Eni e Venezuela in rotta di collisione

A partire dal 1° aprile, secondo un progetto legislativo approvato dal parlamento venezuelano, le compagnie petrolifere straniere non possono più agire autonomamente nel paese caraibico ma devono necessariamente formare imprese miste con la PDVSA (la compagnia nazionale venezuelana) che come minimo dovrà detenere il 60% delle quote.

 

Si è calcolato che questa riforma nel settore energetico porterà un surplus di entrate al Venezuela nell’ordine di 2 miliardi di dollari l’anno. Secondo il ministro dell’energia Rafael Ramirez, lo stato ha ripreso, dopo un secolo di sfruttamento straniero, “il controllo diretto” delle risorse nazionali.

 

La quasi totalità delle compagnie ha accettato le nuove convenzioni, mancano all’appello la francese Total e l’italiana Eni che sembrano voler attivare un arbitrato internazionale. “Chi non è contento se ne può andare” ha risposto seccamente il presidente Hugo Chavez. Finora l’Eni sfruttava il sito di Dacion da cui estraeva 50mila barili di greggio al giorno.

 

La riforma in Venezuela è in sinergia con altri paesi latinoamericani, in particolare la Bolivia, in cui il neo presidente Evo Morales ha mantenuto le promesse della campagna elettorale avendo appena annunciato la nazionalizzazione degli idrocarburi.

 

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