L’Azerbaigian presenta il conto

La visita a Washington del presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, finora uno degli alleati più filo-occidentali del turbolento Caucaso, ha segnato un ulteriore arresto nei piani americani per il Medio Oriente e l’Asia centrale.
Durante la conferenza stampa seguita all’incontro con Bush, Aliyev ha dichiarato che il suo paese “non si impegnerà in alcun genere di operazioni potenziali contro l’Iran”.  L’Azerbaigian segue dunque la Turchia nel contrastare l’aggressività diplomatica americana nella regione. Lo stesso Bush aveva sottolineato la freddezza dell’incontro definendolo “franco”, che nel linguaggio diplomatica indica un elevato livello di scontro.
Lo smarcamento dell’Azerbaigian sembra comunque più tattico che strategico, sono infatti ancora recenti le roventi accuse rivolte da Teheran a Baku: l’Azerbaigian era stato indicato come sobillatore di pulsioni secessioniste della minoranza azera e turcomanna in Iran, e l’ayatollah Alì Lariani, capo del Consiglio di Sicurezza, parlando di unità americane che agivano dal confine azero, aveva minacciato di sabotare e interrompere l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan in caso di attacco.
Il presidente Aliyev non sembra pertanto intenzionato ad interrompere i buoni rapporti con Washington, quanto piuttosto a sfruttare l’attuale debolezza americana (che ha estremo bisogno di alleanze nella regione) al fine di alzare il prezzo del proprio sostegno.

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