Sorpresa e tensione alle stelle in Libano: Miqati è il nuovo premier

Sembrava che la crisi politica libanese avrebbe potuto prolungarsi per mesi. Invece, con inaspettata celerità, nel primo pomeriggio di oggi (25 gennaio), l’esponente sunnita Najib Miqati ha ottenuto l’incarico di Primo Ministro, dopo che nella giornata di ieri il parlamento l’aveva votato con una maggioranza risicata ma sufficiente (65 voti su 128) contro il premier uscente Saad Hariri.
Si è trattato di una sorta di "ribaltone". Hariri era stato sfiduciato nei giorni scorsi da Hezbollah per il suo atteggiamento passivo nei confronti dell’azione del Tribunale speciale per il Libano che indaga sull’attentato che nel 2005 provocò la morte dell’uomo forte libanese Rafic Hariri (padre di Saad) e che starebbe per incolpare dell’azione proprio il Partito di Dio sciita.
Secondo le alchimie politiche libanesi, che tengono conto dell’intricato mosaico etnico/religioso del paese, il ruolo di premier è riservato alla componente sunnita. Saad Hariri, leader del Movimento del Futuro, la componente sunnita più forte, sembrava essere l’ago della bilancia da cui non si poteva prescindere per formare un qualsivoglia nuovo governo.
A sorpresa, invece, il blocco "8 marzo" che riuniva i partiti della cosiddetta "opposizione" (tra cui Hezbollah ed il Partito Patriottico Indipendente del generale cristiano Michel Aoun) indicavano un esponente sunnita, il miliardario e già primo ministro Najib Miqati, che accettava di sparigliare le carte sul tavolo. Anche grazie ad alcuni voti determinanti portati dal leader druso Walid Jumblatt (Partito socialista del Progresso) che in precedenza aveva sostenuto la coalizione "14 marzo" di Hariri, Miqati ha ottenuto la maggioranza.
Considerato uomo pragmatico e moderato, magnate del settore delle telecomunicazioni, già alleato di Hariri, Miqati ha rotto il fronte sunnita. Benché le sue prime dichiarazioni siano state concilianti ("Non ci sono vincitori né vinti. Faccio appello a tutte le forze per un governo di unità nazionale"), Hariri ha sdegnosamente rifiutato l’invito parlando apertamente di tentativo di "colpo di stato" e chiamando alla rivolta i suoi seguaci proclamando per oggi una "giornata della collera". Manifestazioni e tumulti erano già cominciati da ieri sera con centinaia di manifestanti che erano scesi in piazza soprattutto nelle città di Tripoli e Beirut, con slogan feroci contro Hezbollah e l’Iran, e bloccando alcune arterie stradali con barricate e l’incendio di pneumatici posti sulle carreggiate.
Se, dunque, la situazione istituzionale appare, almeno al momento, risolta, ora l’instabilità si propaga nelle strade con grande preoccupazione per la tenuta dell’ordine democratico, in un paese costantemente sull’orlo degli scontri settari.
Rimane da capire se Miqati abbia l’appoggio di potenze internazionali occidentali (Francia e Arabia Saudita, in particolare) che potrebbero portare alla stabilità facendo digerire ad Hariri il colpo di mano, oppure se la sua designazione sia stata addirittura favorita da queste forze proprio per gettare il paese nel caos. Le prime dichiarazioni in tal senso da Israele non sembrano rassicuranti. Per il vice-premier Silvan Shalom: "Se a Beirut vanno al governo gli Hezbollah, tutto diventa molto pericoloso. Vuol dire che una organizzazione terroristica si è impadronita di un Paese".

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