Economia energetica: una CECA del gas?

Sonatrach (Algeria) e Gazprom (Russia) hanno concluso un accordo commerciale e industriale relativo all’estrazione e distribuzione del gas. Già da marzo con la visita di Putin ad Algeri era stata ventilata l’ipotesi di una collaborazione tra le due compagnie di idrocarburi.
L’Europa dipende da questi due giganti per circa il 60 % dei propri consumi. L’Italia per il 70%.
Giustificati, quindi, i timori derivanti da una dipendenza così elevata che potrebbe essere utilizzata anche come arma politica dai paesi esportatori.
Per alleggerire la potenziale minaccia di questo nuovo OPEC del gas, come è già stato ridenominato tale accordo, si propone l’accelerazione dei progetti inerenti  la costruzione di  rigassificatori che permetterebbero di acquistare il gas  anche da altri paesi  diversificando così le fonti di approvvigionamento. Tuttavia l’alternativa, pure se corretta, non rappresenta la soluzione in quanto Algeria e Russia rappresentano due tra i principali produttori di gas al mondo.
Gli altri  esportatori sono: Iran, Venezuela, Nigeria e Canada. I primi tre, tuttavia, sono soggetti ad una elevata instabilità politica che riduce sensibilmente la loro potenzialità strategica  in una prospettiva di medio lungo termine. Per di più recentemente il Venezuela, mediante la sua compagnia di stato, ha  sottoscritto importanti accordi di collaborazione con Gazprom divenendo di fatto il terzo pilastro di questo nuovo cartello del gas. Il quarto paese, come noto e intuitivo, ha un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti.
Diverso sarebbe se ad un blocco di produttori si contrapponesse una alleanza altrettanto potente di acquirenti. Ecco dunque l’idea di  rispolverare i principi che costituirono il cardine della politica europea degli anni cinquanta. A questo fine venne creata la CECA (comunità europea per il carbone e l’acciaio) che  ebbe grande peso nello sviluppo industriale europeo e fu l’antesignano politico dell’attuale Unione Europea.
L’Europa ha urgente bisogno di una politica energetica  che possa far valere, nei confronti delle altre aree geopolitiche,  la potenza di fuoco della sua economia, garantendo ai singoli stati vantaggi sinergici impossibili da conseguire mediante politiche energetiche nazionali.
Di fatto tutto ciò rappresenterebbe un vantaggio tout court in termini politici che potrebbe  rafforzare notevolmente il processo di integrazione degli stati europei.

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