Cifre aggiornate sulla situazione della Cisgiordania occupata

L’OCHA (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs occupied Palestinian territory), agenzia delle Nazioni Unite, ha pubblicato l’aggiornamento al maggio 2009 sul movimento ed accesso delle popolazioni palestinesi nella West Bank (Cisgiordania) occupata.
Lo studio , è molto interessante per le preziose informazioni che fornisce, proprio quando si sta riaprendo a livello internazionale la discussione sulla ripresa degli insediamenti dei coloni israeliani in Cisgiordania e sulla rimessa in discussione del processo di pace basato sulla coesistenza di due Stati in Palestina.
Come spesso si dimentica, nel 1948, lo Stato ebraico aveva occupato il 78% della Palestina e nel 1967 il restante 22%: nel corso delle trattative degli anni Novanta, oggi bloccate, attraverso l’introduzione di una complessa zonizzazione in tre tipologie di territori (A, B, C), ognuna delle quali con un diverso livello di autonomia, lo Stato ebraico aveva concesso ai palestinesi il 12% circa del territorio originariamente da loro abitato.
Questo territorio restava del tutto isolato dal resto del mondo e l’accesso ad esso è affidato alla volontà degli israeliani: basti dire che, nel 1996, l’accesso a Gaza venne vietato per 342 giorni su 365. Mentre in Cisgiordania, in cui nello stesso anno la chiusura avvenne per "soli" 291 giorni, è necessario ricordare che la cosiddetta Autorità Nazionale Palestinese (ANP) si esercita su 227 aree separate l’una dall’altra e ognuna con un’estensione per lo più inferiore ai 2 chilometri quadrati, tutte circondate da un sistema viario e infrastrutturale (acqua, energia, trasporti) interamente in mano agli israeliani, e tutte accessibili in entrata ed in uscita solo attraverso i checkpoint israeliani. Ad est, verso la Giordania, la fertile valle del Giordano resta saldamente in mano israeliana e ad ovest le aree palestinesi sonno fronteggiate dallo Stato ebraico e da altri insediamenti di coloni.
A tutto questo, nel corso dell’ultimo decennio, si è poi aggiunta il famoso Muro divisorio che ha fatto mostra di sé, con torrette e filo spinato, anche alle spalle del Pontefice durante uno dei suoi più ascoltati discorsi in Terra Santa.
Il rapporto spiega che attualmente nella Cisgiordania il 28% del territorio è inaccessibile in quanto definito zona militare chiusa o riserva naturale. Sono presenti 634 ostacoli fisici lungo le strade che i Palestinesi sono obbligati a percorrere per spostarsi sul territorio, cifra che cifra comprende i principali check point di accesso alle comunità palestinesei ma non include i 63 punti di attraversamento del Muro.
Un aspetto interessante è che il rapporto osserva che gran parte di questi ostacoli sono in relazione allo sviluppo degli insediamenti ebraici ed alla ripresa dei lavori di estensione del Muro. Sviluppi che hanno comportato la costruzione di nuove strade e infrastrutture non accessibili ai Palestinesi, oltre alla creazione di 12 nuove "aree speciali di sicurezza" gestite dalle forze armate: tutti provvedimenti che porteranno ad isolare altre migliaia di dunum di terra arabile dai villaggi palestinesi e a rendere sempre più complessa la mobilità, rendendo ancora più intricata la "pelle di leopardo" del futuro stato autonomo palestinese.
Risulta poi che lo Israeli Central Bureau of Statistics (ICBS) indica che, nell’ultimo quadrimestre 2008 ,sarebbe iniziata la costruzione di 454 nuove unità abitative in Cisgiordania (esclusa Gerusalemme est) per un totale di 3229 abitazioni, con un incremento del 28% rispetto allo stesso periodo del 2007. Infine, secondo il gruppo israeliano Peace Now, il Ministero israeliano per le Abitazioni ha annunciato il proposito di costruire 73000 nuove abitazioni all’interno di insediamenti ebraici in Cisgiordania e che 15000 di essi hanno già ricevuto la relativa approvazione e i necessari stanziamenti. 261 strutture si sarebbero intanto aggiunte agli insediamenti già esistenti nel corso del 2008, rispetto alle 98 del 2007, portando a 485000 i coloni che vivono in Cisgiordania, comprendenti i circa 195000 residenti israeliani a Gerusalemme est.
Sarà interessante a questo punto vedere, dopo il discorso al Cairo di Obama che comprendeva uno stop agli insediamenti ebraici nei territori occupati, quale posizione prenderà la nuova amministrazione Usa in concreto.
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