Trent’anni dopo le ragioni del conflitto Falkland/Malvinas restano irrisolte

Trent’anni fa, il 14 giugno 1982, con la resa delle forze argentine a Port Stanley, si concludeva il conflitto che aveva contrapposto Argentina e Gran Bretagna per le Isole Malvinas, o, secondo la denominazione più nota, le Falkland Islands.
Nella guerra, nella quale si ebbe una significativa dimostrazione di capacità logistica della Gran Bretagna della signora Tatcher e dall’altro della grande motivazione e coraggio dei soldati argentini, caddero 255 britannici e oltre 600 caduti argentini.
Mentre gli inglesi poterono rivendicare l’affondamento dell’antiquato incrociatore General Belgrano, causando la morte di oltre 320 marinai, i piloti argentini furono capaci di colpire duramente le assai più moderne unità inglesi, come lo Sheffied e l’Antelope, tanto gravemente da costringere gli inglesi ad abbandonarle, nonché ad affondare il cacciatorpediniere Coventry e la portacontainer Atlantic Conveyor.
La vittoriosa occupazione delle Falkland da parte delle forze terrestri britanniche avrebbe portato alla caduta del regime militare argentino, rafforzando invece il prestigio della premier inglese, signora Tatcher, a livello internazionale.
Nonostante la sconfitta, l’Argentina continua tuttavia a non riconoscere la sovranità britannica su queste isole, la cui importanza strategica non sfugge a nessuno che dia anche solo un’occhiata alla carta geografica dell’Oceano Atlantico.
Manca infatti una convincente risposta a quanto anche di recente ha domandato la presidente argentina, Cristina Fernandez de Kirchner, alle Nazioni Unite, come possa cioè un Paese, la Gran Bretagna, rivendicare la sovranità su di un territorio che si trova a 14.000 km dalle sue coste.
Print Friendly, PDF & Email