CRIMINI DI GUERRA IN LIBANO

Amnesty International pubblica uno studio sulla campagna israeliana in Libano, rivolto in modo specifico alla condotta di Israele dal punto di vista delle convenzioni internazionali sul rispetto della popolazione e delle strutture civili.
La cosa è di notevole importanza, in relazione a quanto affermato dal governo israeliano sul fatto che vittime e danni civili sarebbero da annoverare fra i cosiddetti “danni collaterali”, l’eufemistica espressione con la quale sempre più spesso vengono giustificate le uccisioni di civili e le distruzioni di obiettivi non militari accidentali.
Le conclusioni dello studio sono, a questo proposito, lapidarie:
“L’evidenza dei fatti mostra con forza che la distruzione estensiva di opere pubbliche, impianti di produzione di energia, abitazioni civili e industrie è stata deliberata ed è stata parte integrante della strategia militare e non è un “danno collaterale”, cioè un danno accidentale a civili o a loro beni, derivante dall’attacco a obiettivi militari”.
Dallo studio si apprende poi che i civili uccisi in Libano sono stati oltre 1.183, rispetto ai 40 israeliani: di questi, oltre un terzo erano bambini; 4.054 i feriti e 970.000 i profughi, pari a un quarto dell´intera popolazione del Libano, che ammonta a 4 milioni di persone circa.
Negli oltre 7.000 attacchi aerei e nei 2.500 bombardamenti navali attuati da Israele, sono stati completamente distrutti 120 ponti, 94 strade, 900 strutture commerciali e oltre 30.000 edifici tra abitazioni, uffici, negozi eccetera.
In taluni casi, le distruzioni hanno colpito alcuni centri abitati in percentuali elevatissime: 80 per cento delle case a Tayyabah e Ghanduriyah, 60 per cento a Zibqin, 50 per cento a Markaba, Qantarah, Jabal al-Butm e Bayyadah, 30 per cento a Mais al-Jebel e Bayt Leif, 25 per cento a Kafra, 20 per cento a Hula, 15 per cento a Talusha.
Due ospedali (Bint Jbeil e Meis al-Jebel) sono stati completamente distrutti e altri tre seriamente danneggiati.
Danni gravissimi sono stati riportati da centrali elettriche, condotte d΄acqua, stazioni di servizio, aeroporti e porti, senza tenere conto del blocco aereo e navale, tuttora in atto da parte israeliana, e del danno ambientale a oltre 150 chilometri di coste del Libano, causato dalla fuoriuscita di combustibili stoccati negli impianti portuali colpiti dagli israeliani.
Il rapporto ritiene che la distruzione delle strutture produttive possa comportare per il Libano nei prossimi mesi un tasso di disoccupazione al 75%.
Amnesty International osserva infine che “numerose delle violazioni esaminate sono crimini di guerra che determinano una responsabilità penale personale. Esse comprendono attacchi diretti a obiettivi civili e l´effettuazione di attacchi indiscriminati o sproporzionati. Le persone di cui vi è evidenza diretta di responsabilità in questi crimini sono soggetti ad incriminazione ovunque nel mondo, attraverso l΄esercizio della giurisdizione universale.”
Sorge spontanea la domanda sul se e quando un tribunale internazionale sarà chiamato a giudicare questi crimini di guerra di Israele.

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