E’ questa la nuova era economica?

Cibo, energia, acciaio.
Tre diversi qualità merceologiche, ma con il  medesimo denominatore: la  forte crescita dei loro prezzi. Dal 2001 il ferro ha visto quintuplicare il prezzo: oggi una tonnellata costa circa 80 dollari. Sul petrolio siamo tutti informati  perché vediamo la continua ascesa dei prezzi dei suoi derivati. Anche in questo caso sono bastati pochi anni perché il  prezzo del petrolio si sia moltiplicato per 5 o sei volte.
Infine i generi alimentari. Se la popolazione mondiale aumenta ad un ritmo di 80 milioni l’anno, se alcuni paesi dispongono di più soldi per comprare  più cibo, se crescenti superfici di terra vengono destinate  a produrre biocarburanti, non ci si deve meravigliare  che i  prezzi del mais, grano, ecc. abbiano subito un autentico balzo in avanti.
Finora gli economisti hanno fatto ricorso a spiegazioni "contingenti". Ci si ferma, cioè, al breve, brevissimo periodo dal quale cogliere  spiegazioni  che non richiedono capacità previsive  degne di nota.
Per quanto riguarda il petrolio, sono anni che a fronte di continui aumenti del prezzo si fa ricorso alternativamente alla guerriglia nel delta del Niger, agli uragani nel golfo del Messico, alle intemperanze politiche tra Bush e Chavez e così via.
Per i generi alimentari si ricorre alle negative condizioni climatiche  manifestate di volta in volta in qualcuno dei cinque continenti.
Analoga discorso per il ferro ed altri metalli, rame in primis.
Ma dove sono le analisi di lungo periodo circa l’andamento  dei prezzi di queste e altre commoditys? Forse non viene ritenuto opportuno approfondire questi argomenti. Probabilmente perché si dovrebbero dire cose  che farebbero preoccupare assai tutti quelli che sono in grado di comprendere l’importanza della posta in gioco.
Energia, merci alimentari, minerali  di varia natura, stanno ridisegnando gli equilibri di potere tra gli stati ed i popoli della Terra più di qualsiasi guerra che sia stata mai combattuta.
I popoli del Sud della Terra stanno cavalcando la loro grande occasione: quella di migliorare le proprie ragioni di scambio,  controllando l’estrazione dei loro minerali senza più legarsi mani e piedi con le multinazionali occidentali.
C’è da aspettarsi che la travolgente ascesa dei prezzi del petrolio, verrà emulata per tante altre materie prime finora acquisite a bassi prezzi.
Chi rischia di uscire con le ossa rotte da questa nuova situazione sono tutti quei paesi (come l’Italia), che esprimono il proprio potenziale economico nell’attività di  trasformazione ma che non dispongono di adeguate fonti  proprie di approvvigionamento.  
Chissà se, dopo questa ennesima campagna elettorale,  dalla bocca dal sempiterno sorriso di un Berlusconi o da quella apparentemente melanconica di un pensieroso Veltroni, troveremo corrette risposte alle nostre domande e, soprattutto, valide e coraggiose decisioni per assicurare al nostro popolo un sereno futuro?

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