COSA NON SAPPIAMO SU GAZA

In considerazione del prevedibile ma inaccettabile calo di attenzione mediatico sull’attacco israeliano contro i Palestinesi a Gaza, pubblichiamo la traduzione italiana di un articolo estremamente chiarificatore recentemente pubblicato dallo Herald Tribune International, cui sono riservati tutti i diritti.

QUELLO CHE NON SAPPIAMO SU GAZA

di Rashid Khalidi
Herald Tribune International, 8 gennaio 2009

Quasi tutto quello che siete stati portati a crede su Gaza è sbagliato. Qui di seguito pochi punti essenziali che sembrano essere stati dimenticati nella discussione, gran parte della quale si è svolta sulla stampa, a proposito dell’attacco di Israele contro la Striscia di Gaza.
La gente di Gaza. La maggior parte della gente che abita a Gaza non è lì per propria scelta. La maggioranza del milione e mezzo di abitanti stipati nei 340 kmq della Striscia di Gaza appartengono alle famiglie provenienti da città e villaggi fuori della striscia come Ashkelon e Bersheba. Sono stati cacciati via a Gaza dall’esercito israeliano nel 1948.
L’Occupazione. Gli abitanti di Gaza hanno vissuto sotto occupazione israeliana dalla Guerra dei Sei giorni nel 1967. Israele è ancora largamente considerata una potenza occupante, anche quando lo Stato ebraico ha tolto le proprie truppe ed i propri coloni nel 2005 (vedi approfondimento).
Israele controlla ancora gli accessi a quest’area, le importazioni e le esportazioni, i movimenti delle persone dentro e fuori. Israele mantiene il controllo sullo spazio aereo e costiero di Gaza e le sue forze militari entrano in quest’area a loro piacimento.
Come potenza occupante, Israele ha la responsabilità, in base alla IV Convenzione di Ginevra, di occuparsi del benessere della popolazione civile della Striscia di Gaza.
Il blocco. Il blocco israeliano alla Striscia di Gaza, con l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, è diventato via via più serrato dal momento in cui Hamas ha vinto le elezioni legislative al Parlamento palestinese nel gennaio 2006.
Carburanti, elettricità, importazioni ed esportazioni e i movimenti della gente dentro e fuori la Striscia sono stati poco a poco completamente bloccati, fino a determinare seri problemi per la situazione sanitaria, i rifornimenti di acqua e per i trasporti.
Il blocco ha costretto molti alla disoccupazione, alla carestia ed alla malnutrizione. Questo comporta una punizione collettiva (con il tacito appoggio degli Stati Uniti) di una popolazione civile, cui si impedisce di esercitare i propri diritti democratici.
Il cessate il fuoco. L’eliminazione del blocco, insieme con la cessazione del lancio dei razzi, è stata una delle condizioni chiave del cessate il fuoco tra Israele e Hamas in giugno 2008. Questo accordo a portato a una riduzione dei razzi lanciati da Gaza da alcune centinaia in maggio e giugno a meno di venti nei mesi successivi (sulla base di dati del governo israeliano).
Questo cessate il fuoco è stato rotto quando Israele ha lanciato intensi attacchi aero-terrestri ai primi di novembre, provocando l’uccisione di sei militanti di Hamas.
Crimini di guerra. L’uccisione di civili, sia da parte di Hamas che da parte di Israele, è potenzialmente un crimine di guerra. Qualunque vita umana è preziosa. Ma i numeri parlano da soli: quasi 700 palestinesi (ora sono oltre 1000, n.d.t.), in gran parte civili, sono stati uccisi dall’inizio del conflitto il 27 dicembre scorso. Di contro, circa dodici israeliani, per lo più soldati, sono stati uccisi.
Il negoziato è la via migliore per risolvere il problema dei razzi e le altre manifestazioni di violenza. Questo sarebbe stato possibile se Israele avesse rispettato i termini del cessate il fuoco di giugno e rimosso il blocco alla Striscia di Gaza.
Questa guerra contro la gente di Gaza non ha nulla a che vedere con i razzi. Né riguarda la questione di “ristabilire la capacità di deterrenza di Israele”, come la stampa di Israele vuole farvi credere.
Sono molto più rivelatrici le parole pronunciata nel 2002 da Moshe Yaalon, capo di stato maggiore dell’esercito israeliano (IDF): “Bisogna far capire ai Palestinesi nel più profondo della loro coscienza che sono un popolo sconfitto”.

Rashid Khalidi, insegna cultura araba all’università della Columbia ed è autore del volume Seminare crisi: la guerra fredda ed il dominio americano nel Medio Oriente, di prossima pubblicazione.

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