Wikileaks: verità o complotto?

I documenti di Wikileaks faranno sicuramente discutere, anche se è difficile pensare che susciteranno quel terremoto nelle relazioni internazionali che alcuni ipotizzano, per il semplice fatto che quello che stanno rivelando è esattamente quello che molti hanno spesso descritto o ipotizzato. Possono quindi sorprendere o fingere di sorprendere solo i più conformisti fra gli analisti di politica internazionale.
La prima dimostrazione che difficilmente queste notizie avranno effetti rivoluzionari viene proprio, sorprendentemente, dal presidente iraniano Ahmadinejad, il quale lunedì, in una conferenza stampa, ha dichiarato tranquillamente che la pubblicazione di questi documenti è in realtà un complotto nord-americano per creare contrasti fra i Paesi mediorientali.
Da quanto pubblicato risulta infatti che i più accaniti sostenitori di un attacco risolutivo contro l’Iran sono stati proprio i vicini sauditi, che chiedevano agli americani di "tagliare la testa del serpente". È ben strano quindi che Ahmadinejad si preoccupi di smentire una verità nota da sempre, dato che l’Arabia Saudita ha sempre considerato l’Iran come il proprio nemico mortale ed ha alimentato quel fondamentalismo wahabita che tanta responsabilità ha nella nascita del movimento talebano, ad esempio, e nella origine stessa delle vicende di un Osama Bin Laden. Ed è altrettanto noto che l’Arabia Saudita stia fomentando in ogni angolo del Medio Oriente, con il sostegno israeliano e almeno di alcuni settori americani, un conflitto interreligioso dei Sunniti contro gli Shiiti i cui effetti maggiori sono già riscontrabili in Iraq ed in Libano.
Sempre in materia di Iran, è anche da leggere il documento relativo ad un incontro tenutosi nei primi mesi dell’anno a Roma, fra autorevoli rappresentanti della commissione esteri del parlamento americano ed alti esponenti dell’establishment politico ed economico italiano, in merito proprio all’applicazione delle sanzioni all’Iran. Quello che più colpisce è l’evidente imbarazzo dei vertici dell’Eni che, sotto chiara pressione politico-diplomatica del nostro alleato-egemone, hanno dovuto giustificarsi per il fatto di dover rispettare i termini dei contratti in essere con l’Iran, almeno fino al recupero degli investimenti fatti in quel Paese.
Anche in questo caso, noi Italiani sappiamo bene, fin dai tempi di Enrico Mattei, quanto siano costati cari al nostro Paese i sempre più sporadici tentativi di avere una politica di approvvigionamento energetico autonoma rispetto ai potentati mondiali del petrolio. Anche qui, queste rivelazioni appaiono del tutto conformi a quanto già noto a chi minimamente non si accontentava della solita vulgata storico-giornalistica.
Come si vede, la politica internazionale non può che beneficiare della verità, da qualunque direzione e per qualunque ragione essa venga rivelata; a condizione che si abbia poi il coraggio di farne uso, di trarne tutte le conseguenze.

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