Hans Blix, DISARMARE L’IRAQ

Il libro di Hans Blix “Disarmare l’Iraq – La verità su tutte le menzogne” costituisce un punto di partenza importante per chi abbia interesse ad approfondire le problematiche connesse con quanto avvenuto in Iraq nel marzo del 2003. L’autore, che ha fatto parte della delegazione svedese all’ONU dal 1961 al 1981, quindi ha diretto dal 1981 al 1987 l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, dal 2000 al 2003 è stato direttore esecutivo dell’UNMOVIC, commissione di monitoraggio, verifica ed ispezione delle Nazioni Unite per l’Iraq.

Il libro costituisce un vero e proprio diario che ripercorre l’intensa attività svolta dall’autore in qualità di funzionario internazionale, prima come direttore generale dell’IAEA, agenzia delle Nazioni Unite per l’energia atomica, quindi come capo dell’organismo ad hoc – l’UNSCOM – creato in seno all’ONU per svolgere attività ispettive in Iraq, subito dopo la fine della guerra del Golfo. Ampio spazio è ovviamente dedicato all’attività svolta da Blix in qualità di direttore esecutivo dell’UNMOVIC, organismo istituito nel 1999 per svolgere ispezioni su territorio iracheno al fine di individuare la presenza di armi o centri per la produzione delle stesse.
Il libro si dimostra particolarmente interessante in quanto è scritto da chi ha vissuto in prima persona gli eventi che hanno portato all’intervento armato in Iraq, con tutte le problematiche di natura politico-diplomatica che si sono evidenziate nel corso dell’attività svolta in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

L’autore non manca di soffermarsi su questioni di natura giuridica, operando delle attente ed approfondite riflessioni sulla necessità di implementare attività ispettive internazionali al fine di verificare il rispetto di vincoli derivanti dalla ratifica di trattati e accordi internazionali. A titolo di esempio, vengono citate le Dichiarazioni dell’Aja del 1899 ed il Protocollo di Ginevra del 1925, che proibiscono l’utilizzo di gas e di armi batteriologiche, ma «nessuno di questi trattati stabiliva dei metodi per verificare l’effettivo rispetto degli accordi». Risulta dunque evidente l’importanza di costruire a livello internazionale un sistema basato sulla verifica del rispetto degli accordi presi, al fine di evitare sgradite sorprese. I problemi però non tardarono a manifestarsi, considerando ad esempio che all’epoca della stesura del Trattato di non proliferazione nucleare (1968) gli Stati difendevano la propria sovranità con molta più determinazione rispetto a quanto non avvenga oggi, con la conseguenza di rendere praticamente impossibili le attività ispettive all’interno del Paese fatto oggetto di attenzioni.

L’attenzione si sposta poi sul nucleo centrale attorno a cui ruota il libro: l’Iraq. Nel 1991, terminata la Guerra del Golfo, fu messa a punto in seno all’ONU una commissione speciale – l’UNSCOM – incaricata di svolgere ispezioni in Iraq al fine di individuare armi di distruzione di massa o impianti o programmi per la loro produzione. L’UNSCOM si sarebbe occupata di armi chimiche o biologiche, mentre l’IAEA di armi nucleari, così come specificato nella Risoluzione 687 del Consiglio di Sicurezza. Per la prima volta venivano dunque coinvolte due strutture delle Nazioni Unite per svolgere sostanzialmente gli stessi compiti, consistenti in ispezioni da effettuare su territorio iracheno volte ad individuare armi di distruzione di massa. Per garantire la fattiva collaborazione del regime iracheno, fu utilizzata la tecnica “del bastone e della carota”: «a nessuno Stato sarebbe stato consentito importare petrolio iracheno fino a quando il Consiglio di Sicurezza non fosse giunto alla conclusione […] che ogni materiale e programma di sviluppo proibito fossero stati eliminati». I problemi non mancarono, considerando anche la difficoltà di coordinare l’attività ispettiva svolta congiuntamente da due organismi, così come non mancarono gli attriti e i contrasti derivanti dai diversi metodi di ispezione utilizzati dalle due strutture, così descritti dall’autore: «all’UNSCOM gli ispettori dell’IAEA parevano troppo simili a degli impiegati statali, mentre all’IAEA alcuni ispettori dell’UNSCOM sembravano agire in uno stile degno di Rambo». Nonostante le difficoltà illustrate, derivanti anche dalla non sempre continua collaborazione dimostrata dal personale iracheno,  comunque, l’UNSCOM riuscì a individuare e verificare la distruzione di centinaia di missili, agenti chimici, strumenti per la produzione e realizzazione di armi. Tra la fine del 1998 e la prima metà del 1999 l’UNSCOM venne fatta oggetto di numerose critiche sul suo operato, sia per quel che concerne le modalità di gestione dell’attività ispettiva – di cui si è già detto – sia per quanto riguarda la sua indipendenza, messa in discussione a causa della sospetta presenza di agenti dei servizi segreti, soprattutto britannici ed americani, all’interno della Commissione, con la conseguenza di far fuoriuscire notizie ed informazioni di elevata riservatezza. Il danno d’immagine che ne derivò per l’UNSCOM fu assai elevato; l’opinione pubblica – che riponeva tutta la propria fiducia – diede l’impressione di non essere imparziale, elemento basilare per chiunque operi all’interno di un’organizzazione internazionale qual è l’ONU, ma direttamente controllato da chi all’ONU disponeva di maggiore peso politico: gli USA.
Si venne a determinare dunque una situazione di stallo da cui fu possibile uscirne solo alla fine del 1999, con l’elaborazione della Risoluzione 1284 che “sostituiva” a tutti gli effetti l’UNSCOM con l’UNMOVIC, commissione investita di più ampi poteri rispetto all’UNSCOM. Questi spaziavano dall’ispezione al monitoraggio alla verifica delle attività irachene di dismissione di armi e laboratori atti a produrne.

Vengono descritte con grande attenzione dall’autore le molteplici attività volte a creare l’insieme di strutture necessarie al corretto funzionamento dell’UNMOVIC, dalla nomina di Blix a segretario esecutivo, passando per l’insediamento del Collegio dei Commissari, gruppo di esperti aventi compiti di assistenza e consulenza, alla selezione del personale. A tal proposito, risulta interessante sottolineare quanto sostiene l’autore circa le candidature pervenute all’UNMOVIC: «Con l’eccezione della Giordania, nessun paese arabo aveva proposto candidature».

Prima che la commissione potesse avviare le proprie attività, l’attenzione dei mass media mondiali si concentrò sugli eventi dell’11 Settembre del 2001, con il conseguente mutamento della politica statunitense volto ad una minore tolleranza nei confronti delle attività ispettive svolte in Iraq a vantaggio invece di un intervento armato. Blix evidenzia le numerose critiche rivolte dall’amministrazione americana contro un certo immobilismo dimostrato dall’ONU nel modo di gestire il problema Iraq. L’autore cita il giornalista del Washington Post Walter Pincus, il quale sostiene che Paul Wolfowitz, ex sottosegretario americano alla Difesa, avrebbe incaricato la CIA di indagare sul lavoro svolto dallo stesso Blix all’IAEA nel periodo dal 1981 al 1997. L’obiettivo doveva essere “far saltare” il programma delle ispezioni, spianando così la strada all’intervento militare. Pincus prosegue sostenendo che «L’incubo dei falchi è che gli ispettori vengano riammessi, conducano ispezioni poco vigorose e non trovino nulla, comportando la revoca delle sanzioni economiche e impedendo agli Stati Uniti di intervenire». Inizia a questo punto un dettagliato racconto fatto di contatti, informazioni, riunioni e incontri privati (definito in quarta di copertina “una sorta di spy-story”) che vede da una parte l’UNMOVIC impegnata a svolgere le attività di ispezione e controllo affidategli dalla comunità internazionale, e dall’altra Stati Uniti e Gran Bretagna impegnati in incontri bilaterali privati per convincere alcuni Paesi indecisi a schierarsi dalla parte dell’intervento militare.
Vi sono due concetti su cui l’autore torna spesso durante il libro: il primo è che gli angloamericani affermano «con troppa leggerezza» che l’Iraq possiede armi di distruzione di massa, nonostante oltre dieci anni di ispezioni effettuate sul territorio, seppur svolte con discontinuità, il secondo punto è che l’Iraq non sempre ha collaborato con gli ispettori, ostacolandone spesso l’attività sul campo. L’autore parlerà ripetutamente nel libro di “gioco del gatto e del topo”, proprio per indicare l’ambivalenza e la paradossalità dell’approccio nei confronti della comunità internazionale del regime iracheno: alcune volte disponibile a cooperare, altre volte rigido nel negare l’accesso a siti considerati sospetti o nell’autorizzare interviste con personale iracheno.
Fra i vari, numerosi, tentativi fatti dalla comunità internazionale per scongiurare l’intervento armato in Iraq che sembrava avvicinarsi sempre più, particolare attenzione viene riposta dall’autore nell’analisi dei benchmark per il disarmo. La proposta, elaborata inizialmente dal ministro degli esteri russo Ivanov, venne poi resa pubblica dall’UNMOVIC: si trattava di individuare uno specifico programma di lavoro nell’ambito del regime ispettivo svolto dall’ONU al fine di stabilire dei parametri oggettivi e concreti per misurare il grado di collaborazione degli iracheni. Il vantaggio era duplice: l’ONU avrebbe avuto più tempo per svolgere la sua attività di ispezioni e i “falchi” (Stati Uniti in primis) avrebbero potuto disporre di parametri di valutazione oggettivi. Il mancato rispetto anche di uno solo dei parametri imposti avrebbe consentito di parlare di violazione sostanziale degli obblighi imposti all’Iraq. Mediante l’individuazione di benchmark si intendeva dunque individuare dei requisiti cui l’Iraq avrebbe dovuto necessariamente attenersi entro date prestabilite, per evitare quindi “gravi conseguenze”.
Risulta di estremo interesse inoltre l’analisi fatta dall’autore circa i rapporti tra Gran Bretagna e Stati Uniti, le cui posizioni l’opinione pubblica tendeva a considerare identiche, ma in realtà, grazie a quanto raccontato dall’autore, emergono delle differenze notevoli nell’approccio alle varie problematiche. Mentre, ad esempio, gli Stati Uniti affermarono ripetutamente che l’Iraq era ancora in possesso di armi di distruzione di massa nonostante anni di ispezioni, la Gran Bretagna, mediante il suo ambasciatore Greenstock, «non asserì che queste armi esistessero con certezza, ma si limitò prudentemente ad affermare che non si sapeva che fine avessero fatto. Dunque l’Iraq non veniva accusato di esserne in possesso, ma di non renderne conto». Si tratta evidentemente di una sfumatura che però permette di cogliere i differenti punti di vista allora esistenti. Una posizione simile si presentò anche in occasione del dibattito sui benchmark, quando l’autore rimase sorpreso «che gli Americani non lasciassero il minimo spiraglio al metodo dei benchmark, al quale sapevano che Londra stava lavorando».
Blix sottolinea poi il dubbio uso di leve di condizionamento da parte americana nei confronti dei Paesi incerti sulla posizione da adottare sull’Iraq: «La promessa da parte di un governo di accelerare la firma di un accordo di libero scambio e di stanziare abbondanti aiuti in cambio di un voto favorevole rappresenta una motivazione legittima per dare quel voto?», soprattutto in considerazione del fatto che il voto avrebbe comportato il via libera ad un’azione militare contro un altro Paese.
L’assenza di un’analisi critica da parte dei sistemi di intelligence nazionali è considerata da Blix la causa principale degli errori commessi da quei Paesi che hanno sposato la causa dell’intervento militare in Iraq. L’assenza di armi di distruzione di massa (ironicamente definite dall’autore “armi di sparizione di massa”) conferma la correttezza delle attività ispettive svolte dall’UNMOVIC nel corso degli anni, e soprattutto permette di delineare un quadro di onestà, obiettività e correttezza morale di chi ha presentato i rapporti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU permettendogli così di scegliere “la via della prudenza”, dissociandosi da un intervento armato considerato da alcuni l’unica via praticabile per risolvere definitivamente il “problema Iraq”.
Terminiamo con la domanda presente in quarta di copertina: «Cosa sarebbe successo se il Consiglio di Sicurezza dell’ONU avesse autorizzato l’intervento armato e l’occupazione per poi scoprire che in Iraq non c’erano armi proibite?».
H. Blix
DISARMARE L’IRAQ – La verità su tutte le menzogne
Torino, Einaudi, 2004
Pagg. 265
Euro 14,80

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