Bush gioca la carta energetica per portare l’India dalla propria parte

Sono le più grandi democrazie del pianeta, ma le analogie tra Stati Uniti e India non si fermano qui. Sono impegnate quotidianamente in una lotta al terrorismo dentro e fuori i loro confini. Washington e New Dehli vogliono ampliare la loro cooperazione anche ad altri settori soprattutto in funzione della stabilizzazione del continente asiatico.
Gli Stati Uniti hanno bisogno dell’India, in primo luogo, per contenere l’espansionismo della Cina. Nei piani di Washington New Dehli dovrà essere l’anello forte della catena  che il Dipartimento di Stato Usa sta costruendo attorno alla Cina. Finalizzato all’obiettivo del containment di Pechino gli americani stanno intrecciando alleanze anche con altri paesi dell’area asiatica:  Kazakistan , Uzbekistan, Thailandia, Bhutan. Il disegno strategico americano mira a corresponsabilizzare l’India nel mantenimento della stabilità in Asia attraverso l’instaurazione di un rapporto stretto ma flessibile.
Dai tempi della guerra fredda i rapporti indo-americani non sono mai stati facili. Solo con l’avvento dell’amministrazione Bush le relazioni sono migliorate. L’accordo di cooperazione "Next step in the strategic Partnership" (2000) tendeva a costringere l’India a garantire formalmente l’uso pacifico dei suoi impianti nucleari (gli indiani si sono dedicati alla produzione dell’atomica fin dagli anni ’60). I due paesi hanno condotto in seguito manovre militari congiunte in Alaska e al largo delle coste meridionali indiane. Inoltre Washington aveva smesso di occuparsi del Kashmir, considerato ormai un affare interno dell’India. Successivamente, la visita a Washington del premier indiano Manmohan Singh  ha segnato un altro passo importante nella cooperazione nucleare con gli Stati Uniti che riconoscono formalmente l’India come potenza atomica.
Ma l’11 settembre ha cambiato tutto. Washington ha dovuto accrescere gli aiuti militari al Pakistan per combattere i taliban  irritando  New Dehli. Un riavvicinamento tra i due paesi si è avuto nel luglio 2003 quando Gorge W. Bush e il premier indiano Manmhoan Singh hanno prospettato un sistema mediante il quale l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) avrebbe controllato la tecnologia nucleare indiana per evitarne l’esportazione. Successivamente, nel dicembre 2006, è stato perfezionato l’accordo di cooperazione sul nucleare civile tra i due paesi. Bush ha siglato una legge che permette al governo indiano di acquistare tecnologia e combustibili nucleari ed adoperare know how americano in fatto di tecnologie avanzate.
Questa politica di appoggio nucleare all’India degli Stati Uniti è legata esplicitamente a un altro progetto che riguarda l’energia. Si tratta del gasdotto che dall’Iran dovrebbe giungere in India (e forse anche in Cina). Le pipelines, infatti, passerebbero attraverso il Pakistan, e anche quest’ultimo ne usufruirebbe. Quindi Pakistan e India diventerebbero compartecipi di uno stesso importante progetto economico. Un fatto che potrebbe anche favorire una soluzione possibile alle tensioni geopolitiche che corrono lungo il confine del Kashmir.
Il problema è che gli americani non vogliono che questo progetto vada in porto, perché metterebbe fine all’isolamento economico dell’Iran. Gli Stati Uniti preferiscono che l’India acquisisca definitivamente il rango di potenza nucleare piuttosto che permettere al regime degli Ayatollah di divenire partner commerciale  della nascente super-economia indiana. Per l’India procurasi energia è una necessità vitale, che viene prima della diplomazia. Consapevoli della necessità indiana di trovare fonti di approvvigionamento per sostenere la forte crescita economica, gli Stati Uniti vogliono vendere a New Delhi tecnologia nucleare ad uso civile. Per consentire all’India di non dipendere dal petrolio e dal gas iraniano.

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