La Guinea cambia pagina? (ricordando Thomas Sankara)

Dopo le iniziali condanne, stanno aumentando i sostenitori internazionali della giunta militare al potere in Guinea dal 24 dicembre, quando un colpo di stato incruento guidato dal capitano Camara riempì subito il vuoto lasciato dal presidente Conte, morto solo poche ore prima.
Già lo scorso 31 dicembre Abdoulaye Wade, presidente del Senegal, era stato il primo leader africano ad appoggiare pubblicamente Camara, rivelando che lo stesso capitano guineano gli aveva chiesto di agire da portavoce del nuovo governo militare presso le maggiori istituzioni continentali e internazionali. Nonostante la reazione negativa dell’Unione Africana al golpe, Wade ha dichiarato: "questa è la prima volta che dei militari dicono ‘organizzeremo le elezioni e poi torneremo nelle nostre caserme.’ Invito tutte le nazioni, l’Unione Europea, e in particolar modo la Francia, a non scagliare la prima pietra, ma al contrario a prendere sulla parola questo gruppo."
A proposito delle elezioni, che secondo la giunta militare si terranno a fine 2010, sempre Wade ha affermato che "se si vogliono delle elezioni in cui il popolo si possa esprimere liberamente, bisogna stilare un registro dei votanti. Ciò richiede tempo. Non sarebbe tecnicamente possibile andare alle urne tra due mesi." Prima della morte del presidente Conte le elezioni in Guinea erano previste per il maggio 2009. Tuttavia, la necessità di un processo di regolarizzazione espressa da Wade è comprensibile, se si considera che, durante i 25 anni con Conte al potere, in Guinea si è votato solo tre volte: dopo i brogli del 1993 e del 1998, denunciati anche dagli osservatori internazionali, l’opposizione decise di boicottare le ultime elezioni, tenutesi nel 2003.
Negli ultimi giorni anche la Nigeria ha instaurato un dialogo fruttuoso con i nuovi governanti, inviando in Guinea una delegazione con a capo Ibrahim Badamasi Babangida, leader militare del suo paese dal 1985 al 1993. I rappresentanti nigeriani hanno spinto affinché la transizione democratica della Guinea si realizzi entro i prossimi nove mesi, e non tra due anni come previsto da Camara e compagni.
Babangida ha elogiato l’operazione militare del mese passato, che avrebbe salvato la Guinea dall’anarchia. Infatti, prima dell’intervento dell’esercito, nel paese si respiravano tensioni e c’erano spaccature molto pericolose, dovute anche alla mancata elezione di un nuovo parlamento (il mandato del precedente si è concluso due anni fa). Babangida ha inoltre manifestato fiducia riguardo alle intenzioni della giunta militare: "Da ciò che abbiamo potuto vedere al nostro arrivo nel paese, la gente è dalla parte dei golpisti, e sarebbe ingiusto dire che sono andati al potere per rimanervi. […] Penso che noi osservatori esterni dovremmo organizzarci per aiutare la nuova leadership della Guinea a rimettere in piedi il paese; è questo, e non le critiche, ciò di cui hanno più bisogno."
Prima del colpo di stato, il 44enne Moussa Dadis Camara era un ufficiale poco conosciuto dell’esercito guineano. Musulmano, si è laureato in economia presso l’università della capitale Conakry e parla cinque lingue. Come gli altri giovani membri della giunta militare, ha trascorso un lungo periodo di addestramento in un’accademia militare occidentale, nel suo caso in Germania. Ora, oltre che al rinnovamento strutturale della Guinea, Camara e compagni dovranno pensare attentamente all’atteggiamento da mantenere nei confronti delle potenze economiche mondiali, interessate ai ricchi giacimenti minerari del paese. La Guinea possiede infatti più di un terzo delle risorse mondiali di bauxite, ma anche grandi riserve di oro, diamanti, ferro e nickel.
Per ora Camara sta portando avanti la sua battaglia contro la corruzione anche nel settore minerario, che è stato completamente bloccato in attesa di una rinegoziazione dei contratti. Le sue prime dichiarazioni sono state molto minacciose verso la classe dirigente uscente: "Chiunque sarà giudicato colpevole di corruzione," ha affermato, "sarà punito. Chiunque si è appropriato indebitamente dei beni di stato, se catturato sarà giudicato e punito di fronte al popolo."
Alcuni analisti hanno visto in queste dichiarazioni nei confronti della corruzione e contro la dipendenza del paese dalle pretese delle multinazionali, un ricordo di Thomas Sankara, un giovane ufficiale come Camara, che negli anni ’80 tentò di affrancare il Burkina Faso (ex Alto Volta) dalla schiavitù neo-coloniale con un sogno di speranza progressista e fierezza africana, e per questo pagò con la vita. In attesa di ulteriori sviluppi, ci si comincia a chiedere se, in un continente controverso come l’Africa, una forma di governo autoritaria ma sinceramente volta a un progresso sociale possa ottenere risultati migliori rispetto a tante dittature mascherate da democrazie che portano al collasso intere nazioni.

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