Un fronte comune in Medio Oriente per contenere Israele

Pubblichiamo l’intervista rilasciata da Alberto Terenzi, giornalista collaboratore di Clarissa.it, a IRIB Italia (Iran Italia Radio) sulle recenti notizie riguardanti il boom di aiuti militari americani a Israele e gli ultimi sviluppi nello scenario mediorientale determinati dal rapporto tra Usa e Israele da un lato e il tentativo di creare un arco di contenimento tra Iran, Turchia, Siria dall’altro. L’intervista è stata realizzata da Soroor Coliai.

D. Un recente articolo di Haaretz dà la notizia di un notevole aumento nei finanziamenti militari da parte degli Stati Uniti verso Israele. A che cosa servono? Potrebbe dirci qualcosa di più su questa notizia?

R. La notizia è estremamente autorevole. Si basa su un discorso che è stato fatto da un assistente del ministro degli esteri americano, J. Shapiro, parlando ad un’istituzione americana che si occupa di Medio Oriente, la Brookings Saban Center for Middle East Policy di Washington, in un ambiente quindi altamente qualificato. Nell’ambito di questo discorso, appunto, questo importante funzionario statunitense ha ricordato che l’amministrazione Obama intende approvare un aiuto militare allo stato ebraico di 2,775 milioni di dollari per il 2010. Quindi è una cifra mai raggiunta finora nella storia dell’aiuto militare americano allo stato ebraico, nonostante questi aiuti siano già i più consistenti che gli Stati Uniti forniscano ad un paese straniero.
È chiaro che in questo momento l’amministrazione americana giustifica questo aiuto come una sorta di contropartita per arrivare ad una soluzione pacifica della questione palestinese. Questa è una chiave di lettura che viene fornita da questo funzionario americano; però è anche chiaro trattarsi di un elemento estremamente preoccupante perché comporta una presa di posizione molto esplicita dell’amministrazione Obama a favore di un aumento della potenza militare israeliana, in un momento che sappiamo potrebbe essere particolarmente delicato in Medio Oriente. Lo stesso Shapiro aveva dichiarato – cito direttamente la sua frase – "noi siamo completamente impegnati nella sicurezza di Israele perché essa potenzia la nostra sicurezza nazionale".
Ma in che senso? Questa è una domanda veramente importante, su cui credo si debba ragionare in profondità. Noi sappiamo essere state numerosissime le dichiarazioni in questo senso, dal presidente Kennedy negli anni ’60 fino ai nostri giorni. È chiaro che gli Stati Uniti hanno da tempo scelto Israele come propria punta di lancia militare nell’area mediterranea e mediorientale e noi, per esempio, siamo convinti che questo rapporto privilegiato tra Stati Uniti e Israele abbia avuto degli effetti enormi anche sulla politica italiana, in quanto l’Italia è stato sicuramente uno dei paesi sui quali sia gli Stati Uniti che Israele hanno cercato di influire, perché rappresenta la linea logistica di collegamento fra le basi americane Nato in Europa ed il fronte mediorientale: quindi noi siamo particolarmente attenti a questo.
Non a caso Clarissa.it segue con attenzione questo aspetto, perché riteniamo che in questo momento ci siano fortissime influenze israeliane anche nell’ambito dell’attuale governo italiano. Quindi le ragioni di questo fatto sono molto profonde.
C’è uno studio di Gaetano Colonna che ha chiarito le origini del sionismo cristiano come una delle componenti del supporto statunitense in Israele ma c’è anche un aspetto, secondo me, più grave: negli ultimi 20, 30 anni la politica americana in Medio Oriente è fortemente condizionata dagli israeliani, di fatto Israele ha fornito una visione di politica internazionale agli Stati Uniti e l’amministrazione Obama, secondo noi, non si differenzia dalle precedenti da questo punto di vista.

D. È stato dichiarato che questa cifra, mai raggiunta nella storia degli aiuti americani al regime sionista, verrà usata soprattutto per l’acquisto di armamenti. Di che tipo di armamenti si tratta e con quale funzione? E soprattutto quale sarebbe l’influenza che potrà avere l’uso di tali armamenti negli eventuali conflitti nella regione?

R. Questo è un altro tema importante. Ovviamente noi ci basiamo sulle notizie di stampa, quindi in realtà non sappiamo fino a che punto questo tipo di collaborazione si stia spingendo, però io vorrei fare alcuni esempi che penso diano un’idea della gravità di questo rapporto.
Innanzitutto il fatto che gli Stati Uniti prevedono di vendere cacciabombardieri F-35, che sono in questo momento lo strumento aereo più avanzato dell’aviazione nord-americana. È bene precisare che le versioni che vengono vendute a Israele sono di norma equivalenti allo standard tecnico più elevato degli stessi aerei statunitensi e talvolta lo stato ebraico li implementa – per esempio negli apparati di guerra elettronica – con delle tecnologie che, almeno in parte, sono forse anche più avanzate di quelle americane.
L’altro aspetto molto serio è che da tempo gli Stati Uniti hanno installato sul territorio israeliano delle basi di ascolto radar di grande potenza che comportano non solo una condivisione delle informazioni con Israele su tutta l’area del Medio Oriente, ma che danno ovviamente un estremo vantaggio allo stato ebraico anche in caso offensivo e questo chiaramente è un aspetto molto preoccupante.
Poi è vero che gli Usa hanno fornito una gran parte della tecnologia del sistema antimissile Iron Dome che dovrebbe virtualmente coprire in senso difensivo lo stato ebraico, ma, coprendolo in senso difensivo, incentiva ovviamente Israele nell’idea di sviluppare azioni offensive, nel momento in cui è certo di essere al riparo da eventuali reazioni degli Stati obiettivo.
Poi non dimentichiamo (l’abbiamo pubblicato su Clarissa.it) che di recente ambienti militari israeliani hanno parlato di un protocollo segreto che sarebbe stato completato a livello americano, con il quale gli Stati Uniti si sarebbero impegnati alla fornitura di una serie di strumentazioni di carattere nucleare; un protocollo per molti aspetti simile all’accordo che è stato realizzato dagli stessi Stati Uniti con l’India.
Né Israele né l’India, come sapete, hanno mai sottoscritto il Trattato di non proliferazione nucleare: quindi è veramente paradossale, in un momento in cui si mette sotto accusa proprio l’Iran per il suo impegno verso il nucleare, che gli Stati Uniti in realtà stiano collaborando allo sviluppo di un potenziale nucleare militare che, è ben noto, Israele ha già nelle dimensioni di quasi 200 testate, oltretutto con la disponibilità di tre sottomarini, di tecnologia tedesca, dei quali almeno uno è sicuramente attrezzato per il lancio di missili a testata nucleare: sappiamo che questo sottomarino bordeggia nelle acque del Golfo Persico.
Voglio dire che questo scambio di tecnologia è molto di più di una strumentazione difensiva, è una possibilità per Israele di operare con un vantaggio enorme rispetto a tutti i possibili obiettivi nell’area.

D. Volevo chiedere anche un suo commento riguardo la dichiarazione del deputato repubblicano Steve Rothman che ha detto: "dal punto di vista militare e della condivisione dell’intelligence, l’amministrazione Obama è nei confronti d’Israele la migliore amministrazione americana di sempre".

R. Sì, questa dichiarazione mi ha molto colpito perché l’articolo di Haaretz che la riportava parlava di 36 deputati, l’espressione testuale era "36 legislatori ebrei del Congresso degli Stati Uniti", cioè Haaretz presentava questi 36 deputati americani quasi come dei rappresentanti dello stato ebraico negli Stati Uniti.
Una dichiarazione estremamente autorevole, che conferma quanto dicevamo prima, cioè che anche l’amministrazione Obama, nonostante il discorso del Cairo, nonostante le aperture verbali nei confronti della questione palestinese, in realtà rimane fortemente legata al mondo israeliano.
Quando Colonna nel suo libro "Medio Oriente senza pace" dice che esiste ormai una classe dirigente comune israelo-americana, afferma una realtà dimostrata da questi fatti. Vi sono molti uomini nell’amministrazione Obama che sono contemporaneamente dei fedeli sostenitori d’Israele: questo è un problema geopolitico di livello mondiale, cioè la maggiore potenza occidentale è strettamente collegata alla classe dirigente sionista israeliana e questo è comunque un problema molto grave in questo momento storico.

D. Un suo parere sui cristiani sionisti, sappiamo che la maggior parte di questi aiuti finanziari appartengono all’area dei cristiani sionisti: ma chi sono e qual è la posizione della Chiesa cattolica nei loro confronti?

Questo è un argomento molto complesso che richiederebbe molto tempo. Il sionismo cristiano, anzi il cristianesimo sionista, è un movimento che nella storia europea è assai poco conosciuto e molto importante: risale addirittura ad Oliver Cromwell, cioè ad uno dei creatori della potenza mondiale anglosassone. Cromwell era un cristiano sionista, nel senso che riteneva che la conversione degli ebrei al cristianesimo avrebbe portato al compimento delle profezie bibliche e quindi ad una seconda incarnazione, ad un secondo Avvento, del Cristo sulla terra: ora non so esattamente quale sia l’opinione della Chiesa cattolica in merito, ma si tratta a mio avviso di una visione che non trova nessuna conferma nei testi e nello spirito della vera visione del Cristo nella storia umana.
Ma, a parte questo aspetto, è un dato di fatto che i grandi creatori dell’imperialismo britannico (lord Shaftesbury, lord Palmerston, Lloyd George) erano tutti sionisti cristiani e questo movimento si è diffuso fino dall’Ottocento anche negli Stati Uniti.
Sappiamo per certo, per documenti storici che sono già pubblici da tempo, per esempio, che anche il presidente americano Woodrow Wilson, che si è espresso nel 1918 a favore della Dichiarazione Balfour, che come voi sapete costituiva il nucleo della futura nascita dello stato ebraico, proprio influenzato da un giudice della suprema corte americana, Louis Brandeis, era divenuto un sionista cristiano a seguito dell’influenza del movimento sionista cristiano di William Blackstone, che negli Stati Uniti invocava il ritorno degli Ebrei in Palestina fin dal 1891: quindi c’è una linea proprio di continuità, che si può ricostruire con estrema precisione.
Stranamente questo argomento non è stato mai approfondito né in ambiente cattolico né in ambiente ebraico. Forse Colonna è stato uno dei primi in Europa a indicare questa come una ricerca che merita sicuramente un approfondimento.

D. Secondo lei il Medio Oriente un giorno avrà la pace?

R. Io lo spero, io spero soprattutto che in Medio Oriente emergano delle forze autonome che possano creare un fronte comune che contenga Israele: io vedo con grande aspettativa la possibilità, per esempio, che si costituisca effettivamente una linea di alleanza fra Turchia, Siria ed Iran, sia perché sono tutti paesi che, pure con molte differenze, potrebbero essere amici dell’Europa se l’Europa ovviamente comprenderà il valore di questi interlocutori, e poi perché credo anche che possano rappresentare le molte nobili anime sia della civiltà islamica che del mondo mediorientale, della cultura mediorientale in generale.
Quindi io credo che la pace si può attuare in Medio Oriente quando il Medio Oriente esprimerà delle forze autonome: non possono essere gli Stati Uniti a portare la pace in Medio Oriente, forse non può essere nemmeno l’Europa. Perciò spero che nel futuro questi grandi paesi possano trovare fra di loro quell’accordo in grado di dare loro la forza necessaria a contenere il desiderio di potenza dello Stato ebraico, così pericoloso per la pace nel mondo.

Fonte: http://italian.irib.ir/analisi/interviste/item/84568-alberto-terenzi-un-fronte-comune-in-medio-oriente-per-contenere-israele

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