Si reclutano in Europa “amici di Israele”

Il quotidiano britannico The Guardian rivela che Israele ha dato incarico a diverse sue ambasciate in Europa di reclutare mille persone ciascuna per attività di comunicazione e sostegno volte a migliorare l’immagine dello stato ebraico nel Vecchio continente. Entro metà gennaio, in capitali come Londra, Parigi, Berlino, Madrid, Roma, saranno selezionati e reclutati i sostenitori di Israele. Una fonte del Guardian li ha descritti come "amici che non siano solo disposti a ricevere messaggi, ma pronti a promuovere attivamente tali messaggi".
Gli attivisti potranno essere sia ebrei che cristiani, essere qualificati come accademici e giornalisti, ma anche essere persone comuni, come studenti, e "saranno informati regolarmente da funzionari israeliani e incoraggiati a parlare a favore di Israele nel corso di riunioni pubbliche o scrivere lettere o articoli per la stampa".
Le ambasciate israeliane riceveranno fondi per assumere imprese specializzate nello scouting. Le pubbliche relazioni riguarderanno principalmente le posizioni politiche di Tel Aviv, come l’andamento dei colloqui di pace con i palestinesi, o piuttosto tese a mettere in cattiva luce i nemici di Israele, ad esempio focalizzandosi sulla questione dei diritti umani in Iran o nei paesi arabi.
Un funzionario israeliano interpellato dal Guardian ha sostenuto: "Ovviamente siamo sempre alla ricerca di modi per migliorare la nostra comunicazione, non c’è niente di strano in questo. Siamo attenti a come Israele viene percepito all’estero".
Il quotidiano britannico ricorda non trattarsi di una sorpresa, visto che "il governo israeliano, militari e ambasciate sono esperti nell’uso dei social media come Twitter, Facebook e YouTube. Organizzazioni come Bicom e Israel Communications Research Centre nel Regno Unito e Progetto Israele negli Stati Uniti, che si descrivono come indipendenti, sono già dedicate alla promozione delle politiche israeliane".

Fonte: Harriet Sherwood, "Israel recruits citizen advocates in Europe", The Guardian, 28 novembre 2010

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