Le implicazioni per l’Europa dello “scudo” americano in Polonia e Repubblica Ceca

L’accordo sottoscritto il 14 agosto fra Stati Uniti e Polonia sull’installazione in questo Paese europeo di una base dotata di missili tecnicamente noti come Ground-based Interceptor (GBI), facenti parte del sistema di difesa antimissile Usa denominato Ground-based Midcourse Defense (GMD), merita un’analisi più attenta, per le numerose implicazioni che assume rispetto alla situazione strategica dell’Europa.
Il sistema è il ridimensionato erede della famosa Strategic Defense Initiative reaganiana, conosciuta anche come Star Wars, che prevedeva la creazione di una sorta di “scudo” di missili antimissile, utilizzando le più avanzate tecnologie aerospaziali di cui gli Usa dispongono. Violando gli accordi ABM (Anti Balistic Missile) del 1972 fra Usa e Urss, che avevano contribuito al miglioramento delle relazioni fra Occidente e Urss negli ultimi anni della Guerra Fredda, la SDI riavviò la corsa allo sviluppo tecnologico militare negli anni Ottanta, impegnando la Russia sovietica in una gara di investimenti che pare avere contribuito in modo importante, insieme al conflitto in Afghanistan, al collasso economico dell’Urss. In realtà negli Stati Uniti si sono da sempre levate molte voci sulla reale fattibilità tecnica del programma, i cui fautori, tra i quali uno dei padri della bomba all’idrogeno, lo scienziato Edward Teller, vennero addirittura accusati di aver simulato la buona riuscita di test missilistici che in realtà sarebbero stati dei veri e propri bluff propagandistici.
Per queste ragioni, l’attuale programma GMD, iniziato nel 1998 con un budget di poco più di un miliardo di dollari, avrebbe dovuto già essere operativo dal 2004, ma ad oggi risulta ancora in fase di messa a punto, nonostante il suo attuale budget abbia già raggiunto nel 2007 i 3 miliardi di dollari. Attualmente esso utilizza due basi, una in California (Vandenberg Air Force Base) ed una in Alaska (Fort Greely), con in tutto 24 missili intercettori già posizionati.
Solo sette su tredici test, con un costo oscillante fra i 115 ed i 160 milioni di dollari ognuno, hanno dato risultati accettabili, ed è dello scorso giugno la notizia che, dopo numerosi rinvii, è stato cancellato anche il test, denominato FTG-04, che prevedeva il tentativo di distruggere un obiettivo lanciato da una località dell’Alaska da parte di un missile intercettore GDI lanciato dalla base californiana di Vandenberg.
A livello politico, di conseguenza, molti parlamentari americani non sembrano affatto convinti della validità del programma, troppo costoso (dal suo inizio negli anni Ottanta, i contribuenti americani hanno già sborsato 100 miliardi di dollari…) e di non dimostrata efficacia, mentre la Missile Defence Agency (MDA) americana, che gestisce il progetto come committente dei più grandi nomi del complesso militare-industriale Usa quali Boeing e Raytheon, ha invece nel frattempo promosso al livello di seconda priorità fra tutte le proprie attività.
Fin dalle prime discussioni sulla sua attivazione, era emersa la necessità, perché il programma fosse effettivamente in grado di intercettare tempestivamente minacce missilistiche rivolte contro gli Usa, di individuare almeno una base avanzata, fuori del territorio americano, a copertura dell’area euroasiatica non raggiungibile dal Nord America. Ovviamente, si era parlato dell’Europa come della sede ideale per posizionare questa terza base, dopo le due americane già ricordate.
Ecco dunque svilupparsi, soprattutto dall’autunno del 2006, una discussione sulla possibile collocazione, nei nuovi Paesi europei integrati nella Nato nel 2004, in particolare Polonia e Repubblica Ceca, di questa possibile terza base del sistema statunitense. Il governo polacco, con l’allora ministro della difesa Radoslaw Sikorski, aveva immediatamente rialzato la posta in gioco, affermando, nella prestigiosa e non casuale sede del Center for Strategic and International Studies di Varsavia, che la Polonia doveva essere persuasa che i benefici derivanti dall’ospitare una postazione del sistema Usa di difesa antimissile superavano i rischi legati al fatto di essere divenuta un obiettivo militare di maggiore importanza; aggiungeva che, come primo ministro, “avrebbe avuto bisogno di andare dinanzi al parlamento e poter dire: bene, nel complesso è una buona offerta” (fonte: Reuters, 13 settembre 2006).
Fin da subito, tuttavia, la stampa polacca aveva fatto notare, per esempio Eugeniusz Janula del quotidiano Trybuna, che, tecnicamente parlando, “basta dare un’occhiata ad un atlante per non avere il minimo dubbio che la collocazione più idonea per una installazione di questo tipo sono la Norvegia del Nord o le isole britanniche Orkney o Shetland”: da questa posizione, infatti, aggiungeva il giornalista, sarebbe stato assai più facile intercettare missili provenienti dal Medio Oriente, dall’Asia Meridionale, dall’Iran o dalla penisola di Kola, dove i Russi per esempio schierano una parte considerevole del proprio arsenale balistico. Giacché, però, la Norvegia non si era dimostrata in alcun modo disponibile e la Gran Bretagna era esitante, restava l’ipotesi polacca, quella ceca e, in subordine, quella della Romania (fonte: Bbc Worldwide, 11 ottobre 2006).
La Polonia alzava quindi la posta in gioco, richiedendo in particolare un accordo bilaterale diretto con gli Usa ed il rafforzamento del proprio sistema difensivo anti-aereo, e la trattativa per questo andava praticamente in stallo, di fronte a richieste ritenute eccessive dagli Usa.
Nelle ultime settimane di luglio di quest’anno, dopo quasi due anni di stallo, si è anche diffusa la voce, ripresa da numerose agenzie specializzate, che gli Usa stessero proponendo alla Lituania, anziché alla Polonia, di ospitare i GBI europei, con l’evidente duplice scopo di preoccupare la Polonia, da un lato, e la Russia, entrambi Paesi che sono in pessimi rapporti da sempre con la piccola ma combattiva Lituania.
Nel frattempo, però, gli Usa hanno finalmente messo a segno un importante risultato con la Repubblica Ceca, ove l’ipotesi di ospitare il centro di sorveglianza e controllo della base europea del sistema GMD trova una fortissima opposizione nell’opinione pubblica, contraria per almeno due terzi nei sondaggi di opinione (fonte: New York Times, 9 luglio 2008). Nonostante la contrarietà della gente e i dubbi di molte forze politiche, infatti, Condoleeza Rice ha ottenuto dalla sua controparte ceca, il ministro degli esteri Karel Schwarzenberg, la firma dell’accordo per l’installazione del centro di sorveglianza radar, il cervello elettronico dei missili GDI, che ha segnato così il primo passo concreto per l’installazione nei Paesi dell’ex Urss del sistema GMD che, ripetiamo, è un sistema difensivo che fa parte a tutti gli effetti delle forze armate degli Stati Uniti.
La questione tuttavia non si può considerare ancora definitivamente chiusa, in quanto questo accordo e quello, ad esso collegato, relativo allo status delle forze americane che dovranno presidiare queste installazioni nella Repubblica Ceca, sono soggetti al voto del parlamento ceco, dove già alcuni raggruppamenti politici annunciano battaglia, esprimendo una forte contrarietà.
È in questo contesto, cui si è aggiunta l’improvvisa ma non inattesa crisi del Caucaso, che la Polonia sembra aver superato tutte le proprie esitazioni, per la semplice ragione che gli Stati Uniti hanno concesso ad essa tutto quanto richiesto, e anche di più. Sembra infatti che questo accordo contenga clausole che il New York Times definisce eufemisticamente “non usuali”. La Polonia ha chiesto ed ottenuto dagli Usa, a fronte dell’installazione di dieci missili Interceptor, che dovrebbe essere operativo dal 2012, che almeno temporaneamente i soldati americani presidino le installazioni rivolte verso la Russia e che gli Stati Uniti siano addirittura obbligati a difendere la Polonia in caso di attacco, intervenendo con una rapidità maggiore di quella richiesta dalle regole Nato, di cui pure la Polonia è un membro.
“La Polonia ed i Polacchi non intendono far parte di un’alleanza nella quale l’assistenza sopraggiunge quando è troppo tardi, non va bene se l’assistenza la si porta a dei cadaveri – ha dichiarato senza mezzi termini alla tv polacca il primo ministro polacco Donald Tusk. “La Polonia vuole stare in un’alleanza in cui l’assistenza giunga nelle prime ore di un possibile (facendo gli scongiuri) conflitto”.
Ecco allora che, in cambio della disponibilità ad ospitare la base Usa, viene stabilita una cosiddetta “cooperazione di sicurezza avanzata” (enhanced security cooperation) comprendente la dislocazione in Polonia del sistema di difesa antiaerea di ultima generazione Patriot, inusuale per il fatto che le batterie di missili Patriot saranno direttamente spostate dalla Germania, dove sono attualmente stanziate, e, al completo del loro personale di circa cento soldati americani,verranno integrate nel sistema militare polacco e soprattutto, rivolte ad est, cioè in direzione della Russia.
Questo singolare accordo, evidentemente maturato in poche ore, nell’urgenza di esercitare una pressione nei confronti della Russia, deve suscitare molte gravi perplessità negli Europei: innanzitutto, si tratta di un sistema d’arma la cui effettiva efficacia è comunque ancora tutta da dimostrare, ragione per cui gli Stati Uniti stanno in qualche modo “vendendo” all’Europa uno strumento di pressione più che un strumento efficiente di difesa; in secondo luogo, non è ancora chiaro se esso sarà o meno ratificato da un voto parlamentare che garantisca l’esercizio effettivo della sovranità popolare da parte dei Polacchi, in un tema tanto delicato come quello dei rapporti geopolitici e militari; poi, ci sia permesso notarlo, questo singolare accordo privilegiato fra Usa e Polonia ricorda molto analoghi accordi fra Polonia e Occidente che hanno svolto un ruolo ancora molto discusso nel dare origine alla Seconda Guerra Mondiale; inoltre, esso dimostra chiaramente che le ribadite affermazioni statunitensi circa l’orientamento anti-iraniano dei missili GBI americani in Europa sono del tutto strumentali e quindi gli Usa molto più realisticamente utilizzando in funzione anti-russa i risentimenti dei Paesi dell’ex “cortina di ferro”, Polonia e Paesi Baltici innanzitutto; infine, ed è questo il punto fondamentale per tutti noi Europei, perché si è costruito in tal modo un pericolosissimo intreccio fra sistema di difesa nazionale degli Usa, linee di comando della Nato e appartenenza all’Unione Europea della Polonia e della Repubblica Ceca.
Un’Unione Europea che non affronti senza indugio questi nodi, alla luce della situazione che va maturando nell’est europeo e della grave situazione di tutto il Vicino Oriente, si dimostrerebbe ancora una volta una istituzione incapace di rispondere alle attese dei nostri popoli e dei popoli che nel mondo aspirano alla pace nella libertà e nella giustizia.

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