Crisi delle banche americane. Un commento

Sette banche americane hanno chiuso i battenti. Tra queste la Indy Bank californiana che si presenta per uno delle maggiori bancarotte (è il caso di dirlo) della storia americana. Si parla di circa 150 banche in gravi difficoltà e con il rischio autentico di chiudere da un momento all’altro. E’ un numero esiguo se si confronta con il totale delle banche operanti negli Stati Uniti che si aggira a circa 7.500. Tuttavia il settore bancario fonda la sua stabilità sulla fiducia della gente. E se questa venisse meno, la situazione diventerebbe particolarmente preoccupante.
A rendere meno nero l’orizzonte concorre la previsione di un eventuale massiccio intervento del settore pubblico. In altre parole sarebbe lo stato a farsi carico dei fallimenti pur di arginare la crisi finanziaria ed il conseguente panico che ne scaturirebbe.
Se ciò è da ritenere positivo in termini economici, ciononostante fa nascere alcune scontate considerazioni.
Lo stato americano (cioè in primo luogo l’Amministrazione americana) da sempre paladino del liberismo più sfrenato diverrebbe il medico del sistema economico quando questo è in difficoltà.
Che esempio di coerenza ideologica! D’altronde a questi repentini voltafaccia il mondo anglosassone è più che avvezzo. Recentemente basti ricordare il caso della Nothern Bank in Gran Bretagna, ma se andassimo a ritroso nel tempo troveremmo molti altri casi: dagli interventi a favore dell’agricoltura e della siderurgia, agli enormi aiuti concessi alle casse di risparmio americane negli anni ottanta e così via. Insomma anche a casa d’altri ci sono molte persone che predicano una cosa ma ne realizzano di tutto altro tipo.
Ma al di là della coerenza in una idea o in un modello economico l’analisi sconsolante è che quando vi sono le epoche delle vacche grasse siamo bombardati da frasi roboanti, da moniti imperiosi, da atteggiamenti spavaldi dei cosiddetti "business men" che esaltano le qualità taumaturgiche del mercato e di conseguenza la loro capacità di fare soldi. Si fanno fotografare sulla plancia del loro yacht, alla guida di una prestigiosa autovettura, dietro una bellissima scrivania immersa in un meraviglioso studio (con capolavori d’arte) e con pose da dominatori del mondo ci spiegano sorridenti e pazienti che loro hanno fatto fortuna perché sono imprenditori coraggiosi, vigili uomini d’affari sempre pronti a cogliere le occasioni che provengono da quella specie di empireo chiamato mercato. Loro, sono uomini che non chiedono mai!
Salvo poi, a distanza di qualche anno, di andare a piangere presso le casse dello stato per assicurarsi interventi e aiuti che li possano salvare dal fallimento. Naturalmente non chiedono ciò per se stessi ma solo per assicurare ai loro dipendenti uno stabile futuro!
E così questi intrepidi cavalieri moderni possono continuare a fare le loro crociere dato che il conto è stato saldato dallo Stato.
Insomma la storia si ripete ed il mondo sembra essere (sempre di più) tutto uguale.

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