Nuove offensive economiche – Crisi dei mutui: c’è chi perde e chi guadagna

Nuove offensive economiche. I fondi sovrani. Fondi sovrani o fondi statali o a controllo statale o, per dirla nell’immancabile denominazione inglese, sovereign wealth funds (Swf). Probabilmente gli autori di Guerra senza Limiti , Qiao Liang e Wang Xiangsui (ufficiali dell’Armata Rossa cinese), un manuale di strategia inerente la cosiddetta "guerra asimmetrica" che ha sconvolto le tradizionali teorie militari, avrebbero menzionato anche questo strumento tra le frecce presenti nella faretra di un potenziale attaccante.
I fondi sovrani sono il prodotto degli squilibri delle bilance commerciali del pianeta. Nel corso dell’ultimo decennio, complice la globalizzazione,  si è consolidata  una struttura  del commercio internazionale in cui alcuni paesi presentano costanti (e crescenti) surplus legati alla bilancia commerciale, altri che sono perennemente in deficit (Stati Uniti e molti paesi occidentali).
Tra i primi, la Cina  è il paese che in pochi anni ha letteralmente polverizzato posizioni della lista dei creditori, dato che ora dispone di oltre 1000 miliardi di dollari accumulati. Altri paesi, con notevoli risorse  finanziarie accumulate, si concentrano nell’area  mediorientale (Arabia Saudita, Oman, Qatar, ecc.). Per altri, Russia in particolare,  si paventa il loro ingresso nel club dei "danarosi" nei prossimi anni. Al momento il totale  di queste eccedenze finanziarie a livello planetario è calcolato in 2500 miliardi di dollari.
Questi paesi, finora, hanno investito i loro surplus in valute o in titoli di stato (americani in particolare). Negli ultimi anni, tuttavia,  hanno modificato in  parte le loro strategie: anziché investire questo danaro in attività sicure ma scarsamente redditizie, prediligono investimenti azionari con il conseguente acquisto di partecipazioni (minoritarie o di controllo) di grandi società quotate in borsa. A questo proposito ogni paese ha costituito appositi fondi nei quali sta facendo confluire  le risorse finanziarie possedute e quelle che alimentano di giorno in giorno gli scambi commerciali.
Ad una prima interpretazione superficiale, questa diversa modalità  della gestione di tali risorse, potrebbe essere considerata il desiderio di diversificare il portafoglio, analogamente a quello che farebbe un normale privato del suo patrimonio. Tuttavia  non sfuggirà al lettore che l’analogia si ferma qui. Vuoi, in quanto le risorse finanziarie di un privato (per quanto ricco) sono sempre ben poca cosa rispetto ai valori  dei cespiti azionari disponibili nei mercati mondiali, vuoi perché l’acquisto di una partecipazione  di una grande  multinazionale da parte di un governo (tramite il fondo sovrano) potrebbe esprimere una precisa volontà, ed una altrettanto chiara finalità strategica  dello stesso paese. In altre parole la politica economica finora giocata attraverso la gestione delle leve monetarie e fiscali oltre che dagli strumenti diplomatici e di cooptazione  tra potere economico e politico di un paese, verrà da ora realizzata anche mediante il controllo diretto su società estere.
L’eventualità è così temuta che già si stanno alzando le prime barricate. Negli USA il senatore Charles Schumer ha scritto una lettera al ministro del Tesoro Paulson: "E’ indubitabile che questo accordo si tradurrà nell’acquisizione di una vasta influenza di un paese straniero su decisioni prese da una parte fondamentale  dell’infrastruttura economica statunitense". Una nuova legge, più severa in materia, che entrerà in vigore negli StatiUniti il mese prossimo, è già stata varata proprio sull’onda delle polemiche seguite all’approvazione della cessione  di alcuni porti americani al Dubai  (Il Sole 24 Ore del 21/9/2007).  
Anche in Germania l’argomento sta divenendo oggetto di preoccupazione e si chiede pure in questo caso un intervento legislativo che limiti l’interferenza  di uno stato nell’economia di un altro.
Pure le  normali regole del marcato potrebbero venire stravolte dalla presenza di questi fondi sovrani. Secondo l’analista  della Morgan Stanley, Stephen Jen, "La conversione delle riserve tradizionali in  sovereign wealth funds altererà in modo fondamentale il modo in cui mercati finanziari operano e la performance degli asset di rischio.
Dalle valutazioni politiche ed  economiche  a quelle sociali. Negli Stati Uniti si sta diffondendo una visione apocalittica secondo cui  "…non solo l’equilibrio dei mercati finanziari, ma la stessa democrazia liberale nel mondo è in pericolo, perché i poteri forti non democratici di paesi quali Cina, Russia e stati islamici,  fanno sempre più leva sul potere combinato  del controllo delle risorse energetiche  e della crescita dei loro fondi sovrani".
"Visioni apocalittiche" a parte, gli  eventi  finanziari degli ultimi mesi in USA e Gran Bretagna, la recente  decisione della Cina di operare con fondi sovrani sui mercati internazionali, l’accumulazione di riserve finanziarie nei forzieri degli stati che entro il 2017 potrebbero aumentare a 17.000 miliardi di dollari, dovrebbero costituire serio motivo di riflessione per i politici del nostro paese e della Unione Europea.   

Lovanio Belardinelli

Crisi dei mutui: c’è chi perde e chi guadagna. Nella crisi agostana dei sub-prime sono stati molti a rimanere scottati. Hanno fatto il giro del mondo le immagini dei risparmiatori inglesi che ritiravano i propri soldi dalla banca Northern Rock, ma anche colossi di Wall Street come Morgan Stanley o Bear Stearn’s hanno denunciato pesanti perdite. Non per tutti, però, è stato così.
La banca d’affari Goldman Sachs, ad esempio, ha rilasciato un breve comunicato in cui si annunciano perdite in alcuni fondi obbligazionari, ma perdite "più che compensate da guadagni ottenuti shortando prodotti basati sui mutui".
Fuori dal linguaggio tecnico significa che Goldman Sachs ha sì avuto cali nei fondi obbligazionari da lei gestiti (ad agosto -30% e -20% dei fondi "Global Alpha" e "Global Equity"), ma ha molto guadagnato con le speculazioni cosiddette short. Ovvero, ridotto ai minimi termini, ha venduto prodotti finanziari (in questo caso obbligazioni legate ai mutui) che ancora non deteneva: una vendita a cifra certa (quella del momento della transazione), di prodotti che avrebbe acquistato in futuro (al prezzo di quel momento). Insomma, una vera e propria scommessa meramente speculativa: vendi qualcosa che non hai ancora comprato. Se nel frattempo il prezzo diminuisce, guadagni; se il prezzo aumenta, perdi.
A Goldman Sachs sembra andata più che bene. Il capo finanziario Goldman David Viniar rifiuta di rivelare l’entità dei guadagni, ma secondo analisti di Wall Street si tratterebbe di almeno 1,7 miliardi di dollari. Mike Mayo, analista della Deutsche Bank (che ha avuto ingenti perdite), parla chiaramente della grande abilità dimostrata da Goldman Sachs di non solo essersi protetta dalla crisi ma di averne addirittura "approfittato".
In questo genere di speculazioni, più che la capacità di analisi previsionale, è fondamentale avere le giuste informazioni. Non è un caso che i fondi Goldman (che necessitano di analisi strategiche di lungo periodo) hanno avuto cali come gli altri fondi del settore, mentre le speculazioni a breve termine hanno avuto grande successo. E con questa sostanziale annotazione: mentre le perdite dei fondi si ripercuotono sui clienti che hanno acquistato quote dei fondi stessi (e per la maggior parte si tratta di comuni risparmiatori), nelle speculazioni short la Goldman ha rischiato e guadagnato in proprio, coi fondi della compagnia.
La Goldman Sachs è per sua struttura perfetta a ricoprire il ruolo dello squalo quando si tratta di avere informazioni di prima mano. Centinaia di ex amministratori o consulenti della banca d’affari vanno ad occupare i più alti livelli pubblici nei settori finanziari, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo.
Ad esempio, Henry Paulson, fino ad un anno fa presidente di Goldman Sachs, è l’attuale ministro del Tesoro statunitense. Un posto di osservazione ideale per accorgersi dell’arrivo di una grossa crisi finanziaria. Certamente anche negli Stati Uniti sono previsti i reati di insider trading, ma altrettanto risulta difficile rilevarli quando controllato e controllore sono la stessa persona. O quasi.

Simone Santini

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