Un’altra vittoria per il "Chavez" ecuadoriano

Lo scorso 30 settembre l’Ecuador è andato alle urne per votare l’Assemblea costituente, elezioni talmente volute da Rafael Correa, presidente del paese, che si sono trasformate in una sorta di referendum nel quale i cittadini dovevano decidere l’attuazione o meno una serie di riforme sociali, politiche ed economiche volte a democratizzare lo stato e farlo uscire da quel ruolo di colonia dei paesi più sviluppati dove le differenze tra le classi sociali sono estremamente marcate.
Ebbene è stata una grande vittoria per Correa che fin dal momento della sua elezione ha voluto portare avanti questo progetto definito anche un "socialismo del XXI secolo".
Quanto prima inizieranno i lavori dell’Assemblea costituente che avrà otto mesi di tempo per redigere la nuova Carta costituzionale e nel corso dei quali verrà sciolto il Parlamento. Infatti, quando la nuova costituzione diverrà realtà, saranno indette nuove elezioni.
Dal punto di vista economico il presidente Correa ha dichiarato che sono in corso di revisione i contratti con le maggiori compagnie petrolifere affinché l’Ecuador possa recuperare un ruolo primario nel settore energetico troppo spesso demandato agli stranieri che sfruttano le risorse naturali ecuadoriane.
Sintomo di democrazia il fatto che alcuni giornali locali, come ad esempio Hoy, critichino la vittoria elettorale denunciando scarsa trasparenza, la mancanza di informazioni adeguate e la differente visibilità cui hanno beneficiato i candidati.
Il quotidiano critica anche il protagonismo del presidente paventando il rischio che la promessa nuova democrazia possa trasformarsi in una sorta di "caudillismo" o in un socialismo di stampo chavista.

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