Gli squilibri demografici, segnali per il futuro.

Un recente articolo di Le Monde Diplomatique (I. Attané, “L’Asie manque de ”, luglio 2006) fornisce dati molto interessanti, che non possono non suscitare interrogativi anche per le loro implicazioni geo-politiche, oltre che economiche e sociali.
Risulta infatti dallo studio che, rispetto ad una media “naturale” di 105 nascite di maschi ogni 100 femmine, l’Asia sta registrando, per una serie di fattori sociali e culturali che rifiutano, con vari metodi, anche molto brutali, la nascita di bambine, ha raggiunto medie squilibrate in modo impressionante rispetto a questi numeri “fisiologici”: la Cina, a dati 2000, ha 117 maschi nati ogni 100 femmine, l’India 111, fino all’Armenia con ben 120.
Lo stesso studio documenta lo squilibrio, a livello di popolazione complessiva, fra il mondo occidentale e quello asiatico: l’Europa è il più “femminile” dei continenti, con una media di 92,7 uomini ogni 100 donne; il Nord America 96,9; l’America Latina 97,5; l’Oceania 99,5; l’Africa 99,8; l’Asia 103,9, con punte di 105,6 in Cina e 106,6 in Pakistan.
Ci sarebbe da riflettere se questi dati siano assai più interessanti, nella prospettiva dei prossimi decenni, rispetto alle tanto discusse tendenze commerciali: non solo sul piano della maggiore disponibilità di uomini per alimentare gli eserciti, ma anche per il diverso orientamento culturale che una società più “mascolina” potrebbe maturare, rispetto a quella occidentale.
Ovviamente non si tratta di fare un uso deterministico della demografia, ma una riflessione su queste dinamiche non è priva di interesse.

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