Mosca scopre l’oro blu

Non solo petrolio e gas. La Russia vuole sfruttare anche le sue immense risorse idriche per affermarsi come potenza economica e geopolitica. Nel suo sterminato territorio ci sono 120 mila fiumi, 2.3 milioni di laghi; paludi vaste come Italia, Spagna e Francia. Le risorse idriche superano i 97 mila chilometri cubi se si aggiungono le acque del sottosuolo e dei ghiacciai.
Poiché l’acqua sarà il petrolio del prossimo millennio la Russia potrà contare anche sull’oro blu per ampliare i suoi sogni di grandezza; l’acqua aumenta l’influenza politica del Cremlino in particolar modo sulle ex repubbliche sovietiche e sull’intera Asia centrale assediata dai deserti e dalla siccità. Secondo un rapporto della Fao nel 2050 quasi due miliardi  di persone potrebbero restare senza acqua potabile. Già oggi l’Africa settentrionale e il  Medio Oriente sono afflitte dallo stress idrico: non hanno acqua a sufficienza per sostenere la propria produzione agricola.
Alla Russia basterebbe dotarsi delle infrastrutture necessarie, costruire gli acquedotti per raggiungere l’intera Eurasia. I mercati potenziali più appetibili per le mire espansionistiche di Putin sono gli Emirati Arabi Uniti dove non esistono fiumi perenni, l’Arabia Saudita dove il 90% dell’acqua è utilizzata per irrigare i campi. La Giordania dove il fiume Yarmuk, la principale risorsa di acqua si concentrano dispute internazionali con i paesi confinanti. Il Kazakistan dove la metà delle risorse idriche provengono dai paesi confinanti.
Mosca si sta preparando ad esportare i suoi immensi patrimoni idrici per realizzare profitti e alimentare sudditanze strategiche.

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