La memoria corta dell’Impero

J. Wallach, Desert Queen, tr. it., Greco & Greco, Milano, 2005

Gertrude Lothian Bell (1868 – 1926) è una delle più affascinanti figure tra quei personaggi dell’élite imperiale britannica che, tra Otto e Novecento, hanno costruito il dominio mondiale dei popoli anglosassoni.

In quanto donna, Gertrude Bell risulta un personaggio ancora più affascinante, per quanto molto meno nota, di Thomas Edward Lawrence, conosciuto da tutti, attraverso l’omonimo film, come Lawrence d’Arabia – di cui fu amica e collega nel mettere in atto, tra il 1916 ed il 1918, la strategia militare, spionistica e diplomatica che gli Inglesi attuarono nel corso della Prima Guerra Mondiale per spingere i popoli Arabi del Medio Oriente a combattere l’Impero Ottomano, alleato con gli Imperi Centrali, contribuendo alla sua definitiva dissoluzione.

L’impresa, tra le più complesse, sottili e raffinate della politica britannica, è in verità tuttora alle origini della presente situazione dell’intero Medio Oriente: dalla questione israelo-palestinese a quella iraniana. Tanto più attuale questo bel libro, in quanto Gertrude Bell è in pratica considerata come la vera mente ideatrice dell’Iraq moderno. Il suo ruolo fu di tale rilievo da essere appunto ritenuta, anche dalla stampa di allora, la vera "regina senza corona" dell’Iraq, un Paese creato dal nulla, a beneficio dei nuovi interessi strategici dell’Impero britannico: in primo luogo il petrolio, che proprio durante la Prima Guerra Mondiale divenne risorsa strategica primaria, come carburante che alimentava tutti i motori della nuova guerra meccanizzata, diffusasi ormai per terra, per cielo e per mare, in dimensione globale.

La nuova biografia della Wallach, pubblicata in inglese nel 1996 ed ora tradotta meritoriamente da Greco & Greco, è decisamente focalizzata sul personaggio umano, oltre che politico, della Bell ed attinge principalmente alla sterminata documentazione di lettere e diari da lei lasciata, ora in gran parte consultabile on line grazie ad un progetto della Newcastle University. Il libro risulta godibilissimo, avendo il pregio di rendere tutto il fascino avventuroso e romantico di questa eroina, dotatissima di fascino e di intelletto, destinata ad una grande impresa e insieme ad amori tragici e sfortunati, condannata ad una grande solitudine esistenziale che la condusse a togliersi la vita, nel momento in cui i risultati della sua opera erano ormai tutti raggiunti, senza pure averle mai dato serenità.

Ma questa lettura ha un grandissimo interesse oggi anche perché ricca di numerose dirette testimonianze della Bell, che illustrano da un lato la spregiudicatezza con cui gli Inglesi giocarono su più tavoli tra Arabi, Sionisti, interessi coloniali francesi e interessi petroliferi, riuscendo a creare un intrigo di posizioni diplomatiche contrastanti che non poterono che essere all’origine di terribili conflitti, come quello fra Israeliani e Palestinesi (solo per citarne il più noto). Ma è impressionante anche avere prova diretta, in queste pagine, anche della maniera del tutto artificiale con cui vennero tracciati i confini fra questi nuovi Stati (come sarebbe avvenuto anche nel subcontinente indiano): la stessa Bell lavorò, affaticandosi a identificare confini fra le tribù mobili del deserto, a disegnare frontiere destinate a lasciare poi spazio alla costante incertezza proprio nelle loro aree più delicate, come quelle a cavallo fra Iraq, Arabia Saudita e Kuwait, maggiormente ricche di petrolio, con le conseguenze ben note.

Fondamentale poi il racconto delle vicende, fra 1919 e 1925, in cui l’Iraq ideato dagli imperialisti britannici visse in una situazione di totale precarietà, dilaniato fra conflitti etnici, tribali e religiosi, che lo segmentavano in almeno tre aree distinte, pur tutte accomunate da una fondamentale insofferenza nei confronti degli occupanti britannici. Anche allora, lo state building tentato dagli Inglesi resse a fatica, solo grazie all’impegno militare di sanguinose operazioni di contro-guerriglia, che ebbero successo in virtù dei massicci bombardamenti aerei imposti dall’allora ministro delle Colonie, Winston Churchill.

È lecito allora domandarsi come mai le stesse potenze anglosassoni, che hanno nel loro Dna di colonizzatori del mondo iscritta questa messe di conoscenze e di informazioni, abbiano come per magia "dimenticato" nemmeno un secolo dopo in quale situazione essi si sarebbero andati a infilare con la guerra del 2003. Possibile che nessuno degli intellettuali dei think-tanks anglosassoni, riccamente finanziati dai relativi governi, si sia mai andato a rileggere le relazioni dottissime, le lettere vivacissime e gli accurati diari di Gertrude Bell?

Stupisce e preoccupa la memoria corta di questo Impero mondiale che dimentica per primi proprio i suggerimenti dei suoi più valorosi e intelligenti costruttori, quelli che diedero entusiasticamente tutta la loro vita, attratti dal compito di portare nel mondo il "fardello dell’uomo bianco", secondo le parole di Kipling: come T.E. Lawrence e Gertrude Bell, senza mai chiedere e mai avere nulla per se stessi in cambio.

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