Caos e attentati a Timor Est

L’11 febbraio scorso un gruppo di ribelli ha attentato alla vita del presidente di Timor Est, Ramos-Horta, e a quella del capo dell’esecutivo Xanana Gusmao. Ramos-Horta è stato ferito da due colpi di pistola ed è stato trasportato in volo nella vicina Australia per le cure, mentre Gusmao è uscito illeso dall’attentato. Durante questi attacchi, però, è rimasto ucciso il maggiore Alfredo Reinaldo, personaggio chiave e controverso del complesso e intricato panorama politico timorese. Gli attentati denotano, infatti, quanto lo scenario socio-politico del paese asiatico sia instabile.
Timor Est, diventato indipendente nel 2002 dopo 28 anni di guerre civili e dominio indonesiano, è stato controllato da una forza di pace dell’ONU fino al 2005. Tre anni fa il paese è stato abbandonato al suo destino, poiché si è ritenuto che fosse ormai in grado di mantenere autonomamente la sicurezza interna e l’ordine. Ma le cose non sono affatto andate così. Nell’aprile 2006, il congedo di 600 soldati dall’esercito ha scatenato sanguinosi scontri nella capitale Dili. Questi soldati, insieme a migliaia di giovani esasperati dalla disoccupazione e corruzione dilagante nel paese, hanno formato delle bande chiamate F-F.D.T.L.; una parte della polizia nazionale, invece, non si è aggregata ai soldati ribelli ed ha iniziato a combattere contro quest’ultimi. I due gruppi, però, erano divisi al loro interno: da una parte gli orientali, fautori dell’indipendenza timorese, dall’altra gli occidentali, i quali in gran parte prestavano servizio nella forza di polizia indonesiana. Questa frattura ha iniziato ben presto a trasporsi nella società timorese, aggravando ulteriormente la situazione. Il caos che regnava sull’isola ha imposto, nel maggio 2006, il ritorno della forza di pace dell’ONU.
In questa situazione drammatica è emersa una nuova figura politica, il maggior Alfredo Reinaldo. Quest’ultimo ha accolto le istanze dei gruppi più "frustrati" della società ed è diventato l’ago della bilancia della politica timorese. Reinaldo, fuggito dal carcere di Dili durante la crisi del 2006, si è posto a capo dei ribelli, divenendo una sorta di "eroe romantico", ed ha dialogato sovente con il governo di Dili.
La sua morte, unita alla fortissima disoccupazione, alla povertà e alla frammentazione della società, rischia di minare nuovamente la stabilità del paese asiatico. L’Australia, intanto, ha già dato la sua disponibilità per l’invio di una forza militare di sostegno.

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