Per i francesi è Lula l’uomo dell’anno

In tanti anni non era mai successo che il prestigioso quotidiano francese "Le Monde" eleggesse l’uomo dell’anno, come invece fanno numerosi periodici anglosassoni. Ci si aspettava potesse essere Obama, il primo vincitore del riconoscimento per l’impatto che avuto sia nel suo paese che nel resto del mondo con le conseguenti speranze che lo hanno e, con meno vigore, lo stanno ancora accompagnando.
A sorpresa è invece risultato vincitore il presidente brasiliano Luiz Inácio da Silva, forte delle ottime relazioni con tutti i leader mondiali e delle sue capacità diplomatiche che sono culminate con l’ottenimento dei campionati mondiali di calcio del 2014 e delle olimpiadi del 2016 che al giorno d’oggi vanno al di là delle pure e semplici manifestazioni sportive per diventare strumenti per rilanciare un paese già in forte crescita economica.
Le motivazioni del quotidiano francese riguardano la sua "preoccupazione per lo sviluppo economico, la lotta contro le disuguaglianze e la tutela dell’ambiente".
Delle tre motivazioni forse la terza è la meno meritata, almeno secondo quanto dichiara Greenpeace.
E’ vero ad esempio che per la prima volta da ventuno anni (da quando viene rilevato) quest’anno si è ridotto il tasso di deforestazione della foresta amazzonica di circa la metà ma, secondo gli ambientalisti, non basta ridurre il fenomeno ma è necessario interrompere totalmente la deforestazione ed anche il suo rallentamento può essere stato determinato dalla crisi economica mondiale piuttosto che dalle politiche del governo.
Infatti, la stessa scelta di Lula di investire nei biocombustili se da una parte può provocare una diminuzione nell’uso dei gas responsabili del riscaldamento del pianeta è anche vero che richiede coltivazioni in larga scala di vegetali, quali ad esempio la canna da zucchero, e proprio la necessità di trovare nuovi ampi spazi non farebbe altro che aumentare l’abbattimento degli alberi della foresta amazzonica.
Forse i giudici francesi sono stati condizionati anche dai buoni rapporti del Brasile con la Francia di Sarkozy, spesso vicine come, ad esempio, quando hanno sottoscritto un accordo militare di difesa o quando hanno presentato un documento comune alla recente conferenza sul clima di Copenaghen.
Bisogna dare atto comunque a Lula di avere una tale personalità da aver superato i numerosi scandali che hanno colpito diversi importanti membri del suo governo e di aver mantenuto sempre il consenso popolare nonostante si fosse presentato come uomo di estrema sinistra per poi diventare il leader di una larga coalizione che comprende numerosi partiti, anche di destra.
Anche in politica estera la sua equidistanza è stata un successo riuscendo nella non facile impresa di mantenere ottimi rapporti con Venezuela e Stati Uniti, i due acerrimi nemici del continente americano, e non si è neanche tirato indietro quando è stato il momento di condannare l’embargo degli Stati Uniti nei confronti di Cuba senza attirarsi critiche da parte americana.

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