Cresce il potere della Cina?

La Cina ha scavalcato il Giappone, in questi primi mesi del 2006, come leader mondiale detentore di riserve valutarie raggiungendo la quota record di 853,7 miliardi di dollari. Il paese del Sol Levante, che guidava la classifica da anni, si attesta sulla cifra di 850,1 miliardi di dollari.
Questo ennesimo exploit dell’economia cinese determina soprattutto due serie di effetti, a carattere interno ed esterno. Da un lato, vista la stabilità della moneta nazionale, lo Yuan, che non è libero di oscillare contro il dollaro Usa, un accumulo così alto di valuta estera non fa che continuare a stimolare gli investimenti produttivi e il sostegno del commercio internazionale, ovvero le imprese cinesi beneficiano di un tasso favorevole che favorisce le esportazioni.
Sul piano esterno, durante questi anni la Cina ha investito la sua enorme liquidità in obbligazioni di Stati e organizzazioni internazionali, soprattutto in titoli di Stato americani. Ciò lega saldamente la politica finanziaria cinese alle sorti della finanza mondiale ed in particolare statunitense. Se questo pone la Cina nella posizione di determinare una possibile capacità di pressione politica, da un altro punto di vista la espone al ricatto di una crisi finanziaria mondiale che porti alla svalutazione massiccia del dollaro.
Insomma, forza e debolezza corrono sul filo.

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