America Latina, la piaga del lavoro infantile

L’organizzazione Internazionale del Lavoro ha celebrato nei giorni scorsi il "Giorno mondiale contro il lavoro infantile", un problema che tocca molte parti del mondo ma che in America Latina vede una delle punte massime. Secondo le stime sarebbero 165 milioni (dei quali 74 milioni esposti a lavori pericolosi) i bambini tra i 5 ed i 14 anni che svolgono un’attività lavorativa che mette a repentaglio la loro salute e l’accesso all’educazione scolastica.
Tra i paesi latino americani, il Brasile è quello in cui il fenomeno pare più grave con 5,1 milioni di bambini (l’undici e mezzo per cento) costretti a lavorare e, di questi, il 41% viene utilizzato in agricoltura senza neanche remunerazione. In Messico sono 3,3 milioni i minori che lavorano ma se guardiamo solo alla percentuale ci sono altri paesi che stanno peggio, basti pensare al Paraguay, dove la metà dei bambini lavora, ed anche altre piccole nazioni come Honduras, Costa Rica, Repubblica Dominicana ed El Salvador hanno una situazione tragica.
Per mitigare il fenomeno il governo obbliga i genitori che vogliono beneficiare dei programmi sociali ad iscrivere i loro figli a scuola ma i risultati non sono incoraggianti.
Un po’ tutti i paesi dell’America Latina hanno avviato dei programmi di lotta al lavoro infantile, come ad esempio "Avancemos" in Costa Rica, o "Construyendo Perú", ma alla base dello sradicamento del fenomeno non può che esserci il raggiungimento di un livello di vita migliore che possa permettere alla popolazione di vivere senza l’assillo della ricerca del pasto quotidiano.
In fondo anche nel nostro paese la riduzione a livelli molto bassi del lavoro infantile non è forse coincisa con il boom economico e con la maggior ricchezza della popolazione?

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