Terrore sul pianeta Terra

Il virus H5N1 è stato individuato dai biologi nel 1997nel territorio di Hong Kong. Nel 2002 in occasione della SARS si accennò alla peste aviaria, poi il silenzio del sistema mediatico fino a qualche mese fa. Ora quotidianamente siamo sommersi da bollettini sanitari, convegni, articoli che fanno riferimento a questo virus.

Si direbbe quasi una campagna a tamburo battente.

Probabilmente nessuno è in grado di prevedere l’evoluzione futura.

L’evento, la sua evoluzione mediatica e informativa hanno fatto nascere in me alcune perplessità che ora esporrò con un pizzico di pazienza del lettore.
Vorrei precisare che le considerazioni esposte qui di seguito sono il risultato di riflessioni che spero possano essere qualificate di “buon senso”, ma senza alcuna pretesa scientifica.
Proviamo, comunque, a riassumere quanto è stato detto fino ad oggi su questo virus.
Finora il virus conosciuto con la sigla H5N1ha colpito polli, tacchini ed altri volatili.
Ha contagiato l’uomo solo quando questo, in precarie condizioni igieniche (edulcorazione per non dire situazioni ambientali pessime), ha convissuto con tali animali ed i loro escrementi.
Le morti diagnosticate, quasi esclusivamente nel sud est asiatico, evidenziano questo stretto rapporto tra uomo e animali allevati.
Il timore delle autorità sanitarie è che, nel tempo, il virus possa mutare in modo da trasferirsi da uomo ad uomo senza più il supporto dei pennuti.
Questa situazione potrebbe scatenare la temuta pandemia di cui tutti parlano.

Detto ciò, occupiamoci dei farmaci che, al momento, possono essere utilizzati.
Ovviamente non esiste il vaccino da utilizzarsi contro l’eventuale virus mutante derivante dall’H5N1, perché ancora questo è solo una supposizione scientifica.
Non esiste neanche il vaccino contro la peste aviaria una volta contagiato l’uomo.
Esistono, invece, dei vaccini contro la normale influenza uno dei quali è il Tamiflu, prodotto dalla società farmaceutica La Roche, multinazionale svizzera, che ne detiene il brevetto.
La relazione tra il Tamiflu o prodotti similari e la ventilata pandemia sembra piuttosto lontana.
Tuttavia una parte dei medici e degli scienziati sostengono che il ricorso a tali vaccini diminuirebbe, in chi ne facesse uso, la probabilità di essere colpito dal virus mutante, che non necessariamente deve mutare e comunque, al momento, è ancora sconosciuto (quindi con caratteristiche non conosciute ed imprevedibili per gli stessi scienziati).

Siamo chiari: agli occhi di una persona incompetente in materia (quale siamo in gran parte noi cittadini) risulta un po’ difficile digerire una tesi siffatta basata su ipotesi, supposizioni e scarsi elementi concreti.
Questo vaccino, in definitiva, non sembra un toccasana e neanche un corroborante efficace.
Però la tesi viene sostenuta da parte del mondo scientifico e accademico; pertanto il sistema mediatico ci trasmette delicatamente questo messaggio: “loro sanno quel che dicono, quindi fidiamoci”.

Rimane un’ultima riflessione da sviluppare: la stima dei costi che la comunità dovrà sostenere per una eventuale vaccinazione di massa.
Prendendo come riferimento il Tamiflu venduto nelle farmacie europee al prezzo di circa 50 euro la confezione, e vaccinando circa 30 milioni di cittadini italiani (stando anche alle dichiarazioni del ministro della sanità circa il numero dei vaccini da destinare alla popolazione) il costo dell’intera operazione si aggirerebbe intorno a 1,5 miliardi di euro.
Qualora venissero utilizzate le stesse procedure per la popolazione dell’Unione Europea, si potrebbe ipotizzare un impegno finanziario otto o nove volte superiore a quello sopra indicato.
Tutto ciò costituirebbe una grossa e graditissima opportunità per la multinazionale La Roche, peraltro neanche società della Unione Europea, o altre che producessero farmaci similari.
A questi calcoli si potrebbe ribattere che i vertici nazionali o della UE potrebbero avvalersi della facoltà di limitare i diritti di brevetto in considerazione delle straordinarietà dell’evento, riducendo in misura significativa il prezzo del prodotto. Anche se ritengo tale eventualità piuttosto remota, visto il comportamento molto cauto delle Istituzioni europee quando si tratta di opporsi o limitare interessi delle grandi società internazionali, l’affare rimarrebbe sempre estremamente remunerativo per i beneficiari.

Terminate queste piccole digressioni fatte da un uomo comune, mi auguro in primo luogo che se la vaccinazione di massa verrà effettuata produca concreti effetti positivi per la gente che ne facesse uso.
Mi auguro inoltre che tutto ciò non sia un inutile esborso per la popolazione ed un grande regalo alle già grandi e straricche multinazionali farmaceutiche, proprietarie dei brevetti, proprietarie di gran parte dei laboratori scientifici dove si studiano tali virus, “proprietarie”, purtroppo, della conoscenza medico scientifica del pianeta sempre più privatizzato e sempre meno tutelato da interessi di parte in ambiti e settori dove è in giuoco la vita di tutti noi.

Fano, 31 ottobre 2005

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