di ambedue le crisi, denunciando apertamente il suo rifiuto alle manovre destabilizzanti eterodirette, soprattutto per la Siria, da Israele e Arabia saudita i quali due Paesi, pur dichiarando reciprocamente di essere acerrimi nemici, non disdegnano di tramare assieme per abbattere un regime sgradito ai loro governi ed agli USA.
 
Nella recente crisi libica la Turchia ha ufficialmente diffidato la NATO, come organizzazione, a compiere bombardamenti "umanitari" ed a rifornire di armi gli insorti poiché ciò sarebbe contrario allo spirito della recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU, minacciando di non votare qualsiasi tentativo di stravolgimento di tale risoluzione e attribuendo così, nei fatti, la responsabilità delle conseguenze degli attacchi militari alla Libia ai soli "volenterosi"; cioè alla Francia, all’Inghilterra e agli USA che si muovono dietro di loro, ma non alla NATO.
 
A questo punto la diplomazia americana si trova di fronte ad un arduo dilemma: da un lato la necessità di soddisfare in tutti  i modi  gli interessi israeliani; nello stesso tempo cercare di fermare in qualche modo l’allontanamento della Turchia da quella leadership occidentale ai cui valori di democrazia e laicità il popolo turco vorrebbe ispirarsi, rimanendone però disgustato dall’evidente ipocrisia e doppiopesismo che, nella prassi, ne offuscano irrimediabilmente la credibilità.
Per porre rimedio a tale condizione di stallo sono in corso grandi manovre di "moral suasion" . Alcuni deputati turchi del Partito repubblicano del popolo (lo storico partito fondato e diretto da Kemal Ataturk dal 1923 al 1938), ora all’opposizione, sono stati invitati a partecipare a conferenze e forum presso prestigiose associazioni come la "Trilaterale" ed "Aspen Institute" (da sempre think-tank dove gli americani coinvolgono le classi dirigenti e gli intellettuali dei Paesi facenti parte dell’Impero, per assicurarsene il consenso) in cui viene evidenziata la necessità, per la Turchia, di mantenere stretti rapporti con Israele ed USA, con la evidente speranza che tali deputati, una volta tornati in patria, riescano a convincere il Parlamento ed il governo di tale necessità.
Un’altra strada da percorrere, ovviamente in modo segreto, potrebbe essere il tentativo di destabilizzare la Turchia mediante un colpo di Stato militare, come già avvenne nel 1980; ma trenta anni dopo tale strada appare irrealistica.

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