Libano: nessuna mediazione, si va allo scontro

I deputati dell’alleanza libanese filo-occidentale "14 marzo" si sono riuniti ieri a Beirut alla presenza dei leader di riferimento, Saad Hariri, Amine Gemayel, Fouad Siniora, Samir Geagea, per confermare con forza il rifiuto di qualsiasi dialogo con il blocco contrapposto, "8 marzo" (sciiti, componenti cristiane e druse), che sostiene la formazione di un nuovo governo guidato dal sunnita Najib Miqati.
Nel comunicato finale il "blocco 14 marzo" ha rivendicato una "opposizione totale" a quello che viene considerato un tentativo di "colpo di stato" e rivendicando in modo "pacifico e democratico" la "difesa della Repubblica e della Costituzione".
Questo il testo del comunicato finale:

"Gli sviluppi politici delle ultime settimane, più precisamente dalla decisione delle forze dell’8 Marzo di denunciare e violare il compromesso di Doha [sulla cui base si era formato in Libano un esecutivo di unità nazionale, n.d.r.], che era stato imposto per mettere fine agli effetti del colpo di stato militare effettuato da Hezbollah il 7 maggio 2008 [si fa riferimento all’occupazione di Beirut da parte dei miliziani armati di Hezbollah che presero per alcuni giorni il controllo della capitale per impedire lo smantellamento della loro rete di telecomunicazioni e la sostituzione del direttore dell’aeroporto cittadino. Secondo Hezbollah tali operazioni erano preordinate ad un successivo attacco di forze speciali israeliane per assassinare  i leader del movimento, n.d.r.] hanno dimostrato che l’obiettivo dell’8 Marzo è mettere il paese sulla via della generalizzazione e consolidamento del colpo di stato.
Il procedimento utilizzato dall’8 Marzo per rovesciare il governo di unità nazionale, il clima di intimidazione armata, il terrore che ha accompagnato le consultazioni parlamentari hanno confermato i sospetti circa la volontà dell’8 Marzo di consacrare il suo colpo di stato e far fallire tutte le iniziative volte a formare un governo equilibrato.
Il processo di formazione del governo è precipitato in condizioni inaccettabili che violano i principi e le consuetudini costituzionali e sono contrarie ai fondamenti delle forze del 14 Marzo, concretizzatisi con la rivoluzione dei Cedri, per la quale si è pagato un prezzo di sangue.
Per il 14 Marzo è imperativo difendere le disposizioni della Costituzione e preservare l’unità nazionale, la vita comune e la democrazia parlamentare, che protegge le libertà e i diritti dei cittadini. Abbiamo anche reclamato che sia fatta giustizia e venga posto un termine ai crimini terroristi, così come portato avanti dal Tribunale speciale per il Libano. Vogliamo allo stesso tempo farla finita con la diffusione di armamenti che si pongono al di fuori della legalità dello Stato. Armi si trovano ovunque nelle strade, dalle città ai villaggi. Sono ormai diventate patologie che minacciano la libertà e la vita delle persone, la sicurezza e stabilità del paese.
Il 14 Marzo aveva legato il suo approccio positivo verso la formazione del nuovo gabinetto alla volontà delle forze dell’8 marzo di rispettare gli impegni e le decisioni prese all’unanimità, affinché il Primo Ministro designato difendesse le regole fondamentali che proteggono il sistema politico e fosse consacrato il ruolo del potere legale nel monopolio delle armi, per ridare allo Stato il potere di prendere decisioni strategiche e la difesa contro qualunque aggressione da parte israeliana [si fa riferimento alle milizie armate Hezbollah, che si sono erette, specie durante la guerra con Israele dell’estate 2006, come unico efficace baluardo militare contro l’invasione delle armate israeliane e che rivendicano tale ruolo di difesa del Libano in maniera autonoma. Il blocco 14 Marzo pretende che l’uso della forza militare torni integralmente sotto il monopolio statale, n.d.r.].
Il 14 Marzo aveva messo parte il Primo Ministro designato dei principi a cui si sarebbe dovuto attenere e gli aveva chiesto un impegno per realizzarli, ciò che avrebbe permesso alla nostra alleanza di considerare positivamente il governo in corso di formazione. Ma il paese è vittima dell’azione dell’8 Marzo che persiste a violare le consuetudini e le disposizioni costituzionali, ad imporre condizioni sulla forma e la politica del governo, portando un attentato alle prerogative presidenziali e del Primo Ministro designato. Tali azioni minacciano il ruolo delle istituzioni, i loro poteri, prestigio ed efficienza, così come minacciano di sprofondare il paese in una crisi istituzionale e nazionale, di cui i Libanesi non possono subire gli effetti.
Condannando fermamente queste azioni, il 14 Marzo afferma che quanto accaduto in occasione della designazione del Primo Ministro e quanto sta accadendo nel processo di formazione del governo equivale ad un colpo di Stato contro la Costituzione e il sistema democratico, condotto attraverso le armi e il loro effetto intimidatorio.
Il 14 Marzo non può tacere su quanto sta accadendo. L’alleanza è decisa a fare ricorso a tutti i mezzi disponibili, nel quadro di un impegno totale con la pratica democratica in ogni sua forma. Imputa la responsabilità di conseguenze ed effetti a tutte le parti implicate nel colpo di stato.
Il 14 Marzo aveva accettato la partecipazione delle forze dell’8 Marzo al governo dimissionario di Saad Hariri alla luce dell’impegno a una cooperazione positiva. Ma le pratiche di sabotaggio che sono state condotte hanno svelato l’intenzione egemonica e gli obiettivi golpisti dell’8 Marzo, il desiderio di prendere il controllo del paese e delle istituzioni attaccandosi alle prerogative del Capo di Stato e del Primo Ministro designato, chiunque fosse. Ciò costituisce un complotto contro il sistema, contro l’accordo di Taëf, contro l’unità del Libano [ l’accordo di Taëf mise fine alla guerra civile libanese durata dal 1975 al 1990, n.d.r.].
Alla luce di questi gravi dati e nell’assenza di chiarezza della posizione del Primo Ministro designato in merito a queste questioni di principio, il 14 Marzo annuncia il rifiuto di entrare nel governo proposto, poiché rifiuta di legittimare il colpo di Stato e trasformarsi in testimone impotente a fronte di derive e violazioni.
Decisi ad affrontare il putsch per portarlo al fallimento, coscienti dell’incapacità del Primo Ministro designato a formulare risposte chiare, i deputati riuniti hanno dunque deciso di non partecipare al prossimo gabinetto e lanciare una opposizione pacifica e democratica per difendere la Repubblica e proteggere la Costituzione".

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