Prima di tutto Barak rivendica la legittimità della dura repressione contro i manifestanti arabi sul confine:
«Lo rifaremmo. L’esercito ha l’ordine di tenere chiusi quei confini. Non c’interessa avere morti, i palestinesi hanno già i loro leader che li uccidono: 800 in Siria, e non c’era neanche una pallottola israeliana. I palestinesi hanno cambiato strategia: basta kamikaze, ora fanno i Gandhi. Ma la responsabilità è di chi incita a queste manifestazioni, le impronte sono dell’Iran. E in Libano, la maggior parte di vittime l’hanno fatta i soldati libanesi, che non sono riusciti a fermare la gente».
Ecco cosa Barak si attende dalle rivolte nel mondo arabo:
«Nel futuro immediato, il caos. A lungo termine, forse qualcosa di buono. Dalla fine dell’Impero ottomano, non s’è visto nulla del genere. In molti Paesi, l’esercito è diventato il pilastro della democrazia, perché la società araba non è pronta a una democrazia: non puoi aspettarti che emerga un Havel o un Walesa. E’emozionante che la gente alzi la testa, fra una generazione s’arriverà a un miglioramento. Ma intanto? Arrivano i Fratelli musulmani. O Stati caotici come il Libano».
L’Iran in questi mesi sembra avere una posizione defilata rispetto i riflettori dell’Occidente, ma Barak sottolinea come il paese persiano rimanga in cima all’agenda dei problemi:
«L’Iran rimane l’elemento di maggiore disturbo. Queste rivoluzioni per ora non l’hanno colpito, ma prego ogni giorno che le fiamme della primavera araba l’avvolgano. Un anno e mezzo fa la morte di quella ragazza, Neda, ha creato un dissenso degli ayatollah moderati, difficilmente recuperabile. Ora c’è un’altra rottura, fra Ahmadinejad e Khamenei, ma penso verrà ricomposta. Il loro vantaggio è che il mondo guarda alla Libia, il loro nemico Mubarak è scomparso. Ma fra qualche mese, loro torneranno a essere "il problema": vogliono la capacità nucleare, egemonizzare il Golfo. Ci hanno già provato in Iraq, ci stanno provando in Afghanistan. Lo faranno in Pakistan».
Fonte: Francesco Battistini, Intervista a Ehud Barak – "Difenderemo i nostri confini", Corriere della Sera, 17 maggio 2011