OGM: A URBINO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE Crescono i timori degli imprenditori agricoli marchigiani pe

A Urbino sabato scorso, nella prestigiosa sede dell’aula magna della facoltà di Economia dell’università, l’Associazione Nazionale di Produttori Agricoli (ANPA) ha organizzato un convegno sugli aspetti scientifici, economici ed etici della diffusione in agricoltura degli organismi modificati geneticamente. Furio Venarucci, Presidente nazionale dell’Anpa, un’organizzazione professionale agricola indipendente, nata nel 2000, che già conta oltre 18.000 associati, ha spiegato, presentando l’incontro, l’importanza di un dibattito pubblico sul tema delle biotecnologie agrarie che coinvolga in primo luogo gli agricoltori, che hanno sempre crescenti responsabilità di fronte alle giustificate resistenze dei consumatori all’acquisto dei prodotti contenenti ogm. Il convegno, ha fornito numerose indicazioni di carattere sia tecnico che economico: il prof. Claudio Malagoli, dell’università di Bologna, ha ricordato ad esempio la caratteristica più grave di questo tipo di tecnologie applicate al settore agricolo, la cosiddetta “irreversibilità degli esiti”, cioè il fatto che la diffusione degli ogm, una volta avviata, non consente il ritorno a forme diverse di agricoltura. Tutto ciò proprio quando un genetista come il prof. Stefano Tavoletti, docente di genetica agraria all’università di Ancona, confermava all’attenta platea i rischi di una “sperimentazione di massa” che, giunta già a 67 milioni di ha di colture a livello mondiale, avrebbe invece richiesto almeno 15 anni di verifiche in laboratorio, prima di arrivare alla commercializzazione diffusa. Il giornalista Stefano Tesi, che moderava l’incontro, sollecitato anche da alcuni degli intervenuti, ha evidenziato l’importanza di dare la parola anche alle imprese agricole e di verificare quindi se i risultati che l’industria multinazionale biotecnologica annuncia al mondo siano poi stati effettivamente raggiunti, dopo oltre sei anni di commercializzazione delle nuove sementi ingegnerizzate. Il contributo di Gaetano Sinatti, imprenditore agricolo e coordinatore dell’Associazione Terre dell’Adriatico, ha fornito in questo senso una mole impressionante di dati che, attingendo all’esperienza statunitense e canadese, smentiscono sia l’efficacia agronomica delle produzioni biotech, sia i loro risultati economici, indicando invece i pesanti rischi di contaminazione e di inquinamento di intere filiere produttive agricole. Questo quadro, a dire il vero inquietante, è stato confermato dal consigliere regionale Marco Moruzzi, che ha mostrato come per esempio una diversa agricoltura, quale quella biologica, così importante nella nostra Regione, sia messa in serio pericolo dalla diffusione delle sementi biotecnologiche, che rischiano di invaderne le filiere, danneggiando in definitiva il consumatore finale, che si rivolge ai prodotti biologici proprio per la loro migliore qualità dal punto di vista della sicurezza e della genuinità. La delicatezza del problema dell’applicazione scientifica all’agricoltura, in forme così massicce, è stata sottolineata anche dal prorettore dell’Università di Urbino, prof. Mauro Magnani, secondo il quale è necessaria una forte coordinazione fra il lavoro delle università, dei laboratori di ricerca e del mondo agricolo per giungere in tempi brevi a individuare i rischi legati a questo tipo di tecnologia e definirne rigorosamente i campi di impiego. Un’esigenza su cui convergono sempre più anche le associazioni di consumatori, come Activarete, di cui è stato portavoce al convegno il presidente Luigi Viario. Il dibattito che ha seguito questi interventi è stato vivacizzato dagli interventi di agricoltori, tecnici e cittadini, particolarmente allarmati dai dati proposti anche in questa occasione; forte soprattutto la preoccupazione per gli effetti delle biotecnologie sul settore biologico marchigiano oggi ritenuto, come ha dichiaro un autorevole funzionario di un primario istituto di credito della Regione, anche economicamente importante come vettore di sviluppo dell’intera agricoltura regionale. A padre Angelo Serra, un’autorità in materia di genetica umana, il non agevole compito di tirare le fila della giornata, con un equilibrato e documentato intervento in cui al richiamo dei primi genetisti alla cautela verso i grandi rischi dell’applicazione tecnica delle scoperte genetiche si è accompagnato il richiamo forte ad una ricerca indipendente dagli interessi economici, rivolta innanzitutto al bene dell’uomo e ad una gestione dell’economia rispettosa degli equilibri ambientali.

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