Da Okinawa a Guam

Sarà l’isola di Guam nel Pacifico, a 14mila chilometri dalle coste californiane, l’avamposto strategico delle forze armate e navali statunitensi in Oriente. Il Pentagono ha stanziato 13 miliardi di dollari per la costruzione di una installazione militare che da qui a sei anni ospiterà 40mila uomini (su una popolazione di 173mila residenti), nonché sommergibili Trident, piattaforme per il lancio di missili balistici, squadriglie di caccia F-22 e forze speciali della Marina. Già da tempo sono presenti a Guam sommergibili nucleari d’attacco e i bombardieri Stealth, mentre fervono i lavori per rendere il porto isolano idoneo all’accesso delle portaerei.
Il ridispiegamento nel Pacifico è dunque imponente. Gli americani lasciano la storica base giapponese di Okinawa dopo 60 anni grazie ad un accordo intercorso tra i due governi. Pur di sbarazzarsi dell’ingombrante presenza (che nel corso degli anni ha provocato non pochi problemi di ordine pubblico e coesistenza coi locali), il paese del Sol Levante ha sborsato 6 miliardi di dollari.
Ma il trasferimento non appare dovuto a soli problemi bilaterali. Guam, formalmente territorio americano e i cui abitanti prestano servizio militare negli Usa, si colloca al centro dello scacchiere asiatico-pacifico, a metà strada dalle coste di Australia, Indocina, Cina (e Taiwan), Giappone. L’imponente trasloco sembra dunque un riaffermare il dominio aereo-navale in un settore da sempre strategicamente vitale per la politica imperiale statunitense.

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