Il rapporto Onu sulla droga nel mondo: l’Africa è la nuova frontiera

Luci ed ombre nel rapporto annuale dell’Onu sul traffico e consumo di droga nel mondo. Alcuni dati appaiono rassicuranti, in particolare sull’impatto degli stupefacenti sulla popolazione in termini assoluti. Da sei anni il consumo si è stabilizzato e la percentuale di tossicodipendenti (26 milioni) rappresenta lo 0,6% degli adulti (da 15 a 64 anni) del pianeta. Molto più alto il numero se si considerano anche gli utilizzatori occasionali (classico esempio il giovane che "sperimenta" cannabis o marijuana), ma che non raggiunge il 5%.
La droga resta in ogni caso lontana come causa ed indice di mortalità rispetto ad altri fattori: se l’alcool fa 2,5 milioni di morti, il tabacco 5 milioni, sono solo 200mila i morti per droga ogni anno nel mondo.
Se, dunque, l’impatto sociale non consente di dire che il fenomeno dell’uso di stupefacenti raggiunga il livello di piaga, esso assume connotazioni molto particolari nella società contemporanea. I traffici illegali di droga, infatti, si associano molto spesso ad altri traffici: armi, esseri umani, ed in generale ogni tipo di commercio illecito, e sono ad appannaggio di grandi organizzazioni criminali internazionali. Da non sottovalutare l’aspetto "politico" dei traffici di droga. Non appare un caso che lì dove sono forti tensioni geopolitiche e ci sono guerre si annidino spesso fiorenti mercati, rotte commerciali e/o produzioni massicce di stupefacenti. Gli esempi sono lampanti: il Sud-Est asiatico negli anni ’60-’70, l’Asia centrale dagli anni ’80 fino ai nostri giorni, i Balcani dagli anni ’90 ad oggi, l’America Latina da decenni.
Deve fare anche riflettere che i due paesi maggiori produttori nel mondo attualmente, Afghanistan e Colombia, sono di fatto dei protettorati militari americani e vi si combatte da anni delle infruttuose guerre contro guerriglie endemiche che controllano o si finanziano con questi traffici. In Afghanistan, addirittura, è stata proprio l’invasione del 2001 a determinare uno sviluppo esponenziale della produzione di oppio.
Anche per questi motivi desta grave allarme la parte del rapporto che si concentra sull’Africa occidentale come nuova frontiera per i traffici di stupefacenti, in particolare verso l’Europa. Monitorare il fenomeno per il Continente Nero appare di vitale interesse nel momento in cui questa parte del pianeta comincia ad essere il teatro del confronto tra gli interessi strategici dell’Occidente e quelli in ascesa della neo potenza mondiale, la Cina.
Il direttore dell’Unodoc (Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga ed il crimine) Antonio Maria Costa, durante la sua relazione al Consiglio di Sicurezza, ha lanciato forti allarmi: "La crescita dei traffici nell’area africana occidentale rischia di trasformare la regione in un epicentro di non-diritto ed instabilità […] quando il problema è apparso quattro anni fa, nessuno ci ha ascoltati ed abbiamo perso almeno due anni. Oggi il male minaccia più di un paese, come Costa d’Avorio, Sierra Leone, Senegal, Mauritania…"
Un esempio emblematico della situazione è quello della Guinea Bissau. Dice ancora Costa: "Qui la minaccia è alla luce del sole. I trafficanti colombiani acquistano apertamente hotels di lusso" come se sapessero che il loro potere e la loro aggressività non verrà messa in discussione da nessuna autorità, né nazionale né tanto meno internazionale.
L’Africa occidentale diventa una nuova porta per l’ingresso della cocaina in Europa in cui i controlli sono più flebili e i livelli di corruzione altissimi. Il rischio maggiore è la creazione di entità statali che si sorreggano massicciamente su traffici illegali, quasi a diventare dei narco-stati come è accaduto e sta accadendo in Kosovo, Montenegro, Bosnia. Si stima che il transito di cocaina in Africa occidentale verso l’Europa sia raddoppiato nel corso dell’ultimo anno.

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