MEDIO ORIENTE: CONTO ALLA ROVESCIA?

Ci sono segnali preoccupanti in Medio Oriente, che i giornali italiani, per pigrizia mentale o per ragioni di opportunità, stanno tacendo.
Per esempio, la crisi di governo che si è aperta in Libano, determinando una spaccatura fra l’ala filo siriana della maggioranza e quella anti-siriana: una crisi che è stata indicata nei giorni scorsi da Israele e Stati Uniti come una circostanza che porterebbe alla necessità di intervenire per rivedere tutta la situazione libanese.
I continui sorvoli degli aerei israeliani in questi giorni nel sud del Libano, in spregio delle risoluzioni Onu, che hanno portato a sfiorare lo scontro armato con le truppe francesi del contingente Onu e suscitato le proteste ufficiali dell’Eliseo, sono la conferma di questa volontà israeliana di condizionare la situazione politica del Libano in senso anti-siriano.
Informazioni di stampa specializzata, parlano poi del fallimento di un tentativo di dialogo fra Israele e Siria, di cui si sarebbe fatto tramite il governo britannico: se questa circostanza fosse vera, si tratterebbe della ragione più seria per far pensare, come ha rivelato nei giorni scorsi un quotidiano israeliano, che lo stato ebraico starebbe pianificando una guerra generale per l’estate 2007 – ma, aggiunge il sito specializzato debka.org, i tempi potrebbero essere accelerati proprio a seguito del mancato avvio delle trattative.
Da questo punto di vista, il drammatico giro di vite che Israele sta attuando nella striscia di Gaza, rappresenterebbe un ulteriore segnale di radicalizzazione: chiudere la partita con i Palestinesi per avere le mani libere in caso di un conflitto più esteso e non più solo a “bassa intensità”.
L’appoggio degli Usa in sede Onu all’impiego illimitato della violenza nei territori occupati, è, per questo motivo, una seria indicazione della disponibilità americana a seguire senza remore in Medio Oriente la strategia israeliana, vista la singolare inconsistenza della propria.
Le esercitazioni militari congiunte americano-indiane nell’Oceano Indiano, in prossimità delle coste meridionali dell’Iran, rappresentano un ulteriore segnale in questo senso: che gli Usa cioè sono pronti a impegnarsi in prima persona per sciogliere una volta per tutti i nodi del Medio Oriente.
Torniamo, in sostanza, alla possibilità, già da noi indicata in passato, che una linea politica del “taglio netto”, sviluppata nel corso degli ultimi 20 anni da un gruppo dirigente misto statunitense e israeliano, stia per arrivare al redde rationem. Poco importa, se questa interpretazione è corretta, la debolezza politica interna del governo Bush: al contrario, questa potrebbe essere una ragione in più per accelerare i tempi, prima che qualcosa di nuovo possa tentare di fermare questo meccanismo strategico che sembra funzionare, almeno dal 2001, in modo inesorabile.
L’abbandono della situazione irakena, in questa logica, suona come una scelta deliberata degli Usa, coerente con l’idea israeliana di una “libanizzazione” del Medio Oriente, che passa anche per il sezionamento dell’Irak in tre tronconi (curdo, sciita e sunnita): è ingenuo credere infatti che gli Usa, se avessero voluto, non avrebbero potuto evitare l’imputridirsi della situazione irakena.
Serissima, in questo contesto, la posizione italiana: immaginiamo cosa comporterebbe per l’Italia trovarsi nel sud del Libano, in Afghanistan, con proprie unità navali nel Golfo Persico, in una situazione che dovesse precipitare sul piano militare: il governo attuale non ha né la forza interna per chiamare a raccolta il Paese in caso di eventi drammatici, né una capacità di proiezione militare e diplomatica per “tirarsi fuori” onorevolmente dal pantano mediorientale, né, tantomeno, per influirvi: che fine ha fatto ad esempio l’idea dalemiana di un collegamento fra schieramento nel sud del Libano e soluzione del problema palestinese?.
Non resta che chiedersi se l’incredibile silenzio a livello politico su questa situazione sia dovuto all’irresponsabilità di un’intera classe politica o ad una sotterranea parallela ricerca di un santo a cui votarsi per evitare che quel che può accadere accada.

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