In Siria si intensificano gli scontri armati, sempre più vicina la guerra civile

Un articolo pubblicato su Il Foglio del 17 novembre rompe il flusso di notizie del mainstream ormai consolidato nell’indicare in Siria il perpetuarsi della repressione delle forze di sicurezza di Damasco contro la sollevazione popolare. L’articolista del quotidiano diretto da Giuliano Ferrara indica che il livello dei combattimenti è tale da non potersi più configurare come un meccanismo di manifestazioni-repressioni ma di vera e propria guerra civile in cui alcuni paesi stranieri, in particolare sono citati Turchia e Libano, sostengono apertamente i gruppi armati ribelli. Scontri che vedono ormai impegnati, ogni volta, centinaia di combattenti tra le due parti, sono avvenuti negli scorsi giorni con l’attacco per mezzo di lanciarazzi e mitragliatrici pesanti alla sede del quartier generale dei servizi di intelligence dell’Aeronautica a nord di Damasco, e con una autentica battaglia nella zona di Homs dove sono rimasti uccisi 36 militari e 12 ribelli.

Questo il brano centrale dell’articolo pubblicato su Il Foglio:

[…] Le cifre ufficiali del ministero della Difesa di Damasco, confortate da quelle dei ribelli, danno il segno di uno scenario ben diverso da quello di una guerra civile in cui le truppe lealiste massacrano i manifestanti. Secondo il portavoce delle Forze armate di Damasco, sono 1.150 i militari lealisti uccisi dai ribelli, là dove i Comitati locali di coordinamento dell’opposizione forniscono la cifra di 721 morti in divisa (cui vanno aggiunti 3.570 civili). Se si fa il raffronto con dieci anni di guerra in Afghanistan in cui sono caduti 2.700 militari Nato e Isaf (438 in 11 mesi del 2011), si comprende l’intensità degli scontri tra le due armate in Siria. Il dato politicamente più rilevante è che i militari disertori sono in grado di sviluppare tante e tali azioni d’attacco soltanto perché armati, finanziati e anche ospitati in "santuari" ben protetti dall’esercito della Turchia (che nega questo coinvolgimento a livello ufficiale), così come da forze libanesi legate all’ex premier Saad Hariri (appoggiato dall’Arabia Saudita) nella zona di Tripoli del Libano, dove peraltro si è avuto un contagio diretto, con scontri tra alawiti e sunniti con una decina di morti nelle ultime settimane. Nella provincia turca di Antakya, il governo turco ha impiantato un "campo degli ufficiali", che altro non è se non un distaccamento speciale che serve da base per i disertori siriani della Free Sirian Army del colonnello Riad al Assad (non parente del rais) che si muove protetto da un drappello di militari turchi. Ieri la Free Syrian Army e la Brigata degli ufficiali liberi del tenente colonnello Hussein Harmush, che conterebbe su 17 mila effettivi, hanno formato un "Consiglio militare provvisorio" per coordinare le loro azioni. La vicinanza con il Libano spiega come mai nelle ultime settimane l’epicentro degli scontri tra i due eserciti sia Homs, terza città della Siria, distante pochi chilometri dal confine […].

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