Ehud Barak: preoccupati dalla primavera araba ma il vero problema resta l’Iran

All’indomani degli scontri sul confine tra Israele, Libano e Siria, che ha provocato numerosi morti tra i manifestanti per la commemorazione della Naqba, la giornata della "tragedia" araba in cui si ricorda come, in seguito alla proclamazione dello Stato di Israele, centinaia di migliaia di esuli palestinesi siano stati costretti ad abbandonare la loro terra, il ministro della Difesa dello stato ebraico, Ehud Barak, ha rilasciato una intervista all’inviato del Corriere della Sera. Questi alcuni brani.

Prima di tutto Barak rivendica la legittimità della dura repressione contro i manifestanti arabi sul confine:
«Lo rifaremmo. L’esercito ha l’ordine di tenere chiusi quei confini. Non c’interessa avere morti, i palestinesi hanno già i loro leader che li uccidono: 800 in Siria, e non c’era neanche una pallottola israeliana. I palestinesi hanno cambiato strategia: basta kamikaze, ora fanno i Gandhi. Ma la responsabilità è di chi incita a queste manifestazioni, le impronte sono dell’Iran. E in Libano, la maggior parte di vittime l’hanno fatta i soldati libanesi, che non sono riusciti a fermare la gente».

Ecco cosa Barak si attende dalle rivolte nel mondo arabo:
«Nel futuro immediato, il caos. A lungo termine, forse qualcosa di buono. Dalla fine dell’Impero ottomano, non s’è visto nulla del genere. In molti Paesi, l’esercito è diventato il pilastro della democrazia, perché la società araba non è pronta a una democrazia: non puoi aspettarti che emerga un Havel o un Walesa. E’emozionante che la gente alzi la testa, fra una generazione s’arriverà a un miglioramento. Ma intanto? Arrivano i Fratelli musulmani. O Stati caotici come il Libano».

L’Iran in questi mesi sembra avere una posizione defilata rispetto i riflettori dell’Occidente, ma Barak sottolinea come il paese persiano rimanga in cima all’agenda dei problemi:
«L’Iran rimane l’elemento di maggiore disturbo. Queste rivoluzioni per ora non l’hanno colpito, ma prego ogni giorno che le fiamme della primavera araba l’avvolgano. Un anno e mezzo fa la morte di quella ragazza, Neda, ha creato un dissenso degli ayatollah moderati, difficilmente recuperabile. Ora c’è un’altra rottura, fra Ahmadinejad e Khamenei, ma penso verrà ricomposta. Il loro vantaggio è che il mondo guarda alla Libia, il loro nemico Mubarak è scomparso. Ma fra qualche mese, loro torneranno a essere "il problema": vogliono la capacità nucleare, egemonizzare il Golfo. Ci hanno già provato in Iraq, ci stanno provando in Afghanistan. Lo faranno in Pakistan».

Fonte: Francesco Battistini, Intervista a Ehud Barak – "Difenderemo i nostri confini", Corriere della Sera, 17 maggio 2011

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