I paesi africani si mobilitano per il Darfur

Un gruppo di nazioni arabe e africane prenderà presto nuovi accordi di collaborazione per trovare una soluzione duratura alla crisi del Darfur. Lo ha reso noto il Ministro degli Esteri nigeriano Ojo Maduekwe, in vista della conferenza di pace che si terrà nei prossimi giorni a Doha, in Qatar, e che coinvolgerà dieci paesi. I ministri degli esteri delle nazioni africane, tra le quali anche un Ghana che ha appena visto l’elezione del nuovo presidente John Atta-Mills, discuteranno nuove iniziative di pace con i loro colleghi di Egitto, Arabia Saudita, Qatar e altri paesi della Lega Araba.
Maduekwe, che è anche segretario nazionale del partito al governo in Nigeria (People’s Democratic Party), ha espresso il desiderio suo e del suo paese di riportare la pace alla gente del Darfur, aggiungendo che, una volta cessata la carneficina e ristabilita la tranquillità nella regione del Sudan, i soldati nigeriani in missione di pace torneranno in patria.
La Nigeria ha già inviato molte truppe nell’ambito della spedizione ONU in Darfur (UNAMID), operativa da un anno esatto. La missione fu istituita dal Consiglio di Sicurezza per proteggere i civili nel Sudan occidentale, dove sono state uccise circa 300.000 persone e altre 2,7 milioni sono state costrette ad abbandonare le loro case da quando, nel 2003, sono iniziati i combattimenti tra i ribelli e le forze governative, coadiuvate dalle milizie janjaweed. Oggi in Darfur sono presenti circa 12.500 caschi blu, molti meno dei 26.000 previsti in origine; lo stesso Segretario Generale Ban Ki-moon ha sottolineato le difficoltà incontrate dalla missione, in una regione dove "le operazioni umanitarie sono a rischio, gli scontri avvengono con una regolarità deplorevole e le parti non hanno ancora raggiunto un accordo di pace".
Riguardo alla propria nazione, il ministro Maduekwe ha dichiarato che nel 2009, sotto la guida del presidente Yar’Adua, la Nigeria continuerà a recitare "un ruolo molto importante come leader della regione e come paese che si impegnerà affinché l’Africa, il continente dove Barack Obama ha le sue radici, non sia più rappresentato come continente di povertà e dolore ma come continente del Yes We Can".

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