A proposito di sperimentazione

Ancora recente il clamore suscitato dalla presa di posizione di illustri scienziati, fra tutti i premi Nobel Dulbecco e Levi Montalcini, sulla libertà di sperimentazione e di ricerca scientifica nei campi della genetica e delle biotecnologie, e le conseguenti polemiche con autorità istituzionali come i Ministri dell’Agricoltura e dell’Ambiente.

Polemica a dire il vero subito rientrata, perché ovviamente le posizioni degli scienziati non erano così oltranziste come alcuni organi di informazione hanno cercato di mostrare: il richiamo era un generico e sacrosanto appello alla libertà di ricerca in un Paese, come l’Italia, che destina sempre fondi residuali alla ricerca ed alla formazione, al contrario di altri Paesi europei (per inciso, anche l’ultima disputa fra i Ministri della Sanità e dell’Ambiente è risultata essere artificiosa: Veronesi non ha mai sostenuto che l’elettrosmog fosse innocuo; ha posto una questione politica, se cioè fosse opportuno destinare fondi cospicui –si parla di 20-30mila miliardi –per un problema che ha ancora un basso impatto, mentre si potrebbero destinare alla prevenzione di fattori tumorali di massa come l’inquinamento da idrocarburi o il tabagismo).

Piuttosto, come sempre più spesso accade, sulla scia di queste polemiche si inseriscono figure di secondo piano che hanno spesso l’interesse a fare disinformazione più che informazione.

Nel corso dell’incontro pubblico svoltosi a Fano (PU) a febbraio sui temi delle prospettive di sviluppo in campo alimentare, la portavoce nazionali dei Verdi Grazia Francescato e il consigliere regionale Marco Moruzzi hanno preso una posizione sulla polemica (che allora era in una fase ancora calda) illuminando tra l’altro alcuni aspetti fondamentali passati invece sotto traccia.

Quando si parla di sperimentazione e biotecnologie, si cerca di fare arrivare il messaggio che le autorità istituzionali, inseguendo arcaiche logiche oscurantiste, vogliano impedire la ricerca e la sperimentazione.

Quello che l’industria biotecnologica vorrebbe è la cosiddetta sperimentazione a "campo aperto" , cioè la possibilità di piantare varietà biotech in natura per verificarne la riuscita e l’impatto ambientale. Non vengono sottolineati però due aspetti: che l’inquinamento da varietà biotech è già stato provato, cioè, se coltivati in campo aperto, grazie all’impollinazione, i prodotti biotecnologici si propagano e contaminano, anche a distanza di chilometri, le coltivazioni tradizionali o biologiche.

Aspetto altrettanto inquietante è quello esposto dal consigliere Moruzzi che ha portato la propria diretta esperienza come ex assessore all’Agricoltura della Regione Marche. Durante gli anni del suo assessorato era stata richiesta la sperimentazione a campo aperto nella Regione Marche del mais BT (Bacillus Thuringensis), un mais modificato geneticamente per renderlo resistente ai parassiti. Tale sperimentazione (che venne rifiutata per la sua opposizione) consisteva nel piantare su un paio di ettari questo mais e prelevarne occasionalmente alcune pannocchie per le analisi, senza alcun supporto di Istituti universitari o di ricerca in loco. Sperimentazione alquanto superficiale e ben poco scientifica se si considera che, tra l’altro, quel tipo di prodotto OGM era già in commercio da anni nei Paesi che non praticavano la moratoria e non avevano ancora decretato il blocco delle importazioni di quel prodotto (tra cui allora anche la stessa Italia).

Ma l’obiettivo perseguito era ben diverso dalla semplice ricerca scientifica.

Risulta infatti che dopo due anni di cosiddetta "sperimentazione", il nuovo prodotto possa essere iscritto nel registro varietale e quindi essere commercializzato direttamente agli agricoltori e non solamente ai trasformatori.

Insomma il meccanismo subdolo sembra quello di porre i cittadini davanti al fatto compiuto, cioè di propagare gli OGM senza un reale controllo da parte delle autorità, grazie alle contaminazioni ambientali, alle false "sperimentazioni" che celano strategie commerciali, fino all’importazione illegale di sementi transgeniche poi commercializzate insieme a quelle tradizionali (recente è il sequestro di queste sementi presso la Monsanto, fatto che se verificato in sede giuridica potrebbe portare al ritiro della licenza della multinazionale in Italia).

E’ fondamentale contro questa aggressività sia una corretta informazione, sia l’attenzione costante dell’opinione pubblica per contrastare logiche che corrispondono solo all’utilità economica di pochi.

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