Ministero Affari Esteri: Programma politico di azione in Irak

(riservato)
Ministero degli Affari Esteri

PROGRAMMA POLITICO DI AZIONE IN IRAK E DI VALORIZZAZIONE ECONOMICA DEL PAESE

Documento riservato del Ministero degli Affari Esteri: ….Ora l’Italia nuova che uscirà dalla vittoriosa Guerra Mondiale – operante nella sua rivoluzione – dovrà attuare i suoi grandi propositi di collaborazione con i Paesi dell’Oriente vicino e medio nell’ordine politico culturale ed economico, con particolare riguardo alle tendenze secolari dell’espansione italiana.
Lo spazio vitale mediterraneo dovrà costituire il nesso comune fra tutte le varie Nazioni mediterranee per poter assicurare una pace feconda e duratura e il progressivo sviluppo di tutti gli Stati le cui sponde sono bagnate da quel mare.
In questa grande organizzazione – una vera e propria «Commonwealth Mediterranea» – che potrebbe venir chiamata «Impero Mediterraneo» – verrebbero a trovar posto (oltre Cipro, la Grecia e la Spagna) tutti i varii Stati dell’Oriente Mediterraneo Europeo (Turchia) Asiatico e Africano, cioè tutti i popoli che direttamente o indirettamente si affacciano nel vecchio bacino mediterraneo, tramite della effettiva unità e interdipendenza tra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Di essi, gli Stati del Libano, della Palestina, della Siria, dell’Egitto, della Transgiordania hanno risentito dell’influsso della civiltà mediterranea, cioè romana, cioè italica; altri – come l’Irak – sono necessariamente attratti verso quella civiltà. La sua posizione strategica, le grandi possibilità di progresso, la facilità e rapidità ormai raggiunte dalle comunicazioni ne vincolano sempre più l’esistenza alle sponde orientali del Mediterraneo. Altri infine – come Saudia e Yemen – devono considerarsi come elementi integrativi, perché le coste saudiane e yemenita fanno parte di quel complesso sistema che è il Mar Rosso, la libertà del quale è indispensabile non meno di quella del Mediterraneo di cui non è che la naturale continuazione.
Questa organizzazione futura dovrà apparire come la liquidazione definitiva di un vecchio mondo che non risponde più ai nuovi ideali dai quali i popoli sono guidati e sorretti, ideali basati sull’ordine politico e sociale, sulla giustizia, sulla equità e parità dei diritti, sugli equilibri della ricchezza in rapporto al lavoro, sulla definizione delle nazionalità aspiranti a aggrupparsi in istintivi nuclei operanti in una vita comune e in armonia reciproca.
L’abolizione delle rivalità per la conquista dei mercati e per l’accesso alle materie prime dovrà soffocare qualsiasi antagonismo. Questo movimento grandioso che porta all’unione di tutti i popoli polarizzati verso uno stesso mare dovrà essere inquadrato nel nuovo ordine economico da sistemi di scambi commerciali per via di baratti (rifornimenti di prodotti industriali in cambio di prodotti agricoli e di materie prime), da accordi di compensazione multilaterali, da una intensa e continua collaborazione nel campo politico commerciale e finanziario.
L’Italia dovrà aiutare a ricostruire entità etniche che le violenze delle guerre e delle paci avevano disperso e sconquassato (armeni, assiri, curdi); favorire le popolazioni arabe che anelano alla costituzione regolare e legale della loro nazionalità; assicurare l’indipendenza degli Stati arabi del prossimo e Medio Oriente con ciascuno dei quali l’Italia dovrà essere legata da un trattato di alleanza e di cooperazione, contribuire alla soluzione della questione dei Luoghi Santi che si impone, e non per sole ragioni di prestigio, ad una nazione cattolica come la nostra, culla e sede della Chiesa di Roma.
L’Italia dovrà recare il suo contributo alla grande opera di industrializzazione dei Paesi d’Oriente, creando stabilimenti e officine, centrali elettriche, raffinerie, zuccherifici, tessitorie; attrezzando porti; costruendo comunicazioni stradali e ferroviarie; ponti; migliorando l’edilizia nei centri urbani.
Intensa collaborazione quindi guidata dall’Italia, con l’Oriente: collaborazione sia economica che commerciale e culturale, la quale consenta in caso di necessità una attiva collaborazione sul piano politico.

Questa collaborazione potrà effettuarsi sia con uno Stato unitario arabo basato sul decentramento amministrativo, sia con i varii Stati liberi indipendenti, ciascuno vivente di vita propria.
L’unione dei varii Paesi arabi interessati dovrà essere realizzata solo se una simile decisione verrà manifestata per volontà di popolo.
E’ da ritenersi tuttavia che ancora oggi l’arabismo sia lungi dall’essere pronto a risolvere in proprio favore la questione d’Oriente.
La possibilità di una unità politica arabo-musulmana appare tuttora come una aspirazione di intellettuali idealisti. Essa è resa difficilmente realizzabile dalla mancanza di spirito unitario negli stessi arabi.
Nessun paese musulmano possiede una superiorità politica, religiosa, economica tale da imporsi agli altri in maniera decisa. D’altra parte può essere pericoloso favorire tendenze estreme nazionalistiche e panarabistiche che oggi soprattutto sembrano facilmente avviarsi verso il fanatismo.
L’Italia si troverà quindi in contatto o con uno Stato unitario retto da forma monarchica o repubblicana, che potrebbe comprendere i soli Paesi arabi dell’Oriente asiatico – con centro Bagdad e Damasco – blocco considerevole di oltre 16 milioni di abitanti e somma importante di interessi; o con diversi piccoli Stati indipendenti, cioè con un Regno d’Egitto, con un Regno di Saudia, con un Regno dello Yemen, con un Regno dell’Iran, con uno Stato della Palestina e Transgiordania, con uno Stato del Libano e con uno Stato della Siria.
Anche la questione dei due Paesi (Stati del Levante) già sotto Mandato francese non è di molto facile soluzione.
Il Libano è di carattere cristiano cattolico e autonomo per alta tradizione storica; la Siria di carattere puramente islamico.
Certo che il distaccare il Libano dalla Siria significherebbe allontanare la fusione dei due territori che riunendosi avrebbero bisogno di integrarsi (il Libano con i suoi porti, la Siria con la sua produzione agricola), significherebbe non agevolare il collegamento della regione interna con quella litoranea, il montagnoso Libano colle fertili pianure del retroterra, accentuando due economie diverse ed intralciandone l’interpenetrazione.

Ma è anche certo che tra arabi cristiani e arabi musulmani esiste uno stato d’animo caratterizzato da rivalità e da odio, che se poteva giovare alla politica della Potenza Mandatari (imperniatasi sulla protezione e sul predominio dei Maroniti) renderà oltremodo precaria la loro pacifica convivenza in uno stesso organismo statale. E’ quindi assai prevedibile che Beirut e i Maroniti e Melchiti del Libano non accetteranno mai di far parte di una unione siriana e di lasciarsi conglobare – essi cattolici e più progrediti – come una provincia di minoranza entro la frontiera della «grande Siria» musulmana e meno evoluta. Una delimitazione dei confini tra Siria e Libano sarebbe augurabile per la tranquillità futura di quella zona.
Data la peculiare unità geografica della Siria, essa potrebbe risultare come una specie di Stato federale (l’attuale conformazione giuridica della Svizzera) costituito da varie autonomie regionali, con l’abolizione dei frazionamenti attuali e conseguente emendamento degli ordinamenti in precedenza concessi (Alauiti, Gebel druso, ecc.).
Sarà necessario da parte nostra stabilire e mantenere questi rapporti con gli Stati Arabi d’Oriente facendo uso di una politica cauta ed accorta, senza destare apprensioni, senza cioè mostrare pericolose tendenze di predominio.
In seno alla futura organizzazione mediterranea ogni paese sarà libero di provvedere al suo progresso secondo le proprie inclinazioni e attitudini, senza egemonie politiche né tirannie economiche, sopra cioè un piano comune di ordine sociale, di sicurezza economica, di equità politica, con una concreta conciliazione e integrazione reciproca di interessi.
Quindi nessun satellite, e nessun astro maggiore.
L’Italia sarà essa stessa considerata come «prima inter pares».
La potenza italiana sarà per forza di tradizione storica (perché la storia d’Italia è tutta mediterranea) come il pendolo regolatore e centrale del grande bacino che ha modellato la civiltà del mondo.
La redenzione che l’Asse offre alle popolazioni arabe dell’Oriente si fonda sul lavoro costruttivo e civilizzatore che costituirà la loro missione di domani e sul concetto di superiore elaborazione di una solidarietà delle varie autonomie politiche mediterranee che dovrà sostituire quello già logoro delle «indipendenze assolute» fatalmente trascinanti a tendenze egemoniche e a pericolosi antagonismi.

[ASMAE, Affari Politici, Irak, b. 18, 1941, fasc. 1]

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