Giurare su Israele

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato l’intenzione di presentare al prossimo Consiglio di governo un emendamento alla Legge sulla cittadinanza che prevede, per gli stranieri che volessero acquistare lo status di cittadino israeliano, la pronuncia di un giuramento di fedeltà a Israele quale "Stato ebraico e democratico". La formula attualmente in vigore prevede, invece, che il candidato dichiari: "Prometto di essere leale allo stato di Israele e alle sue leggi".
La differenza sostanziale tra le due espressioni sta nel riferimento alla fedeltà ad Israele non come entità statale ma come "stato ebraico". Tale nuova formulazione non sarà infatti richiesta agli ebrei che giungono in Israele in base alla Legge del ritorno, ma esclusivamente agli stranieri non ebrei.
Tale emendamento ha subito scatenato le critiche e gli allarmi della minoranza araba israeliana, ovvero dei cittadini non ebrei di Israele, e di ambienti della sinistra politica anche all’interno del partito laburista, che pure fa parte della coalizione di governo. Per gli arabi israeliani, nella realtà immediata, nulla dovrebbe cambiare, essendo già cittadini. Ma nel dibattito politico interno appare chiaro il significato simbolico dell’emendamento e soprattutto lo scivolamento verso una china che può avere risvolti particolarmente allarmanti.
Secondo gli analisti, infatti, Netanyahu avrebbe fatto una concessione al proprio ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, ed al ministro della Giustizia, Yakov Neeman, due oltranzisti nazionalisti. In particolare Lieberman è il principale esponente di una campagna politica contro gli arabi israeliani, rei, a suo avviso, di non possedere una granitica lealtà verso lo stato, soprattutto verso l’ebraicità di Israele, e a cui pertanto vorrebbe far compiere un giuramento di fedeltà alla stregua degli stranieri non ebrei che vogliono accedere alla cittadinanza. Potrebbe essere l’emendamento un primo sostanziale passo in tale direzione?
Ci si chiede perché Netanyahu compia proprio ora tale atto e perché abbia rinunciato ad un precedente emendamento che prevedeva una formulazione più morbida (giuro fedeltà a Israele "stato nazione del popolo ebraico che garantisce piena uguaglianza a tutti i suoi cittadini"). Il governo sarebbe in procinto di varare una proroga (di appena due mesi) al congelamento degli insediamenti, requisito chiesto dagli americani per non affossare immediatamente i negoziati di pace con l’Autorità palestinese. L’emendamento sulla cittadinanza sarebbe quindi la contropartita buttata sul piatto della bilancia da Netanyahu per ottenere il sì, o quantomeno il nulla osta, dell’ala più radicale del suo governo.

Riferimento: La Repubblica, 8 ottobre 2010

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